Barcellona sfida lo spreco alimentare

Di cosa parliamo quando parliamo di spreco? Discutere dispreco alimentaresignifica affrontare tre grandi verità: la prima è chepreveniresarebbe meglio che curare e che serve davvero un cambio di rotta nel modo in cui ci rapportiamo con il nostro Pianeta. La seconda è che bisogna andare oltre le apparenze non solo nelle favole, ma anche nella vita quotidiana,pensando a un alimento come utile e utilizzabile sesicuro dal punto di vista alimentaree non sulla base di criteri estetici, di forma o dimensione. Una melanzana “brutta” può anche essere una buona melanzana, per intenderci! La terza è che lasinergia tra le partiè fondamentale per trovare soluzioni concretee che quindi è improbabile un miglioramento della situazione se istituzioni, aziende, cittadini, enti del terzo settore non lavorano concretamente insieme. Come consumatori, abbiamo un potere enorme:la scelta, essenziale per rispondere consapevolmente alle proposte dell’industria e domandare alle istituzioni e ordinamentisostenibili. Nel 2016 la mia scelta è stata quella di fondare, insieme ad altre persone, un’associazione a promozione sociale che si occupa di spreco alimentare e inclusione sociale -RECUP APS- che opera nei mercati di Milano e Roma e al Mercato Ortofrutticolo all’Ingrosso di Milano. Tralasciando i motivi per i quali ho iniziato a farerecup(basta pensare chebuttando via 1 kg di banane si buttano via 715 litri di acqua- cioè -una doccia da 2h e 30 minutie che RECUP, nel suo piccolo, salva circa 1 t di banane a settimana, oltre che molte altre eccedenze), l’accostarmi al mondo della sostenibilità ambientale mi ha permesso di conoscere progetti con obiettivi simili e modus operandi differenti e di capire che, per cambiare qualcosa, non bastano impegno, sogni e volontà dei singoli, ma visioni condivise e obiettivi concreti come individui facenti parte di una società. Innanzitutto, è importante sapere che quando si parla dispreco alimentareci si riferisce, con un termine generico, aperdite e sprechi alimentari, che differiscono tra loro nella posizione che occupano lungo la catena agroalimentare. Leperdite alimentariavvengono nelleprime fasi della filiera,dalla semina al trasporto, passando per il raccolto, la conservazione e l’eventuale prima trasformazione del prodotto (se dal grano facciamo la farina, per intenderci!). Gli sprechi alimentari, invece, sono quelli che più ci toccano da vicino come consumatori. Siposizionano in fondo alla filiera, nelle fasi di distribuzione organizzata, ristorazione e, ovviamente, consumo finale. L’ultimoFood Waste Index Report 2021sottolinea che, solo gli sprechi alimentari, a livello mondiale, sfiorano le931 milioni di tonnellate di cibo annue. Se si sommano alle perdite agricole, pari a 1.200 milioni di tonnellate all’anno,si arriva facilmente a considerare che⅓ del cibo prodotto globalmente viene buttato via,pesando sull’ambiente con l’8% delle emissioni di gas a effetto serra. A leggere questi dati, cosìpesanti,può sembrare che nulla venga fatto per migliorare il nostro ingombro sulla terra. Eppure, negli ultimi anni qualcosa si muove sempre di più, a ogni livello della filiera e per mano di diversi soggetti. Le normative anti-spreco L’Italia è tra i pionieri della lotta allo spreco alimentare, essendo dotata dal 2003 di una legge che consente alla distribuzione organizzata di donare le eccedenze a enti benefici (Legge 155/2003 o “Del Buon Samaritano”), rivisitata e semplificata nel 2016 per implementareobiettivi ambientali e facilitare la burocrazia(Legge 166/2016 o “Legge antispreco”). In concomitanza con la fine diExpo 2015, inoltre, insieme ad altri 216 città nel Mondo,Milano ha firmato l’Urban Food Policy Pact, dotandosi di un ufficio Food Policy per rendere i sistemi alimentari più sostenibili, garantire lebiodiversità, lottare