Se vi chiedessimo di direcosa hanno in comune Norvegia e Ruanda, siamo quasi sicuri che avreste almeno un attimo di esitazione prima di rispondere. Geografia, tessuto socioeconomico, storia, cultura e tradizioni sono solo alcuni dei punti su cui queste due nazioni differiscono profondamente. Eppure, sebbene così diversi, questi due paesi hanno trovato un punto di contatto e di unione: lalotta all’inquinamento da plastica. Insieme, hanno lanciato laHigh Ambition Coalition, per elaborare unostrumento internazionale legalmente vincolanteche impegnerà un numero sempre maggiore di paesi a dire basta alla plastica, stabilendo unaroadmap globaleche punta all’obiettivo plastica zero entro il 2040. Il consumo di plastica èquadruplicato negli ultimi 30 anni, mentre la produzione mondiale è raddoppiata dal 2000 al 2019 raggiungendo i460 milioni di tonnellate. A guidare la crescita di questa montagna di plastica è l’aumento della produzione della plastica monouso perimballaggie beni di consumo, che corrisponde addirittura alla metà dei rifiuti di plastica prodotti. Le attuali proiezioni prevedono chela produzione di plastica raddoppierà nei prossimi 20 anni.Quelli che osserviamo oggi sono già livelli insostenibili; di questo passo, il mondo non sarà in grado di gestire il volume deirifiuti di plasticaed evitare danni irreparabili. La situazione è particolarmente critica per quanto riguarda glioceani.Secondo i dati delle Nazioni Unite diffusi durante l’ultimaConferenza sugli oceanitenutasi lo scorso luglio, l’inquinamento rappresenta almeno l’85% dei rifiuti marinie i rifiuti di plastica sono il principale inquinante. Ogni anno, almeno 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei nostri mari, l’80% dei quali da fonti terrestri. Per rendere più chiaramente l’idea,ogni minuto un camion della spazzatura di plastica viene scaricato negli oceani. Ele cose andranno peggio, secondo le stime: si prevede che, entro il 2040, l’equivalente di 50 kg di plastica per metro di costa in tutto il mondo fluirà nell’oceano ogni anno. Anche il report del Wwf “Inquinamento da plastica negli oceani. Impatti su specie, biodiversità ed ecosistemi marini” – che ha analizzato oltre 2.590 studi sull’inquinamento da plastica negli oceani – rende le dimensioni di quella che le Nazioni Unite hanno definito unavera e propria crisi planetaria. La crescita prevista dell’inquinamento da plastica comporterà in molte areerischi ecologici significativi per labiodiversità, se non si interverrà ora per ridurre la produzione e l’uso della plastica a livello globale. Non solo. Anche se la dispersione globale di plastica in natura fosse eliminata oggi stesso,potrebbe essere troppo tardi per arginare i danni: esiste infatti quella che il Wwf definisce una“coda lunga” di microplastiche, la cui concentrazione nel 2050 sarebbe comunque doppia rispetto a quella attuale. Alcuni scenari prevedono unaumento di 50 volte per il 2100, nonostante gli sforzi che possiamo attuare. È evidente che la riduzione – anzi,l’eliminazione – della plastica debba essere un obiettivo prioritario. Limitarne la produzione e l’utilizzo è il primo passo, ma non è sufficiente. Per questo,l’Hacoltre a questo si è data altridue obiettivi strategici. È necessariorendere la plastica più sostenibile, spiega la Hac, soprattutto a livello produzione e di materiali utilizzati: sono, infatti, presenti sostanze chimiche pericolose – che vengono sia aggiunte intenzionalmente per conferire proprietà specifiche ai materiali plastici, sia proprie di determinati materiali – che possono ostacolare il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali plastici. È fondamentale quindistabilire e garantire criteri e standardper la progettazione delle materie plastiche «per garantirne durata, riciclabilità e sicurezza, consentendo un’economia circolare per la plastica che protegga l’ambiente e la salute umana». Inoltre, devono essere stabilite «disposizioni per lariduzione al minimo dei rifiuti di plastica e la raccolta, lo smistamento e la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio ecologicamente corretti dei rifiuti di plastica per reimmettere la plastica riciclata nell’economia ed evitare la dispersione nell’ambiente». Dal 1950, continua il sito, sono stati generati circa 9,2 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica, di cuimeno del 10% è stato riciclato, il 14% è stato incenerito e il 76% è stato smaltito in discarica o rilasciato nell’ambiente. Lo sviluppo della necessaria gestione dei rifiuti la capacità è superata dal consumo di rifiuti di plastica. La situazione deve cambiare, e deve farlo ora. Come? La Hac indica7 risultati-chiave per il successo: 1. Eliminare la plastica problematica, anche con divieti e restrizioni. 2. Sviluppare criteri e standard di sostenibilità globali per le materie plastiche 3. Stabilire linee guida e obiettivi globali per la sostenibilità durante tutto il ciclo di vita della plastica. 4. Garantire la trasparenza nella catena del valore della plastica, anche per quanto riguarda il materiale e la composizione chimica. 5. Stabilire meccanismi per rafforzare nel tempo impegni, obiettivi e controlli. 6. Implementare il monitoraggio e il reporting in ogni fase del ciclo di vita della plastica. 7. Facilitare un’assistenza tecnica e finanziaria efficace, valutazioni scientifiche e socioeconomiche. La coalizione è stata lanciata a seguito della storicarisoluzione 5/14dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, approvata il 02 marzo 2022 a Nairobi, in Kenya, che istituisce un comitato intergovernativo di negoziazione (Inc) che inizierà i suoi lavori nel 2022 e che nei due anni successivi dovrà stilare un trattato giuridicamente vincolante chei paesi dell’Onu dovranno firmare entro il 2024.
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