Così cinema e tv rappresentano la sordità

 

Larappresentazione mediaticadellasorditàfa piccoli passi in avanti: prima con il filmCODA – I segni del cuoreeTroy Kotsur, primo attore maschile sordo a vincere un Premio Oscar, poi conI Simpson. La serie, infatti, dopo 33 anni di programmazione e 722 episodi hapresentato per la prima volta un personaggio sordoche comunica con la lingua dei segni americana. PerMartina Panini, influencer, make up artist e persona con disabilità uditiva, c’è ancora molto da fare. «Secondo menon basta la premiazionedi un film o un personaggio dei Simpson. Bisogna spronare le persone, sia udenti che sordi,a partecipare alle conversazioni.Non pensare a cose tipo: “Mi sentirà? Mi capirà? Io non conosco la lingua dei segni”. Queste idee portano a una totaledisinformazioneal riguardo». Per Panini leopportunità lavorative per i sordi sono ancora troppo poche, mentre la disinformazione che aleggia attorno all’argomento è ancora tanta.«È fondamentale dimostrare, sui social e in televisione, che le persone sorde sanno fare tante cose e che possono fare tutto, anche se non hanno l’udito» spiega aLa Svolta. Nel 2020 Netflix ha mandato in ondaDeaf U, un documentario statunitense che racconta le vite di alcunistudenti dellaGallaudet University, college americano per sordi e ipoudenti. «È la storia di un gruppo di giovani che si apprestano a entrare nell’età adulta piuttosto che una trattazione sulla sordità. Ma anche unariflessione sull’identità delle persone sordee sulla loro “cultura”», si legge suRedattore sociale. Esistono altri esempi, altrifilm che parlano della sordità, alcuni dei quali raccolti daThe Deaf Soul, pagina Instagram che si occupa dellacorretta comunicazione e informazionedelle persone con disabilità uditiva. È infatti proprio tramite isocialche molte persone si attivano per raccontare cos’è la sordità: oltre The Deaf Soul e la stessa Panini, ancheIrene Fraioli, interprete della lingua dei segni italiana (LIS). «Cerco di fornire le giuste informazioni a chi non conosce la lingua dei segni», ha raccontato aLa Svolta.Lei, ragazza udente, utilizza la sua pagina persensibilizzareriguardo la disabilità uditiva, non per sostituirsi alla comunità sorda ma per dare un aiuto in più, mettendoal servizio degli utenti tutta la sua conoscenza sulla LIS. Anche lei, infatti, crede che a livello mediatico serva unmaggiore impegno: «Nel mondo del cinemanon è frequente che ci siano film o serie tvcon persone sorde o chesi affronti questo tema- ha spiegato -La sordità è invisibile, non la si vede e forse per questo chela si conosce così poco». Nella maggior parte dei casi,i mass media creano e rafforzano questi pregiudizi. «Dopo la premiazione di CODA, ho fatto fatica a trovare articoli di giornale dove venivano usati igiusti termini», ha detto Fraioli. E se sul fronte della rappresentazione mediatica della sordità bisogna fare ancora qualche passo in più, intanto tutti noi possiamoimpegnarci nel rendere i nostri contenuti social piùaccessibili: per esempio, inserendo isottotitoli(automatici o manuali) nei nostri video. E facendo sempre attenzione autilizzare le giuste parole.