Come si mangia nelle scuole?

 

I menù scolastici si adeguano ai criteri di sostenibilità. È quanto emerge dall’ultimoratingdiFoodinsider,l’osservatorio sulle mense scolastiche che ogni anno monitoralo stato della ristorazione italiana del settore. L’indagine, che hapresentatoi suoi risultati l’1 giugno presso la Camera dei deputati, si concentra sull’equilibrio della dieta, la qualità del cibo, l’impatto del servizio sull’ambiente e la trasparenza dei menu. Secondo il sondaggio realizzato dall’Osservatorio su un campione rappresentativo di circa il 30% del servizio di ristorazione delle scuole primarie sull’intero territorio nazionale, diversi menu si sono infatti adeguati aiCriteri Ambientali Minimi(CAM), i requisiti socio-ambientali in vigore dall’agosto 2020 nell’ambito delPiano per la sostenibilità ambientaledei consumi del settore della pubblica amministrazione. I menu che hanno adeguato le gare d’appalto adempiendo alle nuove disposizioni di legge, si apprende dal rapporto, hanno eliminato ilcibo processato, rimosso lemonoporzioni di plastica, introdotto un maggior numero dialimenti sostenibilie connesso le forniture aiprodotti del territorio. Tuttavia, dichiara l’Osservatorio, «è auspicabile è che si crei anche unsistema sanzionatorioaffinché l’adozione dei Criteri Ambientali Minimi non dipenda solo dalla buona volontà o dalla visione delle Amministrazioni e, soprattutto, si crei unastrategia premianteche finanzi quelle realtà che hanno un servizio mensa più sostenibile». Per questo Foodinsider propone di premiare i menu a minore impatto ambientale a partire dalla misurazione dellacarbon footprintdella dieta, direttrici su cui diversi Comuni stanno già lavorando apartiredall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Val Padana. L’Osservatorio rivela anche un generalemiglioramento della qualitàdei pasti, anche se il 42% degli insegnanti intervistati dal sondaggio valutano il servizio ancora «insufficiente». Sempre secondo gli insegnanti, inoltre, il47% dei bambini mangia meno della metà del pasto, e solo il 7% lo completa. “La percezione è che il problema degli scarsi consumi in mensa sia legato non solo alla qualità della mensa, ma sia da associare a un disagio che sta emergendo sempre più evidente di unadiffidenza verso il cibo», si legge nelle conclusioni della valutazione. Un fattore che, se non affrontato, «rischia di diventare un’ulteriore causa di obesità» o «un disturbo vero e proprio”. Significativo, infine, l’aumento deldivariotra i menu considerati virtuosi e quelli in fondo alla classifica. «Il punteggio tra il primo e l’ultimo non è mai stato così ampio», rivela l’Osservatorio, «un aspetto che si lega alla competenza di chi gestisce il servizio e all’assenza di governance delle amministrazioni sulla mensa scolastica». Tra i Comuni valutati dal rating, il 42% ha registrato un salto di qualità.In testa Fano e Parma, primi ex aequo seguiti da Cremona. MeglioAosta,ex maglia nera con una cucina a base di bastoncini di pesce, tonno, pasta e riso in bianco o al pomodoro e pizza. In ripresaRoma, che guadagna 12 posizioni puntando albiologicoe promuovendo l’acquisto dei prodotti in un raggio di 300 km. Bene ancheLecce, che «interpreta perfettamente il valore della dieta mediterranea» attraverso i piatti della gastronomia locale inclusa lapatata dolce, di cui l’agro leccese è uno dei tre presidi a livello nazionale dopo l’Agro Pontino e il Veneto. «Un modo per rilanciarla ed evitare che scompaia dai consumi e dalle produzioni locali», afferma Foodinsider, che sottolinea l’importanza di una dieta corretta in una provincia dove l’obesità infantileè più alta della media nazionale.