Anche la moda deve essere circolare?
L’industria della modaè un settore dinamico, globale e in crescita, complice la inarrestabile diffusione del fast fashion. Ma tutti questi prodotti, una volta gettati via perché non più utilizzati, impattano sull’ambiente:meno dell’1% del materiale tessile viene riciclato. Servono quindi nuovi modelli di business per unamoda circolare(come ilsecond hando il noleggio di abiti) ma, più di tutto, serve un cambiamento radicale nelsistema di riciclo. Cobat, la più grande piattaforma di servizi per l’economia circolare in Italia, controllata dalgruppo Innovatec,leader italiano nel settore della Clean Technology, ha deciso di dare il suo contributo. Grazie al suo impegno quotidiano, Cobat garantisce sia un servizio digestione dei prodotti al fine vitache laconsulenzae laformazione per le impreseche vogliono puntare sullo sviluppo sostenibile. Tenendo a mente questi principi, è natoCobat Tessile, il nuovo consorzio italiano perla raccolta, il trattamento e l’avvio al riciclo dei prodotti tessilinon più utilizzabili. L’obiettivo è aiutare le aziende aderenti a praticare un’attività di sviluppo sostenibile con benefici per l’ambiente e per il sistema economico nazionale,riducendo gli sprechi e producendo nuove materie prime. Tutto seguendo i valori di sostenibilità, trasparenza e efficienza. Tra le proposte messe in campo, il consorzio offre servizi integrati e personalizzati riguardo la gestione ambientale, con particolare attenzione alcontrollo del fine vita dei prodotti tessili e al loro riuso. Inoltre, punta alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie per il corretto recupero delle materie prime da immettere nel mercato, al fine di ridurre i consumi idrici ed energetici. Un punto importantissimo se consideriamo che nel 2015l’industria tessile europea ha utilizzato79 miliardidi metri cubi di acqua: si stima che per fabbricare una sola maglia di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce (un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo). «La costituzione di Cobat Tessile risponde alle nuove sfide che la società si pone – ha spiegato il presidenteMaurizio Sarti- L’obiettivo è diffondere l’importanza della condivisione della conoscenza a tutti gli attori della filiera, per offrire a tutte le imprese italiane, interessate al fine vita dei prodotti tessili, servizi integratisempre piùcompetitivi e sostenibilia livelloambientale, economico e sociale». Il futuro della moda deve essere green, e lo sarà anche grazie all’approvazione da parte della Commissione Europea dellaStrategia per il Tessile Sostenibile e Circolare. Un documento necessario se consideriamo chela produzione tessile globale è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015, mentre si ipotizza che il consumo di abbigliamento e calzature aumenterà del 63% entro il 2030. «Nell’Ue il consumo dei prodotti tessili, la maggior parte dei quali importati, rappresenta oggi in media ilquarto maggiore elemento negativo che impatta sull’ambientee sui cambiamenti climatici», riporta il documento. Per avere qualche dato alla mano, si stima che ogni anno in Europa venganoscartate circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti(più o meno 11 kg per persona). Il problema è che molto spesso nella produzione tessilenon ci si focalizzasul riuso, sulla riparazione e sul riciclodei prodotti, incrementando così il commercio delfast fashion: perché, se i vestiti devono durare poco, che almeno abbiano costi bassi. Con questa nuova Strategia si ambisce a realizzareentro il 2030prodotti tessili per il mercato europeo utilizzando prevalentementefibre riciclate, privi di sostanze pericolose e realizzati nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente. Ma come? Innanzitutto con l’introduzione di requisiti obbligatori per unaprogettazione ecocompatibile, con un focus sulla durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, riciclabilità. Inoltre, attivandosi perfermare la distruzione dei capi invenduti o restituiti: la Commissione vuole infatti imporre alle aziende unobbligo di trasparenzarelativamente al numero di prodotti scartati e distrutti, e alla loro preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o l’incenerimento. Ma, più di tutto, serve creare un sistema per la raccolta e il riciclo dei prodotti tessili, così da rendere i produttori responsabili per i rifiuti che producono. A tal proposito inItaliaè stato istituito l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili dal primo gennaio 2022(in generale, per gli Stati Membri europei l’obbligo è da imporre entro il 2025). Ma il nostro Paese sembra non essere ancora pronto: mancano infatti direttive e linee guida precise da parte del Ministero della Transizione Ecologica.