contro gli sprechi alimentari. Negli stessi anni la Francia, con la leggeN° 138-2016,ha perseguito i medesimi obiettivi con modalità diverse.In Francia ci sono multe per chi spreca, in Italia incentivi nel donare, invece che buttare via. Il governo Spagnolo, invece, ha approvato proprio in questi giorni un disegno di legge che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2023, dopo l’approvazione in Congresso e Senato. Il testo è molto simile a quello già autorizzato dalparlamento Catalano con la leggeN° 3/2020, in cui il focus è di ridurre lo spreco attraverso laprevenzione. Infatti, i soggetti che fanno parte della catena agroalimentare saranno tenuti a elaborarepiani strategicitramite i quali dichiarano il proprio disegno di prevenzione e soluzione e forniscono dati trasparenti sul potenziale spreco generato. Ovviamente, anche in questo caso, ove diviene impossibile prevenire, è necessario curare: se bisogna buttare, prima si cerca di riutilizzare, poi di donare a uso umano, in seguito animale, infine di creare compost o massa per altri usi tecnici, comedisposto dallaDirettiva 2008/98/CE e dal Regolamento 2014/955/UEemanati dalla Commissione Europea. La legge spagnola ha introdotto anche unaregola che riguarda la ristorazione: se non si termina il proprio piatto, bisogna portarlo a casa, mettendolo in contenitori personali o chiedendo al ristoratore un recipiente riciclabile o compostabile senza costi aggiuntivi. Barcellona, città virtuosa Barcellonaè il capoluogo della regione Catalogna e da sempre città innovativa ed esemplare, anche in tema di sostenibilità ambientale. Anch’essa firmataria delPatto di Milano,nel2021è stata decretataCapitale Mondiale dell’Alimentazione Sostenibile, ospitando il 7° Forum Mondiale del Milan Urban Food Policy Pact sul temaCrescere la Resilienza: Cibo sostenibile per affrontare l’emergenza climatica. Parlando con Míriam González Domínguez, del Dipartimento di prevenzione ed efficienza delle risorse dell’Agenzia dei rifiuti della Catalogna, scopro cheBarcellona lavora sultema del consumo sostenibilegià da 12 anni, più o meno da quando anche Tristram Stuart, nel suo libroSprechi. Il cibo che buttiamo, che distruggiamo, che potremmo utilizzare,alzò polemica sul tema. «Barcellona possiede unaStrategia di Alimentazione Sostenibile 2030(EASB2030), all’interno della quale è inserito anche il discorso del Patto di Milano – mi dice quando la incontro a Barcellona – È unatabella di marcia condivisa per le politiche alimentaridella città ed è una strategia cittadina, partecipata e sviluppata da tutti gli agenti del sistema alimentare. La tematica dell’alimentazione sostenibile, legata a quella dello spreco alimentare, sono molto sentite in Catalogna e oltre a questa strategia ci sono moltissimi altri progetti e iniziative». Tra maggio e giugno 2022 è stata aperta una fase incentrata sulprocesso partecipativo cittadino, alla quale si può contribuire rispondendo a un questionario, unendosi a tavoli di dibattito pubblico o iscrivendosi a sessioni aperte per approfondire gli obiettivi strategici, identificati nel processo della Strategia di Alimentazione Sostenibile 2030. «Per me è importantissimo che ci sia sinergia tra gli attori di una stessa società – aggiunge Miriam – Nel 2014, la PiattaformaAprofitemElsAliments(“Beneficiamo degli alimenti”) è nata per riunire tantissimi progetti che promuovono unacultura dell’uso del cibo in Catalogna.Oltre a ciò, Barcellona ha unComité de Profit(“Comitato per la Prevenzione delle perdite e dello spreco alimentare”) formato da soggetti diversi, nato grazie a un progetto europeo chiamatoEcowaste4food. Sebbene il bando sia concluso, il comitato è ancora vivo e contribuisce alla creazione di studi e ricerca sul tema». Fundacion Espigoladors e es imperfect Laregione Catalognagenera annualmente un totale