L’Italia è il Paese più idrovoro d’Europa
Negli ultimi 20 anni, il74% dei disastri naturalirientra nelle tragiche conseguenze dellacrisi idrogeologica.È il dato d’apertura in occasione dellaGiornata Mondiale dell’Acqua, fornito dallaCommunity Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosettidurante la presentazione a Roma delLibro Bianco dell’acqua. Tra il2009e il2019, infatti, si sono registrati55.000 mortie103 milioni di persone colpite da inondazioni.In termini economici74,8 miliardi di dollari di danni. Non è un caso, infatti, che ilWorld Risk Reporttra i principali pericoli dei prossimi anni annoveri il fallimento delle iniziative volte all’adattamento climatico, gli eventi meteorologi estremi e il drastico impoverimento della biodiversità. Entro il 2050, secondo le stime, saliremo a quota 10 miliardi di abitanti e di pari passo aumenterà il consumo dell’acqua:rispetto ai 4,2 trilioni di metri cubi di adesso, ne serviranno 6. Eppure, la distribuzione del bene più prezioso della Terra non è omogenea:2,2 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 1,6 miliardi patiscono una vera e propria scarsità d’acqua. Di contro l’Italia, come già emerso in un precedente rapporto diCommunity Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti, èil Paese più idrovoro d’Europa, con oltre9 miliardi di metri cubi utilizzati ogni anno:al primo posto nel mondo per l’acqua minerale in bottiglia e al secondo per l’acqua del rubinetto. L’impiego del cosiddetto “oro blu” impatta su molti aspetti della nostra vita e rivestirà un ruolo cruciale nell’ambito dello sviluppo sostenibile. L’agricoltura, per esempio, è al primo posto tra i settori che utilizzano l’acqua (circa il54% del totale dei prelievi) el’Italia è al quarto posto in Europa per superficie dedicata all’agricoltura biologica (16%). Ma le infrastrutture non sempre consentono un adeguato approvvigionamento: nei prossimi anni sarà importante per gli agricoltori dotarsi di sistemi di irrigazione che limitino lo spreco delle risorse, per esempio tramite l’irrigazione a goccia o il riuso delle acque reflue. Un esempio virtuoso all’estero è quello dell’autorità del bacino idrografico delfiume Segura (Spagna), che ha approntato uninventario delle acque bonificateper poi assegnare i diritti di utilizzo agli agricoltori e agli altri utenti.Catalogare le risorse idriche disponibilisarebbe un passo importante per garantire un’equa distribuzione e compensare le difficoltà delle regioni dove incombe il problema della siccità. Inoltre, assicurare la qualità dell’acqua e la sua disponibilità su un determinato territoriogarantisce che anche le infrastrutture igienico-sanitarie siano sicure. Un elemento già evidenziato dall’Obiettivo 3 dell’Agenda 2030eche ha assunto a maggior ragione rilievo nel contesto dellacrisi pandemica. Rispetto alla qualità dell’acqua, la Penisola è posizionata al6° posto in Europa(dopo Lettonia, Estonia, Malta, Slovacchia e Lituania), anche se, a dire il vero, all’interno dell’Unione non varia molto da uno Stato all’altro (rimanendo invece un parametro da monitorare con attenzione per i Paesi in via di sviluppo).Chiude la classifica la Romania con un elevato tasso di mortalità legato all’acqua non sicura(pari a 0,40 morti ogni 100.000 abitanti, più del doppio della media europea) e alla bassa percentuale di acque reflue domestiche depurate in modo sicuro (48%, 34 punti percentuali al di sotto della media europea). Inoltre, quella idrica è una risorsa essenziale per la produzione di energia:il 15% dell’acqua dolce estratta viene utilizzata dal settore energetico a livello globale. L’Italia figura in 13esima posizione in Europa con 7,9 metri pro capite di rete idrica, rispetto a una media europea di 8 metri pro capite e al 14° posto, con il 31,3% di energia rinnovabile prodotta nel mix energetico complessivo, leggermente al di sotto della media europea (31,6%). In questa prospettiva, ilPNRRrappresenta un’opportunità imperdibile per la filiera dell’acqua nel Bel Paese. Secondo Valore Acqua per l’Italia, sarebbero circa7.8 miliardi di euroi fondi previsti in totale per una gestione più efficiente e sostenibile delle risorse idriche. In particolare,2,5 miliardi di eurosaranno destinati alcontenimento del rischio alluvione e idrogeologicoe2 miliardi agli investimenti in infrastrutture idriche; a seguire900 milionialladigitalizzazionee al monitoraggio delle reti di distribuzione dell’acqua,600 milioni in fognaturee depurazione,400 milioni per il ripristinoe la conservazione degli habitat marini. I fondi pubblici del PNRR da soli non sono sufficienti, ma in base alle stime di Valore Acqua, insieme ad altri investimenti pubblici e privati e a una tariffa idrica un po’ più alta, potrebbero contribuire in maniera significativa a ridurre ilWater Service Divide, il gap tra Nord e Sud nei servizi idrici, dovuto in parte a caratteristiche idrografiche, in parte alla gestione decentralizzata. Occorrerebbe infatti un maggior coordinamento delle regioni. In questo senso, sarebbe utile servirsi di un criterio di valutazione uniforme. Il cosiddettowater footprintè“l’indicatore che misura il volume totale di acqua dolce utilizzata in modo diretto e indiretto per produrre beni e servizi in tutto il loro ciclo di vita”che prende in considerazione alcuni parametri specifici e oggettivi, come la gestione efficiente della risorsa, la sostenibilità delle infrastrutture, la qualità dell’acqua, l’igiene e la sanificazione.