Packaging alimentare: il dibattito sulle regole Ue è sempre più acceso

Packaging alimentare: il dibattito sulle regole Ue è sempre più acceso

 

Il Consiglio e il Parlamento Europeo, che voterà sul tema il 24 aprile, hanno trovato l’accordo sulnuovoregolamento per il packaging alimentare(Ppwr)all’inizio di marzo, camminando in equilibrio sul filo teso tra le diverse esigenze ambientali, economiche e sociali. L’obiettivo èridurre i rifiuti causati dagliimballaggirendendoli più sostenibili e garantendo al contempo i più elevati standard di gestione. Inevitabilmente il testo del provvedimento ha acceso il dibattito nel settore. La normativa indica infatti gli obiettivi dicontenuto minimo di materiale riciclato nei nuovi packaging, che saranno da rispettare dal primo gennaio 2030, anche se poi dal 2040 verranno ulteriormente aumentati. Questa quantità è calcolata in media per stabilimento e annualità: – il 30% per i sensitive packaging in Pet; – il 10% per i sensitive packaging in materiali diversi dal Pet; – il 30% per le bottiglie in plastica monouso; – il 35% per tutti gli altri imballaggi SecondoPro Food, in particolare, però il Ppwr “comporterebbe la distruzione del comparto dei produttori diimballaggi per ortofrutta: un’eccellenza italiana a livello europeo, visto che oltre il 70% degli imballaggi per ortofrutta utilizzati in tutta Europa è prodotto da aziende italiane”. Il parere di questa realtà ha un peso perché è il gruppo merceologico interno aFederazione Gomma Plastica(Confindustria), che raccoglie 14 aziende italiane produttrici di contenitori in materie plastiche destinati al confezionamento, alla distribuzione e al consumo di alimenti e bevande. In totaleimpiegano circa 4.500 addettidislocati in 29 impianti produttivi nel Belpaese e all’estero, sviluppano un fatturato di 1,5 miliardi di euro e rappresentanooltre il 70% della produzione italiana di settore(Epd imballaggi). “Il nuovo regolamento sugli imballagginon costruisce, distrugge”, tuona l’insieme di aziende associate aUnionplastin una nota ufficiale, criticando le restrizioni di immissione sul mercato previste dalPpwre gli eventuali costi che la ristorazione collettiva dovrà affrontare per adeguarsi alle norme, oltre a sostenere che ci sarà “una limitazione all’accesso sicuro ed economico a consumi alimentari di massa”. Nel mirino ci sono soprattuttoalcuni punti dell’intesa raggiunta nell’ambito delle istituzioni europee: “La messa al bando degli imballaggi per frutta e verdura non lavorate, per quantità inferiori al chilo e mezzo; la possibilità, per ogni Stato membro, di introdurre specifiche esenzioni per dimostrare necessità di salvaguardia di specifiche varietà; la possibilità, per i Paesi, di mantenere in essere ulteriori divieti, se già previsti da leggi nazionali; ma anche la possibilità, per la Commissione Europea, di aggiungere a seguire nuovi divieti”. Insomma le aziende si chiedono se gli obiettivi delle nuove regole siano, non tanto raggiungibili, ma soprattutto “sostenibili”, sottolineando il rischio che potrebbero crearsi di fatto “tante leggi nazionali per gli imballaggi” a dispetto delmercato unico. I produttori italiani di imballaggi in plastica per ortofruttadicono di aver già sviluppato un’economia circolare, con crescenti e rilevanti quote di riciclo degli articoli immessi sul mercato: “Offriamo al mercato imballaggi così all’avanguardia che in molti casi rispettano già oggi non solo i criteri delRegolamento 2023/2486- ‘Regolamento sulla Tassonomia’, che dovrebbe di suo definireattività e prodotti ‘sostenibili’-, ma anche quelli che la stessa Ppwr ha come obiettivo per il 2040 -riciclabilitàassociata a un contenuto medio di riciclato pari al 70% del peso dell’oggetto -”. Nel frattempo però, come segnala il reportEletto Prodotto dell’Anno, il 90% dei consumatori italiani ritiene comunque chei prodotti debbano essere realizzati in maniera socialmente responsabile, conun approfondito occhio di riguardo al packaginge ai processi produttivi, nell’ottica di una sempre maggiore riduzione degli sprechi.