Ama e i netturbini: il problema siamo noi

Da una parte il lucente palazzo di Francoforte dellaBanca Centrale Europea, con quei corridoi rarefatti sui quali si affacciano le stanze dove si studiano i numeri dell’economia. È là cheChristine Lagardee ilConsiglio direttivohanno deciso che a luglio torneranno a salire i tassi e che smetteranno di comprare titoli di Stato (specie italiani),tornando a far crescere lo spread. Dall’altrale strade luride della Capitale, affollate dicassonettistracolmi e un po’ povere dinetturbini. Roma ne ha appena recuperati 200 che risultavano inabili al servizio, ma che sono guariti per miracolo appena è arrivato un controllo: i dolori cronici sono spariti e dagli uffici torneranno in strada. Alcune forze politiche, specie delcentrodestra, se la sono presa con la BCE, sostenendo che non era ancora il momento di muoversi, che avrebbe dovuto continuare a sostenere il nostro Paese. MatteoSalviniha addirittura evocato un’ipotesi di attacco speculativo contro l’Italia, simile a quello avvenuto contro la Grecia. La Grecia, già. La crisi fu gestita malissimo dall’Europa, ma giova ricordare che i mercati misero nel mirino Atene perché aveva truccato (!) i conti pubblici per anni. E dunque se volessero dare un’occhiata al perché i mercati potrebbero mettere nel mirino noi come già fecero in passato, forse dovrebbero guardare alla vicenda romana, uno dei tanti esempi di spreco didenaro pubblicoche ci hanno condotto dove siamo, con undebitoche sfiora il150% del prodotto interno lordo. I soldi buttati negli anni dalla partecipata romana deiservizi ambientali, così come quelli gettati dall’Atac(quella dei trasporti) e le decine diAmaeAtacdi tutta Italia sono solo una parte del racconto di uno Stato che ha gettato nel fuoco miliardi di risorse, mentre chiedeva ai suoi cittadini e alle sue imprese quote sempre più consistenti dei propri guadagni in forma ditasse. Per utilizzarli in parte nobilmente, per esempio nelservizio sanitario nazionaleche con tutte le sue mancanze e i suoi difetti resta tra i migliori d’Europa, in parte meno nobilmente, nei netturbini non idonei di Roma. Il problema non è la BCE, siamo noi.