A che punto siamo col riciclo della plastica

 

Nel 2021, dopo la battuta d’arresto della pandemia di Covid-19, l’economia circolare rappresentata dal settore del riciclo meccanico dellaplasticaha registrato unacrescita del fatturato del 67%rispetto all’anno precedente, con entrate pari a circa un miliardo di euro. È quanto si apprende dalRapporto sul riciclo meccanico delle materie plasticherealizzato da Plastic Consult e presentato a Roma il 16 giugno daAssorimap, l’Associazione Nazionale Riciclatori e Rigeneratori di materie plastiche. L’aumento dei ricavi si deve in parte all’impennata deiprezzi delle materie primedovuta alla crisi delle forniture, ma è significativo che il volume prodotto dagli impianti diriciclo post-consumo– ovvero considerando solo i rifiuti plastici a fine vita ed escludendo gli scarti industriali – hanno visto una crescita del 17% rispetto al 2020 attestandosi a circa 800 mila tonnellate. La filiera Quella del riciclo meccanico è solo uno delle fasi che portano alla rigenerazione e al riciclaggio delle materie plastiche. La prima fase, infatti, è quella dellaraccoltadei rifiuti da parte degli operatori specializzati, che provvedono al loro stoccaggio presso i centri di raccolta regionali e gli stabilimenti per il riciclo. Qui avviene il processo diselezioneattraverso operazioni come la rimozione di oggetti ingombranti, il disimballaggio, lavagliaturae la separazione degliimballaggirigidi da quelli flessibili. L’imballaggio viene poi triturato attraverso la fase dimacinazionemeccanica a cui segue illavaggio, a caldo o a freddo a seconda del materiale. I materiali sminuzzati vengono quindi introdotti in una vasca d’acqua dove avviene una separazione fisica per galleggiamento, o “flottazione”, a seconda della loro densità. Infinel’asciugatura, in seguito alla quale l’imballaggio è stato trasformato in unaMateria prima seconda(Mps) pronta per essere reimmessa nel sistema produttivo. Gli attori Oggi il comparto nazionale delle aziende attive nel riciclo della plastica conta circa 10.000 addetti e oltre 350 imprese, escluse le società di raccolta rifiuti urbani indipendenti o di proprietà delle multiutility locali. Tra queste vi sono circa 200 produttori di Mps, che comprendono anche le attività connesse al riciclo pre-consumo. L’analisi di Assorimap si concentra invece sui circa 80impiantiattivi nel riciclo meccanico della plastica post-consumo. Di questi circail 70% è concentrato al Nord, con una presenza del 40% solo nel Nord-Ovest e in particolare in Lombardia, mentre il Centro Italia si attesta al 10% a fronte del 20% di Sud e Isole. Quanta plastica ricicliamo Laplasticarappresentacirca il 12,5% del totale dei rifiuti urbaniprodotti ogni anno. La quota maggioritaria, come si apprende dall’ultimo rapporto dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), è costituita dagli imballaggi, che coprono circa il 95% della frazione raccolta. Secondo idatidiffusi da Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica), nel 2021 la raccolta conferita ai centri di selezione è stata pari a 1.475.000 tonnellate, con un aumento del 3% rispetto al 2020. Ad essere coperti dal servizio sono il 96% dei Comuni italiani, con una raccolta pro capite media annua di 24,9 kg per abitante. In testaUmbriaeSardegna, rispettivamente con 32 e 34 kg. Per gli imballaggi vale laResponsabilità estesa del produttore, in base alla quale le aziende produttrici pagano il contributo ambientale che viene destinato al finanziamento della corretta gestione dei rifiuti a cominciare dalla raccolta differenziata dei Comuni. “Per tutti gli altri oggetti in plastica non esiste un’analoga misura che ne consenta la giusta valorizzazione”,spiegal’Ispra. Per questo, anche se la raccolta è cresciuta in modo costante e oggil’Italia recupera circa il93% della plasticaimmessa al consumo,ad essere riciclato è solo il 48,7%. Una percentuale che scende al 41,1% se si applica ilnuovo metodo di calcoloeuropeo in vigore