L’Italia è sempre più fossile

Se da una parte c’è un’Italia che punta a un futuro di rinnovabili o energie legate all’idrogeno, come laHydrogen Valleydi Roma, dall’altra la Penisola di oggiè ancora troppo legata alle fonti fossili. Sia per quelle che già esistono, sia per gli investimenti in essere. La fotografia dell’”Italia del fossile”, del Paese ancora ancorato alla dipendenza da estrazioni, trivellazioni e uso dei combustibili inquinanti, la fornisce un nuovoreport di Legambiente. Dal Cigno verde raccontano come attualmente nello Stivalesiano oggipiù di 120 le infrastrutture a fonti inquinanti tra quelle a esempio in valutazione presso ilMinistero della Transizioneecologica, sottolineando come la nostra Penisola sembra essere sempre “più lanciata verso unatransizione energeticabasata sul gas fossile, una strategia pericolosa per il clima e la salute pubblica, e inutile in tema di caro energia e indipendenza del Paese” anziché accelerare a esempio “su rinnovabili, efficienza, reti, accumuli e sulla legge per eliminare i sussidi alle fonti inquinanti”. Legambiente, per stilare il suo report, ha spulciato tra i dati di centrali a gas fossile, metanodotti, depositi, autorizzazioni per nuovetrivellazionierigassificatori, sottolineando come siano ancora troppi gli investimenti in questo tipo di fonti energetiche quando al contrario servirebbero “interventi e politiche concrete per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili eche permettano la realizzazione di almeno 85 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabilientro il 2030 con cui raggiungere l’84% di elettricità rinnovabile nel mix elettrico” e non “nuove centrali a gas”. I dati forniti dalla associazione ambientalista dicono per esempio che a livello disettore termoelettrico“sono ben 43 i progetti su centrali a gas per circa 12 GW di nuova potenza a gas fossile: parliamo di 7 nuove centrali termoelettriche a gas metano (di cui 3 all’interno di stabilimenti industriali), 26 interventi di revamping o installazioni di nuove turbine, 2 riconversioni da olio combustibile, 7 riconversioni di centrali precedentemente alimentati a carbone, e 1 da biomasse di grandi dimensioni. Tra questi la Centrale termoelettrica di Monfalcone per la quale è prevista la riconversione a gas con una centrale da 770 MW anche grazie al sussidio economico delCapacity Market che A2A si è aggiudicata per il 2024. Attualmente per Legambiente sono “ben 20 progetti a fonti fossili che potranno godere di circa 146 milioni di euro di sussidi per la realizzazione di 2,6 GW di nuova potenza a gas fossile”. Se invece si osservano i tanto citatirigassificatori“il Governo, accanto ai nuovi contratti di fornitura da Paesi come Egitto, Algeria, Congo, Qatar, Angola, Nigeria, Mozambico, Indonesia e Libia, ha imposto un’accelerata alla realizzazione di due rigassificatori, quello di Piombino e quello di Ravenna, che stanno godendo di procedure autorizzative semplificate”, scrive Legambiente che ha individuato almeno15 progetti tra rigassificatori e depositipresentati al MiTe tra nuove infrastrutture e ammodernamenti di quelli esistenti. In totale sarebbero 16 le possibili nuove infrastrutture per la rigassificazione e lo stoccaggio di Gnl, “di cui 6 nuovi depositi e 10 rigassificatori che si aggiungono ai tre già in funzione, per una nuova capacità di stoccaggio di 800.000 metri cubi di gas e di rigassificazione di più di 31 miliardi di metri cubi di gas, raggiungendo, così, una capacità strutturale complessiva di quasi 47 miliardi di metri cubi l’anno”. Si continua poi a investire anche suimetanodotti: “Ad oggi, in programma la realizzazione di circa 2.300 km di nuove condotte, di cui 1.360 km in sostituzione di tubazioni in dismissione e circa 1.000 km in aggiunta alla rete già esistente. Si pensi all’iniziativaSealine Tirrenica, un gasdotto sottomarino di 271 km che dovrebbe collegare la Sicilia alla Campania, o allaLinea Adriatica Snamlunga 689 km dalla Puglia all’Emilia Romagna, tra rifacimenti e nuove condutture”. In totale vengono contati 42 progetti presentati al MiTe, di cui 15 per gasdotti da realizzare ex novo e 25 rifacimenti di condotte già esistenti tra sostituzioni e modifiche. Numeri simili anche perle trivellazioni: “Sono 39 le istanzeper ottenere permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi per ulteriori 76.694 kmq di territorio italiano dedicati alla produzione di fonti fossili, ovvero una superficie simile all’estensione dell’Austria, in aggiunta agli attuali 33.618 kmq”, spiegano dal Cigno Verde ricordando che “qualora tutti questi progetti dovessero essere autorizzati e realizzati l’Italia abbandonerebbe non solo qualsiasi speranza di poter affrontare in maniera efficace la crisi climatica, non riuscendo in alcun modo a soddisfare gli obiettivi di contenimento delle temperature e di decarbonizzazione definiti dalla comunità internazionale, ma non sarebbe neanche in grado di offrire opportunità concrete di riduzione dei costi in bolletta a imprese e famiglie, rimanendo per i prossimi 25 anni, totalmente dipendente dalle forniture di gas fossile da altri Paesi, spesso al centro situazioni geopolitiche e sociali instabili”. PerStefano Ciafani, presidente di Legambiente,oltre a una legge che elimini i sussidi alle fonti fossili,servono in generale scelte più coraggiose. «Purtroppo, il nostro Paese per bilanciare la carenza di gas, che prima arrivava in gran parte dalla Russia, sta scegliendo come soluzione l’utilizzo sempre maggiore delle fonti fossili da altri Paesi grazie ai gasdotti e ai rigassificatori. Si tratta di un grave errore che si ripercuoterà anche sul clima.Le fonti su cui concentrare le risorse pubbliche e private devono essere ilsolee ilvento. Fondamentale è dunque puntare su semplificazioni, autorizzazioni veloci per gli investimenti su efficienza, accumuli, pompaggi, reti, impianti a fonti rinnovabili. Solo così si potrà far decollare la vera transizione ecologica che serve al Paese».