Per molti appassionati di animali nuotare al suo fianco è un sogno. In certi luoghi del mondo, come inMessico, è considerata una esperienza da fare assolutamente “once in a lifetime”, una volta nella vita per provare emozioni che fanno davvero battere il cuore. Eppure, la stessa umanità che è disposta a sborsare quattrini per tuffarsi al suo fianco, stacontribuendo allospaventosodeclinodel pesce più grande del mondo:lo squalo balena. Gigantesco, innocuo e meraviglioso, questopesceche può raggiungere anche20 metri di lunghezzanon se la passa affatto bene: il numero degli squali balenaè diminuito di oltre il 50% negli ultimi 75 annie nel 2016 la specie è entrata nella lista degli squali in via di estinzione. A differenza di altri esemplari, decimati per la pratica delfinning(il taglio delle pinne), per lasovrapesca, le catture accidentali,l’inquinamento marinoe la perdita di habitat, questo enorme pesce secondo una nuova ricerca diFreya Womersley,dottoranda in Ecologia marina dell’Università di Southampton e David Sims, professore di Ecologia marina dello stesso ateneo, sta subendo le conseguenze di un altro problema legato all’uomo,il traffico marittimo. Oggi si stima cheoltre l’80% del commercio internazionale avvenga via mare. Buona parte di quello che consumiamo si sposta dunque sulle grandi navi che solcano gli oceani seguendo rotte marittime precise, come fossero autostrade. Esattamente come avviene sulle nostre strade, in cui ogni anno vengono uccisi migliaia di animali di diverse specie, anche le navi impattano contro lecreature marine: secondo la ricerca gli squali balena, che spesso passano tempo a ridosso della superficie, sonouna delle specie più a rischio collisione. Lo studio spiega infatti che questa minaccia potrebbe essere tra le principali cause di morte per il pesce più grande del mondo che èprotetto da divieti commerciali di pesca,ma non dal possibile impatto con i trasporti marittimi. Spesso, ricordano inoltre i ricercatori,non c’è traccia di questi incidenti:se uno squalo balena viene centrato dallo scafo di una nave, il più delle volte non ha scampo efinisce nelle profondità del mare. Anche per questo è difficile, per la scienza, tenere conto di questa minaccia per la specie. Ora, grazie a un lavoro che ha coinvolto oltre 60 scienziati in 18 diversi Paesi, gli esperti sono riusciti a tracciare le dinamiche degli incidenti: attraverso il satelliteGlobal Shark Movement Projectsono stati seguiti350 squali balena dotati di tag elettronici, mappando così la loro posizione e scoprendo che spesso si trovavano lungo le rotte delle grandi navi. Addirittura, alcuni dati mostrano come il 92% dello spazio orizzontale occupato dagli squalisi sovrappone a quello delle attività delle grandi flotte.Nel Golfo del Messico, il Golfo Persico e il Mar Rosso gli esperti hanno individuato le zone con il rischio più elevato per gli squali balena, costretti a vedersela con bestioni di acciaio e ferroveloci circa 10 volte più di loro. Questo significa che pochissimi squali, quando una nave è in arrivo, riescono a evitare un impatto mortale. Al momento, chiosano gli scienziati,non esistono normative internazionali per proteggere gli squali balena dalle collisionitra navi ma la speranza è che, alla luce del nuovo studio, si intervenga a livello globale per trovare sistemi in grado di evitare gli scontri, a cominciare da regole che impongono di rallentare alle imbarcazioni o spostarsi con maggiore attenzione nelle aree dove sono più presenti squali e cetacei.
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