Cimitero dei feti a Roma: niente più nomi delle madri sulle croci
Tante piccole croci bianche, sobrie, tutte insieme, con un nome, cognome, un numero e una data di decesso di un bambino mai nato.Il caso del cimitero dei feti a Romaaveva fatto il giro dell’Italia enon solo, dopo la denuncia, prima sui social e poi in tribunale, di alcunemadri che avevanotrovato i loro nomi sulle croci del cimitero Flaminio. Da adesso in poi nella Capitale verrà indicato solo un codice alfanumerico: laGiunta capitolina ha infatti approvato la proposta di modifica di 2 articolidel Regolamento di polizia cimiteriale per “adeguarlo alle necessità e alle sensibilità” legate al trattamento dei dati personali delle donne che hanno vissuto un aborto. Qualsiasi esso fosse. Una morte vissuta 2 volte contro la propria volontà.Nel settembre del 2020 le prime testimonianze, agghiaccianti, che raccontano del ritrovamento della croce senza mai aver accettato di seppellire il feto: «Le immagini si sa, sono più potenti del testo, “arrivano prima” – si legge sulprofilo Facebookdi Marta Loi in un lungo post, condiviso da oltre 10.000 utenti, sotto alla foto di una croce bianca con il suo nome – Ecco…inizio scrivendo che questa non è la mia tomba, ma è quella di mio figlio. […] Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero: “Vuole procedere lei con esequie e sepoltura? Se sì, questi sono i moduli da compilare”. Risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno». Nonostante il suo nome e cognome siano rimasti per mesi alla mercé di tutti, senza una spiegazione. Eppure,la scoperta di Marta Loi ha messo al corrente molte donnesu un Regolamento regionale inesistente che peròprevedeche “i ‘prodotti del concepimento’ dalla 20esima alla 28esima settimana oppure i ‘feti’ oltre la 28esima settimana, vengano sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della ASL”. Un “giardino degli angeli”- così viene chiamato daiCimiteri Capitolini- inaugurato il 4 gennaio 2012, “uno spazio espressamente dedicato alla sepoltura dei bambini mai nati (prodotti del concepimento o feti)”. La storia di Marta Loi come quella diFrancesca Tolino, che dopo aver abortito – si legge sullapagina Facebook- ritrova, senza aver dato alcuna autorizzazione, una croce con il proprio nome sopra, in un cimitero. Poi l’inizio della battaglia legale, non solo personale ma di tutte quelle donne che non hanno scelto di seppellire un feto morto, e la campagna “Libera di abortire”, un’iniziativa promossa da Radicali italiani per garantire, tra le altre cose,assistenza in ogni fase di un’interruzione volontaria di gravidanza. «È stato un anno e mezzo didenunce, udienze, inchieste giornalistiche nazionali e internazionaliche, come Libera di Abortire, abbiamo promosso per sostenere le centinaia di donne che dopo aver abortito a Roma hanno scoperto il loro nome su una croce cattolica al Cimitero Flaminio di Prima Porta», scrivono in unanotaGiulia Crivellini, avvocata e tesoriera di Radicali Italiani, eVittoria Loffi, responsabile della campagna Libera di Abortire. Un primo passo concreto,così hanno definito l’approvazione da parte della Giunta comunale della delibera di modifica del Regolamento della polizia cimiteriale con l’obiettivo di fermarela pratica illegale della sepoltura dei feti senza il consenso della donnae in violazione della privacy. «Abbiamo posto le armi del diritto al servizio dei diritti, anche e soprattutto di quelliriproduttivi,per ricordare che la nostra libertà di scelta non può ritrovarsi crocifissa e negata in una qualsiasi fase dell’interruzione volontaria di gravidanza. Le nostre conquiste a Roma determinerebberoun precedente chiaro per tante altre amministrazioni italianerispetto a procedure che ancora oggi diventano occasione per scorrettezze colpose o dolose nei confronti di diritti garantiti dalle leggi», ha concluso Francesca Tolino.