Le città future saranno (bio)diverse?

Da sempre consideratimisteriose creature della notte, amati dai poeti romantici e dagli scrittori gotici, fedeli amici dei vampiri: stiamo parlando deipipistrelli. Sono dei mammiferi anomali, gli unici in grado di volare, muovendosi al buio grazie a un sonar naturale, ma soprattutto sono utilissimi per conservare gli equilibri degli ecosistemi. Kate Jones, professoressa di Ecologia e Biodiversità alCentre for Biodiversity and Enviromental Researchpresso l’University College London, da anni studia i pipistrelli con svariate applicazioni: i suoi esperimenti e le sue ricerche si orientano in particolare sul rapporto tra lasalute dell’habitate quella dell’essere umano. Come spiega la scienziata alla rivistaNature, questi mammiferi rappresentano spesso un’eccezione nel mondo animale: per dirne una, esistono specie di pipistrelli che vivono anche 40 anni, mentre topi delle stesse dimensioni appena 18 mesi. La domanda che si è posta Jones è: i pipistrelli possono esserci utili perprogettare un nuovo modello dicittà,sostenibile non solo per l’uomo, ma anche per l’ambiente circostante? Così, lei e il suo team hanno installato sensori in alcune box per pipistrelli disposte intorno alQueen Elizabeth Olympic Park. Esaminare la salute di queste colonie neicentri urbanipotrebbe rappresentare un importante indicatore per valutare l’equilibrio dell’interoecosistema. Ciascun monitor cattura il paesaggio sonoro attorno, cioè l’insieme dei rumori e dei suoni non solo degli esseri umani, ma anche degli uccelli e persino degli insetti attraverso un microfono a ultrasuoni. Tutte le informazioni vengono rielaborate in uno spettrogramma, che raffigura le frequenze dei vari segnali audio. Dopodiché è possibile individuare e catalogare i versi delle singole specie e interpretarli per fotografare le tendenze della popolazione. Uno studio del genere potrebbe avere dei risvolti interessanti anche per quanto riguarda lo sviluppo di focolai di malattie. Già nel 2020 Kate Jones aveva condotto assieme ad altri studiosi una ricerca che ha messo in luce l’enorme impatto dell’uomo sulla riduzione dellabiodiversitàe il conseguente aumento del rischio di focolai. Una volta raccolti 3,2 milioni di registrazioni dasiti ecologicisparsi in continenti diversi, il team ha scoperto che nel passaggio daambiente naturalead urbano, le popolazioni di pipistrelli e altri mammiferi capaci di trasmettere agenti patogeni all’uomo tendevano ad aumentare. È il caso, per esempio, della febbre di Lassa, di cui sono portatori i topi. Negli habitat alterati dall’essere umano, ratti e persone finiscono per entrare in contatto più facilmente, generando delle epidemie. Lacittà del futuroquindi non dovrà modificare, maincorporareall’interno dei propri spazi urbani il paesaggio naturale, per proteggere non solo la salute ambientale, ma anche indirettamente quella umana. Per farlo, è necessario aprire un dialogo traecologisti e architetti: prevedere aree verdi e parchi probabilmente non basta a scongiurare il rischio di isole di calore urbane e di inondazioni. Occorre ripensare ildesign delle nostre cittàe per farlo servono progetti interdisciplinari per salvaguardare il più possibile labiodiversità.