Chi pagherà per il clima? Ovvio: le economie più povere
Secondoun’analisicondotta dalla società di ratingS&P Global, entro il2050il cambiamento climatico potrebbe causareuna perdita del 4% del prodotto interno lordo globale.A farne le spese sarebbero in primo luogo le economie più povere. «Paesi localizzati intorno all’equatoree ipiccoli stati insularisono in genere altamente vulnerabili aicambiamenti climatici.Questi luoghi tendono a ospitare Paesi meno sviluppati con economie meno diversificate», si legge nel rapporto, secondo il quale è probabile che i Paesi a reddito medio-basso subiscano perdite del Pil in media 3,6 volte maggiori rispetto a quelli più ricchi. Ad aggravare la loro condizione c’è il fatto che i primi «spesso mancano deimezzi finanziarie dellaforza istituzionalenecessaria per rispondere a questo tipo di eventi rispetto ai Paesi ad alto e medio reddito, che possiedono una maggiore capacità di adattamento», afferma lo studio. Ad essere più colpita risultal’Asia meridionale,dove incendi, inondazioni, tempeste e innalzamento del livello del maremettono a rischio il 15% del Pilcon un’esposizione 10 volte maggiore dell’Europa, la regione in assoluto meno colpita. Al secondo posto in termini di perdita del Pil si attestanoAsia centrale, Africa subsahariana, Medio Oriente e Nord Africa(Mena). Pur registrando rischi ambientali inferiori di circa il 50%, a pesare è la minore prontezza nella risposta all’emergenza che si registra nel Mena. Entro la metà del secolo, stima il rapporto, «è probabile che l’80% dei paesi dell’Africa subsahariana abbia più di45 giorni di ondate di calore all’anno». Alcuni Paesi hanno già iniziato a pagare il prezzo del cambiamento climatico. Negli ultimi 10 anni, secondo i dati forniti dalla compagnia di assicurazioniSwiss Re, tempeste, incendi e inondazioni hanno determinato una perdita annuale corrispondente allo 0,3% del Pil globale, mentre le recentiondate di calorehanno inciso per un valore dello 0,3%-0,5% del Pil nella sola Unione Europea. L’Organizzazione meteorologica mondiale(Wmo) riferisce che negli ultimi 50 anni ogni giorno si è verificato in media undisastro ambientaleche è costato202 milioni di dollaricausando la morte di 115 persone, il 90% delle quali nei Paesi in via di sviluppo. Anche se oggi il numero di morti è diminuito di circa tre volte grazie aimigliori sistemi di allertae a unacapacità di gestione delle catastrofi più efficace, secondol’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di disastri (Undrr)la loro frequenza negli ultimi 50 anni è aumentata di quasi 5 volte, e se la tendenza continua si potrebbero raggiungere 560 disastri l’anno entro il 2030, il 40% in più rispetto al 2015.