Perché Alexa e Siri fanno innervosire tutti
“Alexa, che tempo fa oggi?”, “Siri, dammi le notizie del giorno”. Fino a qualche decennio fa sembrava futuristico immaginare che un giorno avremmo interagito con un’intelligenza artificiale.Nel 1997 Dragonlanciava ilprimo software di riconoscimento vocaleal mondo, per scrivere utilizzando la voce, ma i risultati lasciavano piuttosto a desiderare. L’acquisto si risolveva spesso e volentieri in scenette comiche e ripetuti tentativi di scandire al meglio le proprie richieste,puntualmente mal interpretate dal dispositivo di ultima generazione. Oggi, invece, molti di noi si avvalgono quotidianamente dell’assistente vocale,chi per aggiornarsi,chi per controllare il meteo,chi per avviare la riproduzione di una playlist musicale. Proprio queste ultime due sono le richieste che rivolgiamo più frequentementeai nostri smart speaker. Se invece si tratta dell’assistente vocale dell’auto o dello smartphone, ce ne serviamo per lo più per telefonare e cercare destinazioni sul navigatore. Secondo un’indagine condotta dalla società di ricercaStrategy Analytics,nel secondo trimestre del 2021 le spedizionia livello mondiale di altoparlanti e display intelligenti sono lievitate del34,8%, rispetto allo stesso periodo del 2020: circa39,5 milioni di unità vendute. In base alle stime,Google Assistantregistra500 milioni di utentiattivi ogni mese,Siri 374 milioni. Rispetto alle installazioni,Cortana di MicrosofteDuerOS di Badusono presenti in 400 milioni di device,Alexain 200 milioni eBixby di Samsungin oltre 160 milioni. Un trend in crescita, a dispetto delle difficoltà affrontate nei mesi scorsi dalle catene di approvvigionamento. In Italia il settore fattura circa130 milioni di euro all’anno. A rivelarlo è una ricerca compiuta nel 2021, sullaSmart Homedall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano. Più in generale, il 46% degli italiani possiede in casa almeno un oggetto smart, masolo l’11% impiega l’assistente vocale per controllare e programmare altri prodotti smartdella casa, come alcuni elettrodomestici. Questi dispositivicomprendono la voce umana, raccolgono dati e possono svolgere varie funzioni con gradi di difficoltà differenti. Sebbene, però, stiano entrando a far parte del nostro arredamento e del nostro kit di sopravvivenza,spesso il loro utilizzo innervosisce l’utente, come riporta ilWashington Post. Quando, per esempio, si opta per lo shopping online tramiteAlexa, ogni volta che si aggiunge qualcosa al carrello, comincia una lunga descrizione e una sequela di informazioni sul prodotto, in genere inutili,considerando che lo si è già selezionato per l’acquisto. Ma, a disturbare a volte è anche la personalità da “problem solver” saputello degli smart speaker, che alla lunga rischia di seccare l’utente. Il creatore di TikTok @OfficiallyDivinity in un video divenuto virale si lamenta della “saccenza” e della “sicurezza” di Alexa e dell’Assistente Google. Insomma, il colosso di Jeff Bezos sostiene che parlare con Alexa siaun’esperienza molto simile a quella che si può avere con un essere umano, mentre Apple ha assicurato che si sta attrezzando per affinare le capacità di comprensione e di interazione di Siri, eppuresul piano dell’empatia e della pertinenza delle risposte c’è ancora molta strada fare. Nello sviluppare questi dispositivi le aziende non si sono basate su un modello di conversazione “umana”, ha spiegato Compton, creatore dell’IA che alimenta i robot di Twitter come Infinite Scream e Gender of the Day al Washington Post. Senza considerare, inoltre, gli effetti sui più piccoli. In un recente articolo deIl Messaggero,Rosalinda Cassibba, professoressa di psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Bari, afferma che nei bambini fino ai 6 anni lo sviluppo del pensiero ha due punti focali:l’egocentrismo cognitivo e l’animismo, il primo consiste nella convinzione inconscia che tutto gli ruoti intorno, il secondo nell’attribuire una coscienza anche agli oggetti inanimati, come i giocattoli. Con uno strumento che addirittura risponde alle domande del bimbo, il passo da fare è breve. «Può darsi che i ragazzi perdano alcune competenze e ne acquisiscano altre.Il pericolo è l’impoverimento di alcune funzioni cognitive, soprattutto perché si ottengono aiuti e indicazioni subito, senza i limiti da superare nel percorso di apprendimento».