L’era dei consumi responsabili
Proprio ieri, qui suLa Svolta, abbiamo affrontato il tema della trasformazione del paniere diconsumo delle famiglie italianea seguito degli eventi di questi ultimi anni, così come colti dall’indagine condotta da NielsenIQ. Emerge forte un dato condiviso, che possiamo rinvenire in unamaggiore oculatezzada parte deə consumatorə italianə. e unatteggiamento conservativo, che è ricorrente in situazioni caratterizzate da elevata incertezza. Gli indici dei prezzi dei cereali e della carne, nel mese di marzo, hanno raggiunto livelli record. Ma l’incremento dei prezzi che i consumatori italiani stanno già sperimentando rischia di essere solamentel’inizio di un processoche invece deve essere fermato. Partiamo, come sempre, dai dati: prima dell’invasione russa, inUcrainaveniva prodotto il 12% delle esportazioni digrano, il 16% di quelle dimais, il 46% della produzione globale diolio di girasole. Ogni mese, 4,5 milioni di tonnellate di prodotti agricoli uscivano dai porti ucraini per raggiungere i mercati di tutto il mondo. Grano bloccato in Ucraina: rischio fame nel mondo Pochi giorni fa, il Segretario Generale delle Nazioni UniteAntónio Guterresha ricordato che siamo di fronte a un rischio potenzialmente esplosivo derivante tre fattori: lacarenza di grano e fertilizzanticausata dalla guerra, ilriscaldamento delle temperatureglobali e i problemi diapprovvigionamentocausati dalla pandemia. Con quali effetti potenziali? Primo tra tutti, il rischio di far piombare decine di milioni di persone in una condizione diinsicurezza alimentare. Secondo i dati rilasciati dalla FAO, la crisi in Ucraina rischia di costringere allafamefino a 12 milioni di persone in tutto il mondo: un terzo dei terreni agricoli dell’Ucraina potrebbe non essere coltivato (o la produzione non raccolta), con una perdita di un quinto della fornitura di grano del Paese. Con conseguenze preoccupanti:l’Ucraina fornisce cibo a 400 milioni di personee la sua impossibilità di essere presente sul mercato crea volatilità. Senza considerare le tonnellate di grano provenienti dal raccolto precedente che, secondo l’ONU, sono attualmentebloccatee che, se rilasciate, potrebbero essere distribuite, allentando la pressione sui mercati globali. Invasione, climate change, pandemia: come risolviamo? Gli effetti dell’invasione vanno poi valutati in combinato con le conseguenze derivanti dal cambiamento climatico. Uno dei risultati più allarmanti della recente serie di rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change(IPCC) è il seguente: la crisi climatica colpirà sempre più drammaticamente la sicurezza alimentare e la nutrizione in tutto il mondo. Il rapporto dell’IPCC sugli impatti climatici ha confermato che eventi estremi come inondazioni, siccità e tempeste hanno giàesposto milioni di persone a grave insicurezza alimentare e malnutrizione. Cosa dovremmo fare, a fronte di queste minacce? E chi dovrebbe agire? In primo luogo, banalmente, le istituzioni: i governi nazionali dovrebbero essere in grado didiagnosticare le sfidealla sicurezza alimentare e poi definire collettivamente unset di strategie condivise. Ma come sempre, tutti dobbiamo farci carico della nostra responsabilità individuale. a esempio,passando a un regime dietetico più sostenibile,che secondo molti studi potrebbe avere un enorme impatto globale. Un esempio? Circa un terzo dei terreni coltivati a livello mondiale viene utilizzatoper nutrire il bestiame.Greenpeace stima che la riduzione dell’8% dell’uso di cereali per l’alimentazione animale nella sola Unione Europea consentirebbe di bilanciare i deficit di produzione derivanti dall’invasione in Ucraina. La soluzione, come spesso accade, inizia quindi anche da noi e dalle nostrescelte quotidiane.