di sprechi alimentari pari a262.471 tonnellate, cioè il7% di ciò che viene acquistato dalla GDO, ristorazione o per il consumo domestico. «Inagricoltura, invece, i dati relativi alleperdite alimentari non sono ancora ben quantificati», mi dice Berta Vidal Monès, ricercatrice e dipendente dellaFundación Espigoladors, quando la incontro nel comune del Prat de LLobregat, vicino Barcellona, dove ha sede la fondazione. «Lavoravo come ricercatrice all’università, ma volevo concretizzare maggiormente la mia ricerca e per questo ho deciso di cercare una realtà che avesse bisogno di una studiosa. Soprattutto, volevo approfondire il tema delle perdite alimentari e ilmatchconEspigoladorsè stato perfetto: loro cercavano qualcuno che potesse aiutarli nella parte di ricerca, studio e sensibilizzazione». La Fundación Espigoladors nasce a Barcellona nel 2014 per limitare le perdite alimentari nei campi, tramiteazioni di raccolta delle eccedenzedai produttori eoffrire opportunità lavorativea categorie di persone a rischio. La spigolatura è una pratica antichissima, un tempo era riservata alle donne che, al termine del raccolto, si recavano nei campi coltivati aspigolareil grano, più per fame che per soluzione allo spreco, ma recuperando in ogni caso le eccedenze. In 8 anni hanno messo in piedi una rete di 115 produttori dai quali spigolare e 58 enti benefici a cui donare le eccedenze, raccolte tramite 2000 volontari. Il loro lavoro è semplice e geniale: prendono contatto con i produttori, che li avvisano quando hanno eccedenze. Attivano, quindi, la rete di volontari in base alla zona di lavoro e il giorno concordato si recano direttamente in campo. Recuperanoprodotti lasciati dopo il raccolto, che hanno difetti estetici o provengono da perdite di aziende e produttori e li portano a enti benefici che possono distribuirli ai propri beneficiari, assicurando un pasto sano a persone in situazione di vulnerabilità. «La prima volta che fui a spigolare, sebbene conoscessi l’entità dello spreco, quantificando quotidianamente su carta, fu comunque impressionante. Anche portarsi a casa un po’ di alimenti recuperati in maniera sostenibile fa un effetto diverso che acquistarli». «Amo lavorare per Espigoladors perché non ci sono solo parole, ma fatti. C’è unpotenziale di sensibilizzazione e informazioneenorme, la gente si rende davvero conto che lospreco alimentareesiste e per quali motivi», mi dice Berta, mentre mi guida verso la realtàsorelladi Espigoladors, il cui laboratorio si trova a lato dell’ufficio. Nel 2018, infatti, è nataEs Imperfect, un’impresa di inserimento lavorativo e trasformazione alimentare grazie alla quale alimenti non distribuiti da Espigoladors e altri acquistati dai produttori, che non riescono a vendere, possono avere seconda vitatrasformandosi in conserve, salse, patè e molto altro. L’azienda è gestita da personale in reinserimento lavorativo, assicurando un modello sostenibile dal punto di vistasocialeoltre che ambientale, e coordinato da Marta, la responsabile di laboratorio. «Ho lavorato tanti anni in una grande azienda come responsabile controllo qualità, ma non mi soddisfaceva perché mancava la dimensione umana. Ho iniziato a fare la volontaria con Espigoladors e proprio in quegli anni Mireia, la fondatrice, stava avviando Es Imperfect, così mi chiese di lavorare con lei. Lasciai il lavoro e iniziai questa avventura», spiega Marta mentre mi apre le porte dell’obrador, la loro officina. Quel giorno stanno facendo una crema di carciofi che ancora mi immagino sul palato e affettando mele per lacompote. «Il laboratorio è piccolo, vogliamo ingrandirci. Stiamo lavorando con600 punti vendita in tutta la Catalognaper riuscire a vendere di più, abbassando i nostri prezzi e rendendoli più competitivi, in modo da poterci permettere uno spazio più grande e contribuire ancora meglio