La flessibilità rende i lavoratori più felici

La flessibilità rende i lavoratori più felici

 

La soddisfazione lavorativa è un concetto piuttosto astratto chedipende da un pluralità di fattoritra cui il genere, la tipologia di contratto e il settore lavorativo. Proprio per questo può essere complessa un’analisi in questi termini. In nostro soccorso accorrono gli ultimidati pubblicati da Eurostat, che rappresentano un valido strumento di indagine, seppur circa il 4% degli intervistati non ha espresso una valutazione. Ad aggiudicarsi il primo e l’ultimo posto dei lavoratori felici nell’Unione Europeasono Malta e, con sorpresa, il Portogallo. È proprio la piccola isola del Mediterraneo a presentare i più alti tassi di soddisfazione con unamedia dell’80%. Una delle ragioni è da ricercare nella grande flessibilità dei lavoratori: alta è difatti lapercentuale di coloro che lavorano da remoto, perlopiù occupati in compagnie estere e che hanno scelto il sole e il mare di Malta per vivere. All’opposto il Portogallo registra il risultato peggiore in Europa, con unamedia di quasi il 25%. Nonostante questo pPese presenti dei tassi occupazionali in linea con la media Europa, il grado di soddisfazione è molto basso. Secondo l’analisi delBetter Life Indexdell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Paese in termini di soddisfazione della popolazione si classifica37esimo su 41. L’analisi Eurostat differenzia i lavoratori in tre categorie: con contratto dadipendenti,lavoratori in proprio con dipendentie lavoratori in propriosenza dipendenti. Sono questi ultimi a risultarei più soddisfatti;a spiccare all’interno della categoria sono, poi,le donne. Interessante è, inoltre, il confronto dei dati del 2022 coni dati pre-pandemia, i quali ci permettono di confermare il nuovo pilastro della cultura lavorativa: la flessibilità.I lavoratori flessibili, che siano dipendenti o imprenditori, sono più felici.La soddisfazione media Europea e in generale quella di ogni paese sale, difatti, di almeno un punto percentuale per coloro con orari flessibili. Numeri in linea con il fenomeno delle dimissioni di massa: l’idea attuale è di lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Insomma, la tendenza sembra essere quella di direbasta a sacrificare tutta la propria vitaper il proprio lavoro. Si può rimanere produttivi cambiando lo schema lavorativo? Sembrerebbe di sì. In alcuni paesi questo cambiamento è già in atto. a esempio nelRegno Unito a giugno scorsoè iniziato un esperimento che ha coinvolto più di 70 aziende nella riduzione della settimana lavorativa, un cambiamento promosso dalla Ong “4 days week global”. Questo sarebbe dovuto terminare a Novembre, ma la maggior parte delle imprese partecipanti ha deciso di proseguire, in quanto non solo la produttività non sarebbe calata, ma secondo alcune realtà sarebbe addirittura aumentata. Anche l’Italia si approccia all’introduzione di questo cambiamento conIntesa San Paolo. La banca, che conta oltre 74 mila addetti in Italia, è pronta a introdurre delle novità a partire da gennaio 2023. In particolare è prevista la possibilità di lavorare insmart workingper120 giorni all’annocon un’indennità di buoni pasto da 3 euro al giorno. A questo si aggiunge, su base volontaria, lariduzione della settimana lavorativa a 4 giornicon 9 ore al giorno mantenendo lo stesso stipendio. Un’impostazione poco apprezzata dai sindacati che si sono battuti per l’introduzione di tecnologie che garantissero un controllo della disconnessione per il lavoro da remoto, un aumento del valore dei buoni pasto e un’indennità per le spese energetiche e di connessione. Proposte che, tuttavia, sono state bocciate da Intesa.Non si tratta però del primo caso in Italia:un esperimento interessante è stato portato avanti daVelvet Media, società di marketing italiana, che per tutta l’estate ha annullato l’orario lavorativo dei propri dipendenti, facendo sì che lavorassero per obiettivi e progetti e non per le canoniche 40 ore settimanali. Se nella penisola e in altri paesi Europei la riduzione della settimana lavorativa èstudiata con cautela, tutt’altra storia troviamo inBelgio. Dove è presente una disposizione specifica che garantisce al lavoratore il diritto alla settimana corta o alla redistribuzione delle ore lavorative su 4 giorni aparità di retribuzione. La crescente attenzione delle aziende alla conciliazione di vita e lavoro dei propri dipendenti fa sì che si studino nuovi modelli lavorativi, come a esempio la settimana corta, per aumentare il livello di felicità dei dipendenti stessi. Fondamentale è la creazione di modelli chegarantiscano realmente la tuteladi entrambi gli aspetti non andando a gravare ulteriormente sui lavoratori, come sottolineato dalle contestazioni del sindacato a Intesa San Paolo.