dal 2020, che considera solo i rifiuti immessi a tutti gli effetti nel processo di riciclaggio ed elimina le eventuali perdite che potrebbero verificarsi nel corso della filiera. Cosa dice l’Europa Le percentuali nazionali confermano chel’Italia è più virtuosa della media europea, dove secondo idatidi Plastics Recyclers Europe vengono recuperate 9 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica a fronte delle 30 generate ogni anno dall’Ue. A incidere anche il calo delle esportazioni, dovuto allo stopimpostodalla Cina a partire dal 2018 e al rafforzamento dei controlli nell’ambito dellaConvenzione di Basileasul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento. Tuttavia la plastica è l’unico settore merceologico in Italia a non aver ancora raggiunto gli obiettivi minimi fissati da Bruxelles nel Pacchetto Economia Circolare, noto anche come“Pacchetto Rifiuti”, che prevede il 50% di riciclaggio della frazione entro il 2025 e il55% entro il 2030. Ladirettiva Supsulle plastiche monouso (Single Use Plastic) adottata nel 2019, inoltre, stabilisce un contenuto minimo di materiale riciclato del 25% al 2025 per lebottiglie in Pete del 30% nelle bottiglie di plastica per bevande al 2030. Per tali prodotti è fissato un obiettivo di raccolta differenziata pari al 77% entro il 2025 e al 90% entro il 2029. Per ottemperare allaplastic taximpostadalla Consiglio dell’Ue, infine, i singoli Stati membri dovranno pagare800 euro per ogni tonnellata(0,8 al kg) dirifiutiplastici da imballaggio non riciclati. Secondo l’ultima legge di bilancio, che ha rinviato la sua entrata in vigore al 1° gennaio 2023, l’Italia potrebbe trovarsi a sborsare circa 800 milioni di euro. «È come pagare l’affitto all’Europa invece di comprare casa in Italia», sintetizza Paolo Glerean, consigliere di Plastics Recyclers Europe. «In assenza di ulteriori e costantiinvestimenti da parte di tutta la filiera(in particolare ai livelli della raccolta e della selezione) difficilmente potranno essere raggiunti gli obiettivi europei», conclude il rapporto di Assorimap. Le soluzioni Le misure messe in campo dal governo sono diverse, a partire da quelleapprovatea marzo dalPiano per la transizione ecologica. Entro fine giugno, inoltre, è attesa l’entrata in vigore dei decreti relativi allaStrategia nazionale per l’economia circolaree alProgramma nazionale per la gestione dei rifiuti. Tra le iniziative un sistema digitale per migliorare latracciabilità dei rifiuti, incentivi fiscali per supportare l’utilizzo di Mps, una revisione del sistema di tassazione che promuova il riciclo a fronte dello smaltimento in discarica, la riforma dei sistemi di Responsabilità estesa del produttore e il rafforzamento degli strumenti normativi esistenti, come la legislazioneEnd of Wastee iCriteri Ambientali Minimi. «È necessariopromuovere una maggiore circolaritàdella materia, aumentando i tassi di riciclo. Obiettivi che auspichiamo vengano perseguiti tramite specifiche iniziative in grado di agevolare le produzioni ecosostenibili di beni e imballaggi e, soprattutto, a partire da un maggiore sviluppo impiantistico», sostieneWalter Regis, Presidente di Assorimap. Che da rappresentante della categoria corregge il tiro degli ambientalisti più oltranzisti: «Bisogna porre il recupero delle materie al centro della transizione ecologica e rifuggire davisioni massimalisteche invocano un mondoplastic freenell’immediato». E si toglie il sassolino nella scarpa allacciata dall’Europa: «Il riciclo della plastica rappresenta un’eccellenza italiana e unpatrimonio industrialeche occorre tutelare certamente più di quanto sia avvenuto con il Pnrr, che non ha valorizzato tutte le potenzialità del settore». Per riuscirci, il direttore di Plastic ConsultPaolo Arcelliauspica unanormativa a livello nazionale«che prescriva quantitativi minimi di materiali riciclati» all’interno del prodotto. Tale normativa, secondo Arcelli, «farebbe da volano per una crescita armonica del settore».