alla lotta allo spreco». Mercabarna La fermata della metroMercabarnasi chiama esattamente come il mercato ortofrutticolo all’ingrosso della città, omercado mayor. Più che un ortomercato è unquartiere, con tanto di negozi, bar ristoranti e una farmacia.90 ettari di vendita all’ingrossodi frutta, ortaggi, fiori e pesce una parte riservata ad attività complementari, che conta di 600 compagnie che danno lavoro a oltre 7500 persone. Incontro Pau Lopez, Direttore dell’Alimentazione Sostenibile davanti agli uffici centrali, dopo essermi persa tra i grandi padiglioni animati da voci e frutta fresca. Al piano terra c’è la riproduzione in scala della “città mercato”, con tanto di camion e oggetti paesaggistici in miniatura. È lì che Pau inizia a raccontarmi come funziona l’ortomercato, mostrandomi i diversi settori. «Da trent’anni a Mercabarna si lavora di giorno e non di notte – mi dice sorridendo – Questa decisione è stata presa per favorire laconciliazione di vita privata e lavoro degli operatori. Ovviamente, tutta la città si è adeguata al cambiamento, dato che la grande distribuzione organizzata e laristorazioneacquistano il fresco qui». Mentre camminiamo all’interno dei padiglioni, tra cui anche il Biomarket più grande d’Europa (che ha uno spazio per sé), Pau mi racconta che nell’ultimo anno hanno migliorato anche il sistema dellaraccolta differenziata e gestione dei rifiuti. «Ogni operatore può buttare via fino a 400 kg di frazione organica al giorno in questi cassonetti – dice indicando dei container posti al di fuori di ogni padiglione – Si aprono con una tessera, che non funziona più se giunti al limite. Tutto l’organico viene poi riciclato quotidianamente alPunt Verd(Punto Verde), la ricicleria interna». Il progetto Foodback Di fianco al Punt Verd, su un edificio colorato di verde, spicca la scrittaFoodback. «Eccoci, qui invece abbiamo il nostro nuovo progetto di gestione delle eccedenze alimentari», spiega Pau. Foodback è stato lanciato il primo febbraio 2022 come progetto pioniere contro lo spreco alimentare in Spagna, perdare nuova vita alla materia organicafuori dal circuito di commercializzazione.Gli operatori ortofrutticoli possonoportare lì le eccedenzenon più vendibili, anziché buttarle via, reinserendole in un flusso virtuoso e sostenibile. Fuori dall’edificio c’è una enorme pesa, ove si fa la prima visualizzazione della merce: se la maggior parte dei prodotti sono considerati utilizzabili, la merce viene portata all’interno dell’edificio per una seconda cernita, fatta da dipendenti in reinserimento lavorativo. Se invece si ritiene che non sia possibile recuperare gli alimenti, gli operatori possono portarli al Punto Verde. Dentro, c’è uno spazio per iltriage, uno per stoccare i prodotti e uno dove le organizzazioni benefiche potranno venire a ritirarli. Foodback è un progetto nato dalla collaborazione tra Mercabarna,Banc Dels Aliments, Caritas, Creu Roja (Croce Rossa) eAlimenta, che si occupano della distribuzione caritativa di alimenti freschi e cucinati;Formaciò i Treballs, organizzazione che opera nel reinserimento lavorativo di categorie fragili,ASSOCOME, l’associazione commercianti di Mercabarna, il comune di Barcellona, la Generalitat de Catalunya e la Fondazione “La Caixa”. «È un esempio disinergiatra realtà molto diverse, che hanno dialogato per dar vita a questo ambizioso progetto», chiarisce Pau. Da maniaca di soluzioni allo spreco alimentarequale sono, veder funzionare progetti così ambiziosi mi dà ispirazione esperanza per il futuro, o forse anche per il presente. Di certo, il tempo e le risorse dedicate a combattere una causa così importante, nel piccolo o nel grande, non sono sprecate. Lascio Barcellona con un’euforia attribuibile allavoglia di contribuire a un cambiamentoin corso e con esempi concreti che mi dimostrano che non può non funzionare.