Gen Z ansiosa e depressa? È colpa degli smartphone

Gen Z ansiosa e depressa? È colpa degli smartphone

 

C’è un libro, pubblicato da poche settimane, che ha riacceso i riflettori su un tema caldo e ampiamente discusso a cui, però, sembra sempre troppo difficile mettere un punto definitivo: ilrapporto tra adolescenti e smartphone. Vuoi per i cambiamenti sociali o per quelli relazionali insiti nella società di oggi, vuoi per l’evoluzione dei mondi virtuali, che sempre più assomigliano nelle dinamiche e nelle abitudini a quelli reali, parlare dell’approccio delle nuove generazioni al mondo dell’online non è mai abbastanza facile, né scontato. Ad aprire il vaso di Pandora sul tema, negli ultimi giorni, è statoJonathan Haidt, uno psicologo socialemolto ammirato che insegna allaStern School of Businessdella New York University e che ha trascorso la carriera studiando emozioni, cultura e moralità, dedicandosi allo sviluppo del bambino e alla salute mentale dell’adolescente. Haidt ha recentemente pubblicatoThe Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood Is Causing An Epidemic of Mental Illness, un libro nel qualeindaga approfonditamente la correlazione tra l’incremento dei casi di disturbi come ansia o depressione nei giovani della generazione Z e l’aumento dell’uso di smartphone e social network. Il sociologo, tra le pagine del volume racconta quello che è successo allaGen Z, cioè quella dei ragazzi e delle ragazze nati dopo il 1995 eentrati nella fase della pubertà mentre 4 tendenze tecnologiche convergevano: prima l’arrivo dell’iPhone nel 2007; poi la continua diffusione di internet a banda larga; nel 2009 quella che Hadit definisce “l’ era dei social media iper-viralizzati”, con like, retweet e condivisioni; e infine nel 2010 l’arrivo della fotocamera frontale degli smartphone, che “ha notevolmente ampliato il numero di adolescenti che pubblicano foto e video della propria vita affinché coetanei e sconosciuti non solo possano vederli, ma anche giudicarli”. Un meccanismo che mette alla mercè di tutti la loroautostimain un momento critico dello sviluppo cognitivo e psicologico. Questa è diventata «la prima generazione nella storia ad attraversare la pubertà con un portale in tasca che li allontanava dalle persone vicine e li porta in un universo alternativo eccitante, avvincente, instabile e inadatto a bambini e adolescenti»,raccontail professore. Paradossalmente complice anche unagenitorialità iper protettiva, fatta di madri e padri che hanno spinto verso l’online i figli per proteggerli e allontanarli dai pericoli del mondo reale, privandoli di ciò di cui avevano più bisogno per superare le normali paure e ansie dell’infanzia – come la possibilità di esplorare, testare ed espandere i propri limiti, costruire amicizie strette attraverso avventure condivise e imparare come giudicare i rischi da soli – all’improvvisointere generazioni di giovani adolescenti si sono ritrovate private della socialità e delle relazionalità, con uno schermo tra le mani, in un mondo virtuale in cui passano la maggior parte del tempo libero. Hanno iniziato, così, atrascorrere molto meno tempo a giocare, parlare, toccareo anche solo stabilire un contatto visivo con amici e familiari e si sonoritirati silenziosamente dai comportamenti sociali, essenziali per lo sviluppo cognitivo umano: leragazzehanno spostato la loro vita sui social media, mentre i ragazzi si sono rintanati in videogiochi coinvolgenti, Reddit, YouTube e pornografia. Entrambi hannoperso di vista il piacere di stare insieme, sviluppare relazioni e conoscere il mondo reale. Haidt parla, a tal proposito, di un “Grande Ricablaggio dell’infanzia” di questi ragazzi, che parte dallafine dell’ “infanzia basata sul gioco”e approda sull’ascesa di un’“infanzia basata sul telefono”, che sta causando una sorta di epidemia dimalattie mentali e disturbi del comportamento:gli appartenenti alla Gen-Z sono giovani sempre più depressi, ansiosi e diffidenti.Non riescono a dormire, né a stringere amicizie o a confrontarsi con la realtà, hanno maggiori pensieri di autolesionismo e possibilità di portare a termine idee di suicidio. Non è, forse, un caso sei tassi di disturbi mentali tra gli adolescenti sono aumentati drammaticamentein molti paesi occidentali tra il 2010 e il 2015 (gli anni del passaggio dal telefono allo smartphone con connessione a internet e ai social network) e se dal 2010 al 2024 è stato registrato il145% in più di casi di depressione tra le ragazze e 161% in più tra i ragazzi, mentre sono cresciuti esponenzialmente anche i casi di disturbi mentali legati all’ansia. Cosa fareper provare a invertire la rotta e frenare l’andamento del pericoloso fenomeno? Lo psicologo suggerisce 4 regoleche, condivise dalla comunità,potrebbero portare in soli 2 anni al miglioramento sostanziale della salute mentale dei giovani: la prima è vietare l’uso degli smartphone prima del liceo, consentendo l’accesso solo a telefoni base senza funzionalità web; la seconda è vietare i social media prima dei 16 anni; la terza riguarda le scuole: tutte, dalle elementari alle superiori, dovrebbero vietare l’utilizzo del telefono, consentendo agli studenti di conservare i propri dispositivi negli armadietti; l’ultima è dare priorità al gioco nel mondo reale senza alcuna supervisione genitoriale, al fine di consentire ai ragazzi di sviluppare autonomia, indipendenza e senso di responsabilità. «I bambini hanno bisogno di gioco e di indipendenza se vogliono diventare adulti sani, felici e indipendenti», spiega Haidt.