Quanto costano i nazionalismi all’ambiente?

Entro il 2070 ilcambiamento climaticoporterà il 35% dei mammiferi a livello globale ad avere nicchie climatiche in Paesi in cui attualmente non si trovano. Esenza la possibilità di attraversare confinisono destinati all’annientamento. È il drammatico scenario emerso in unostudiocondotto nel 2021 dallaDurham UniversitydaMark Titleye colleghi. In particolare – si legge – sono tre i confini chiave con il maggior numero di specie a rischio: quelli tra Cina e Russia, Stati Uniti e Messico, India e Myanmar. Ma sull’onda di un crescente nazionalismo, che in nome di una conservazione dei confini erigemurie barriere,il destino di migliaia di specie è a rischio. Il caso delle linci polacche È il caso, per esempio, dellelinci nella metà polacca della foresta di Białowieża, divisa a metà quando il governo polacco ha completato la costruzione di un muro di 185 km al confine con la Biellorussia. L’obiettivo era quello di respingere i rifugiati dal Medio Oriente, ma a farne le spesa saranno anche questi felini. Le linci rimaste nel lato polacco, infatti,non potranno più cacciare, nutrirsi e riprodursi con i loro simili, più numerosi, oltre il confine. E il muro – si prevede – aumenterà la loro fame e ridurrà drasticamente la loro diversità genetica. A nulla è servito l’appello di più di 500 scienziati, che a gennaio dello scorso anno, all’inizio dei lavori, hanno chiesto l’intervento dellaCommissione europeaper fermare il progetto di costruzione. Ma la richiesta è stata ignorata e il muro è stato completato. Il primo firmatario della lettera,Rafał Kowalczyk, scienziato dell’Istituto di ricerca sui mammiferi dell’Accademia polacca delle scienze, afferma che ora il rischio di estinzione locale della lince polacca, purtroppo, non è più soltanto un’ipotesi. I rischi per gli animali Alcune di queste barriereuccidono direttamente gli animali, o con le correnti elettriche o con il filo spinato di cui sono dotate. Altrebloccano le rotte migratorie, impedendo l’accesso a risorse vitali. Altre ancoraimpediscono loro di orientarsia causa dell’intensa illuminazione di cui sono dotate. Perché gli animali non stanno in fila ad aspettare l’apertura dei cancelli, e si perdono e disperdono all’interno di quello che era il loro habitat. «L’aumento della frammentazione dell’habitat priva le gazzelle dell’opportunità di rintracciare liberamente le fonti di cibo man manco che queste diventano disponibili stagionalmente» affermaYoram Yom-Tovdell’Università di Tel Aviv. E, conseguentemente il numero di gazzelle di montagna è diminuito drammaticamente: solo 2000 esemplari sono rimasti allo stato selvatico. Particolare attenzione ha ricevuto da parte degli ambientalisti laforesta di Białowieża, che rappresental’ultima foresta temperata di pianura in Europa, costituendo un corridoio ecologico di importanza paneuropea e che rappresenta una delle principali vie di dispersione dei grandi mammiferi. Tra le specie qui minacciate,800 bisonti europei e gli orsi bruni. Per questo motivo la comunità scientifica aveva richiesto al governo polacco l’installazione di24 cancelli per la fauna selvatica. Ma – racconta Kowalczyk – questi cancelli oggi sono chiusi, e chiusi rimarranno. Sono settantaquattro i muri di confine in tutto il mondo La barriera che divide Polonia e Bielorussia non è che una dei numerosissimi tra muri e barriere, in costante crescita, che stanno sputando lungo i confini nazionali di tutto il mondo. Alla base, ilcrescente timore per i migranti transfrontalieri, i terroristi e i trafficanti di droga. Ma questi muri e queste barriere si stanno impossessando dispazi che fino a ora sono state riserve naturali, e stanno bloccando le migrazioni stagionali di grandi animali, riducendo la diversità genetica e minacciando il futuro di milioni di specie, che dovranno spostare i loro domini per stare al passo con un clima che cambia. Dalle paludi dell’Africa alle montagne del sud-est asiatico, dal confine tra Stati Uniti e Messico alle steppe dell’Asia centrale: sono solamente alcuni deglioltre settanta muri di confineesistenti in tutto il mondo. E mentre le specie e gli ecosistemi hanno bisogno di spostarsi per adattarsi a condizioni più calde e a condizioni climatiche in mutamento a causa dei cambiamenti ambientali, le barriere non fanno altro cherappresentare una minacciaper la fauna selvatica. In merito, Mark Titley afferma: «Quando le barriere si estendono per lunghe distanze da est a ovest, impedendo spostamenti verso i poli, o seguono i contorni sui fianchi delle montagne, impediscono simili movimenti in salita verso climi più freddi». «Quando la