Sembrano quasi termini da guerra:cannoni, elicotteri, emergenza. Invece si parla dineve: quella che manca sull’Appennino italiano,così come in molte altre parti d’Europa, quella che cade sempre meno in inverno – anche a causa dellacrisi del clima- creando disastri economici per il comparto del turismo ma soprattutto senza la quale la prossima estate vivremo probabilmenteuna nuova crisi idricatra siccità eondate di calore. Nonostante imbiancate qua e là intorno alla fine della prima metà di gennaio, a esclusione di alcune zone delle Alpi dove la neve è arrivata e la stagione sciistica ha raccolto ottimi numeri, non sono arrivate le nevicate copiose tanto attese lungo lo Stivale. La maggior parte deglioltre cinquanta impianti dell’Appennino restano oggi chiusicon serie conseguenze economiche. Altrove, si è provato con neve artificiale: un “palliativo” che non garantisce però una lunga stagione turistica. In altre aree di Europa, pur di avere la neve che continua a mancare,si è tentato perfino con gli elicotteri:nelle stazioni di Gstaad, in Svizzera, almeno nove voli in elicottero per hanno trasportato carichi di neve sul versante di Oesch, vicino a Zweisimmen. Rimedi, tra la fine dell’anno più caldo di sempre per il Vecchio Continente e quello nuovo dove in molte località si registrano anche 10 gradi in più rispetto alla media del periodo, che servono a poco. Se in Croazia si sono arresi all’assenza di neve annullando gare di Coppa del mondo, competizioni che in altre zone si sono tenute su neve artificiale, dalla Francia all’Austria passando per la Svizzera è ormai chiaro che la famosa “settimana bianca” è qualcosa di non più garantito. Losci sarà sempre più uno sport di nicchiae difficile da garantire, anche con mezzi artificiali. In Italia a esempio, dice uno studio delCentro di Osservazione della Terra del Centro Aerospaziale Tedesco(Dlr), il limite delle nevicate nelle Alpi nostrane durante la scorsa primavera si trovava a un’altitudine media di 400 metri,ovvero circa un chilometro più in alto di quanto osservato di solito. Più la linea è alta meno neve è disponibile. Nella zona del Ticino, tra Italia e Svizzera, la copertura nevosa è statainferiore rispetto alla norma del 56%. Quest’anno per fortuna le Alpi hanno accumulato un po’ di neve (anche se non abbastanza al momento per garantire risorse idriche importanti)con buoni risultati per la stagione turistica, mentre inAppennino e Italia centrale è andata malissimo. Qui sono fioccate soltanto disdette: più che la neve si sono fatti sentire il caldo (nel senso di temperature elevate rispetto alla media) e la pioggia. “C’è una situazione drammatica, praticamente non ha ancora aperto nessun impianto sciistico”, raccontano dalle scuole sci. In molti casi la difficoltà sta anche nell’usare i famosi cannoni spara neve: servirebbe un clima con temperature inferiori allo zero e a causa delle temperature elevate spesso non si riescono a utilizzare. Queste complesse condizioni spesso sono legate al nuovo caldo dei mesi invernali: le previsioni ci dicono che – a causa delle emissioni delle attività umane e la conseguente crisi del clima – le temperature continueranno a salire. Una nuovaricerca di Oxfordè ancor più chiara:prevede che oltre il 90% della popolazione mondiale affronterà maggiori rischi a causa degli effetti combinati del caldo estremo e della siccità, che in futuro potrebbero ampliare le disuguaglianze sociali e compromettere la capacità del mondo naturale di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Più caldo ci sarà, meno risorse idriche avremo a disposizione e la disponibilità limitata di acqua colpirà la capacità dei “pozzi di carbonio”. Scenari che, così come le parole oggi utilizzate per descrivere l’assenza di neve, riportano a una criticità tale da farci ricordare che per salvarci dovremmo davvero essere in guerra.Contro il surriscaldamento globale che abbiamo innescato.