Il lato oscuro dell’accoglienza
“Viviamo un’epoca in cuila relativa sicurezzache un certo dominio tecnico sulla natura dà agli uominiè ampiamente controbilanciatadai pericoli di rovine e massacri che i conflitti tra gruppi umani provocano. Se il pericolo è così grave è certo in parte dovuto alla potenza degli strumenti di distruzione che la tecnica ha messo nelle nostre mani, maquesti strumenti non si azionano da solie non è onesto voler far ricadere sulla materia inerte una situazione di cui portiamo piena responsabilità”. Cosìscriveva nel 1937 Simone Weilin “Non ricominciamo la guerra di Troia” inScritti sulla guerra. Si era a cavallo tra la fine del primo conflitto mondiale e l’inizio del secondo e l’Europa superstite contava i morti sul fronte,era luogo di rovine e macerieche la forza distruttiva di quel conflitto bellico aveva lasciato e preparava il campo a un secondo conflitto mondiale. Il senso delle parole si riattualizza in questi tragici giorni di corpi carbonizzati, di fosse comuni, di uccisioni senza scrupoli di donne e bambini, di torture sui civili in una guerra, si spera mai mondiale, la cui eco assordante di sofferenza arriva forte nelle nostre case e nei nostri cuori. La guerra èla manifestazione violenta e ferocedell’incapacità di alcuni uomini potenti, uomini appunto,di riconoscere edi rispettareuna visione diversa dalla propriae che, pertanto, deve essere dominante sulle altre attraverso la forza e la prepotenza, come scriveva la Weil. Ci sono, tuttavia, deglieffetti secondariche la guerra, che tutte le guerre, determinano sulledonnee sui bambiniche si sviluppano in maniera perversaanche nei Paesi in cui dovrebbero trovare riparo, cura, attenzione e accoglienza. Certo non si sarebbe onesti se non si valutassero con la dovuta attenzionetutti gli sforzi di accoglienzache le cittadine e i cittadini europei stanno mettendo in atto. Si iniziano a sentire, piuttosto sottovoce,le denunce di donne che arrivano in Europa e che subiscono stupri e violenzeda parte di uomini che inizialmente offrono loro accoglienza, ma che poi rivelano le loro reali intenzioni. Spesso queste donne sono accompagnate dai loro bambini e arrivano in condizioni disperate di fame e di spossatezza esperano di fuggire dalle mostruosità della guerrae si trovano dentro altre atrocità inaccettabili. Ad altre donne, invece,vengono richiesti servizi sessuali in cambio dell’ospitalità nelle case, o altre ancora vengono costrette a svolgere attività lavorativa senza remunerazione che le stesse accettano pur di avere un tetto sopra la propria testa per sé e per i propri figli. Sono stati anche accertati deicasi di sfruttamento nei posti di lavoro da parte di titolari di attività imprenditoriali, ad Anversa e in Belgio alcune donne sono statetrovate dentro una soffittadi un edificio nel quale c’era una macelleria, e hanno detto di lavorare al di sotto del salario minimo. Altre invece arrivano giàattraverso un sistema illegale di traffico di esseri che smettono di appartenere alla specie umana per quei delinquenti e diventanomerce, oggetti da vendere al mercato della prostituzione, al mercato degli organie a qualunque disgraziata bancarella del mercato illegale. Approfittare dellostato di fragilitàdi chi scappa dalla guerra. La Weil diceva che non dobbiamo temere gli ordigni prodotti dalla tecnologia, madobbiamo temere gli uomini che usano quelli ordigni contro altri esseri umanied è quel che accade sempre nei confronti delle donne nel corso di una guerra. È la disumanità che emerge in chi approfitta dello stato di necessità e di fragilità di un altro essere umano per sfruttarlo, per usarlo, per consumarlo, il lato più pericoloso che gli uomini possano mostrare e che spaventa più di un ordigno pericolosissimo, ma mai utilizzato.