Cortina di ferro è caduta nei primi anni Novanta sembrava che fosse arrivato un mondo senza confini» diceJohn Linnell, esperto delNorwegian Institute fonr Nature Research. Ma da allora, e in particolare negli ultimi anni, le tensioni nazionalistiche hanno portato alla costruzione di confini militarizzati, per un’estensione totale di32.000 km. Muri e barriere: oltre i delicati equilibri delle relazioni internazionali Il muro polacco fa parte di una serie di barriere in costruzione in tutta Europa da quando, nel 2015, è iniziataun’ondata migratoriadal Medio Oriente e dall’Africa diretta verso l’Europa. Grecia e Bulgaria hanno barricato i rispettivi confini con la Turchia. L’Ungheria ha eretto recinzioni per oltre 300 km sui confini con Serbia e Croazia. La Slovenia ha chiuso le porte alla Croazia; l’Austria ha fatto lo stesso con la Slovenia. E la Macedonia del Nord ha costruito 37 km di barriere metalliche per “difendersi” dalla Grecia. A complicare lo scenario, ilconflitto tra Russia e Ucraina: nel mese di agosto dell’anno appena concluso, la Lituania ha completato una recinzione di 480 km lungo il confine con la Bielorussia e un’altra lungo il confine russo. Nel mese di ottobre, i principali partiti politici finlandesi hanno concordato piani per una recinzione lungo il confine russo, che si estende per circa 1300 km: «Il risultato di tutto ciò è che l’Europa si sta isolando sempre di più ecologicamente dall’Est» commentaLinnell. Analogamente, gli Stati Uniti hanno cercato di escludere i migranti latinoamericani costruendo muri e recinzioni lungo il confine con il Messico. Ma, in questo modo,ad essere isolata è stata anche la fauna selvatica. Alcuni studiosi hanno calcolato che questo confine divida l’habitat di 120 specie di mammiferi non volanti, molti dei quali viaggiano lungo la Sierra Madre Occidentale del Messico e le Montagne Rocciose. Inoltre, le barriere rischiano di far perdere l’orientamento ai giaguari nel sud-ovest degli Stati Uniti, e non solo: «Un muro di confine continuo potrebbe disconnettereoltre il 34% delle specie animali native terrestri e di acqua dolcenon volanti degli Stati Uitin dal 50% e oltre del loro areale che si trova a sud del confine» commentanoRobert PeterseJennifer Miller, ricercatori dell’Università della Georgia. Ancora, le grandi steppe dell’Asia centralesono state per molto tempo teatro di alcune delle più grandi migrazioni di erbivori del pianeta. Ma le minacce provenienti dall’Afghanistan e le crescenti attività di contrabbando in altre zone del territorio hanno portato i governi a erigere migliaia di chilometri di recinzioni. Così sono statebloccate le migrazionidi antilopi, cammelli e asini selvatici, gazzelle, orsi, leopardi, tigri, ghepardi, cervi e cavalli. È stato fatto sì untentativo per rendere le recinzioni a misura di fauna selvatica, ma i buoni propositi non sono andati a buon fine. In alcuni casi, fortunatamente, gli ambientalisti sono riusciti a intervenire. È quanto accaduto per esempio inKazakistan, dove l’intervento degli ecologisti ha convinto i funzionari kazaki a rimuovere i fili inferiori del filo spinato lungo la barriera sul confine con Uzbekistan per consentire il 125 punti il passaggio agli animali. Le barriere contro gli animali Ci sono poi casi in cui queste recinzioni hanno lo scopo specifico difermare gli animali. È il caso dellaCina, che ha costruito unarecinzione di oltre 4600 km lungo il confine con la Mongoliaattraverso il deserto dei Gobi per impedire ai lupi di depredare il bestiame cinese.Ma così facendo ha impedito anche lemigrazioni stagionali degli asini selvatici. Ancora, ilBotswanaha eretto una recinzione elettrica di 480 km al confine con lo Zimbabwe perescludere dal proprio territorio il bestiame affetto dall’afta epizootica. Tuttavia, la recinzione ha avuto un forte impatto anche sui movimenti transfrontalieri di alcune delle specie più iconiche della regione, tra cui giraffe, elefanti e zebre. Non tutte le barriere sono permanenti In qualche raro caso, però, sele barriere non compiono il loro dovere– sia esso contenere animali o esseri umani – vengono abbattute. Nel 2015, per esempio, la Slovenia aveva collocato una recinzione di filo spianto per oltre 190 km attraverso i monti Dinarici, al confine con la Croazia, per bloccare un percorso utilizzato dai rifugiati. Come visto, spesso, queste barriere finiscono per dividere anche popolazioni di specie selvatiche. Fortunatamente, però, la Slovenia ha annunciato che la recinzione non era riuscita a frenare i rifugiati eha inviato truppe ad abbatterla. E, almeno in questo caso, la fauna selvatica ha ottenuto un po’ di tregua.