Chi dice premio dice donna? Facciamo due conti…

 

«Siamo state assunte noi tre perché è stato più economico che prendere un uomo solo» hanno scherzato le comicheRegina Hall, Amy Schumer e Wanda Sykesdal palco dell’Academy Awards, la sera del 27 marzo 2022, durante la94esima edizione degli Oscar. Scherzavano, ma poi neanche troppo. Il gender pay gap non è una novità, neanche nel mondo fatato di Hollywood. Tre donne sul palco, le prime tre nella storia della cerimonia, insieme, senza co-conduttori maschili a presentare (per un attimo eh, mica per tutta la serata) l’evento più attesa dell’anno. Prima di loro solo poche, pochissime, hanno avuto lo stesso onore:Agnes Moorehead nel 1948, Claudette Colbert e Thelma Ritter negli anni ‘50,Whoopi Goldberg nel 1994e la comicaEllen DeGeneres nel 2014, che ebbe il palco tutto per sé anche sette anni prima. Non senza critiche: una volta era troppo sotto le righe, un’altra troppo sopra, tra il selfie più famoso della storia con Bradley Cooper, Julia Roberts, Meryl Streep, Brad Pitt e altri, e la pizza distribuita tra le prime file.Niente di tutto questo l’ha resacosìinteressante – e intendiamo interessante quanto un uomo -, neanche il fatto che la sua sia stata una delle edizioni più seguite del decennio. Agli Oscar 2022 c’è stato anche il debutto diSian Heder,la prima donna in 27 anni a vincereper la migliore sceneggiatura non originaleper il filmCoda, miglior pellicola della serata. Gioiamo per la vittoria di Heder e per quella della regista neozelandeseJane Campion,la terza donna nella storia degli Oscar a conquistare la statuettaper la regiaconIl potere del canee la settima nominata da quando esiste l’evento. Dal 1929, precisamente. Ma perché è ancora necessario sottolineare questi numeri? Perché bisogna guardarli, questi numeri, dato che la matematica non è un’opinione e, se lo è, quasi sicuramente è di un maschio:in 94 anni solo tre registe(Kathryn Bigelow, Chloé Zhao e Jane Campion, appunto)hanno ricevuto i voti dell’Academy– la giuria composta da oltre 9.000 membri che, dopo una serie di polemiche, oggi conta un terzo di giurate donne – e solosette per la sceneggiatura non originale(Sarah Y. Mason, Claudine West, Ruth Prawer Jhabvala, Emma Thompson, Fran Walsh e Philippa Boyens e Diana Ossana). Più in generale, dei 229 candidati individuali nominati nel 2022, solo65 sono state donne,il 28,3%, quattro punti percentuali in meno dello scorso anno.Che facciamo, ci attacchiamo alle percentuali? Sì, quando serve. E non solo nel cinema: non si tratta, infatti, dell’unico settore in cui, arrancando, conquistiamo tre premi ogni 100 anni. NeiNobelci azzardiamo a vincerne uno ogni 15 uomini.In 120 anni solo 58 donne – contro 890 colleghi – si sono portate a casa la vittoria.Nelle categorie scientifiche sono state solo 25 le assegnazioni femminili dal 1901, di cui la prima nel 1903 a Marie Sklodowska (in) Curie per la Fisica, insieme a suo marito e a un collega, e per la Chimica nel 1911 questa volta da sola. Secondo l’Istituto di Statistica dell’Unesco,meno del 30% dei ricercatori del mondo sono ricercatrici. A scrittrici, invece, come siamo messi? Per quanto l’editoria sia un settore con maggiori quantità di donne al seguito, nei premi di maggior prestigio facciamo le timide e lasciamo spazio agli uomini:il Premio Strega, per esempio, da quante donne è stato vinto? Ben undici.Più di dieci, certo, non bastano più le dita di una mano, mameno di 64,che sono i colleghi premiati con il riconoscimento dal 1947. E i premiPulitzer? Una competizione difficile da giudicare in termini di genere, perché spesso si valutano team composti da uomini e donne insieme, ma unaricercacondotta nel 2016 dallaColumbia Journalism Reviewha svelato un dato sconcertante. Sono in netta minoranza, le donne. Ma stanno guadagnando terreno.Tra il 2007 e il 2016 erano quasi la metà degli uomini! Continuando di questo passo, in questo Pianeta a maggioranza maschile,le donne conquisteranno gli stessi successi degli uomini tra 100 anni.D’altronde lo dice anche ilGlobal Gender Reportdel 2020: ci vorrà un secolo prima di arrivare alla parità tra i generi. C’è ancora tempo.