7 donne su 10 hanno subito molestie sul luogo di lavoro

Ilposto di lavoroè davveroun luogo sicuro per una donna? Partiamo da un quadro generale. Secondo un rapportodelParlamento Europeo, pubblicato nel maggio del 2023,il 50% delle vittime di violenza e molestiale ha sperimentate proprionell’ambiente lavorativo. E l’Italia, in particolare, come riporta ilGender Inequality Index Reportdelle Nazioni Unitedello stesso anno, da oltre un decennio èfanalino di coda dell’Europa in tema di parità di genere, segregazione lavorativa e partecipazione ai processi decisionali da parte delle donne. Battute sessiste o volgarisembrano all’ordine del giornoin ufficio. Circa 7 donne su 10 affermano di essere state vittime di molestie, cioè di aver ricevutocomplimenti, allusioni e osservazioni sul proprio aspettoche le hanno messe a disagio. Un’esperienza a cui sembrano andare incontro più spesso, e non a caso,le lavoratrici senza un partner stabileo che lavorano in aziende di piccole dimensioni, con meno di 49 dipendenti. Guarda tutte le immagini della gallery>1/3 2/3 3/3 Sono i dati che emergono dalla indagineL.E.I. (Lavoro, Equità, Inclusione) 2024,dal titoloTi Tocca, condotta daFondazione Libellulatra dicembre 2023 e gennaio 2024 su un campione di11.201 professioniste dai 18 ai 60 anni. Un report che offreuna visione a 360 gradi dell’occupazione femminile e delle condizioni lavorative delle donne in Italia. I risultati dell’indagine sono stati presentati presso la sede milanese dellanaturetech company italiana3Bee, partner ospitante e co-organizzatore dell’evento. In ufficio, contatti fisici indesiderati, avance esplicite e richieste sessuali Ad allarmare sono anche altri dati:il 40% ha subito contatti fisici indesiderati.Fondazione Libellula, che èil primo sportello nazionale che ascolta e offre sostegno gratuitamente alle lavoratrici discriminate o vittime di molestie, ha registratoun aumento dell’81% degli episodi di questo genere sul posto di lavororispetto al 2022 (anno in cui la fondazione ha svolto la stessa indagine). Inoltre,il 43% ha ricevuto avance espliciteeil 27% ha segnalato richieste, ricatti e comportamenti di natura sessualenon graditi o non sollecitati. È un quadro che trova conferme anche nell’indagine Istat del 2018e sembra peggiorare progressivamente. All’epocaun milione e 404.000 donne, tra i 15 e i 65 anni, avevano denunciato molestie e ricatti sessuali subiti nel corso della propria vita lavorativa. Il 50% delle donne cambia modo di vestire a lavoro Per evitare commenti e incontrare meno ostacoli nel fare carriera,le lavoratrici cambiano il proprio modo di vestire, eliminando dall’armadio capi d’abbigliamento considerati “femminili”. È il cosiddettopower dressing, cioè uno stile e un modo di vestire nato tra gli anni ‘70 e ‘80, che conferirebbe maggiore autorevolezza alle donne in un ambiente professionale e politico.Circa una donna su due, infatti, ammette di essersi sentitacondizionata dall’ambiente lavorativo nelle scelte in fatto di abbigliamentoe di aver cambiato stile per renderlo meno femminile: una decisione particolarmente frequente per quelle più giovani o senza una relazione stabile. Il paradosso delle donne al comando, ancora più discriminate Le donne agli apici sono davvero poche secondo il rapportoSesso è potere 2023, realizzato dalle associazioni no profitinfo.nodeseonData, che analizza larappresentanza femminile nel mondo accademico, della politica, dell’economia e dei media in Italia: sonosolo due le donne leader nelle prime 50 aziende italiane. Questo a dispetto del fatto che le donne siano di più (51,3% contro il 48,7% di uomini), generalmente più istruite degli uomini, conil 65,3% delle cittadine diplomate contro il 60,1% tra gli uominiele laureate che arrivano al 23,1%, contro il 16,8% tra gli uomini. Anche secondo i risultati pubblicati dallaConsob nel 2022 le presenze femminilisi attestano appenaal 2% dei casi tra le amministratrici delegate e al 4% tra le presidenti di aziende. Più si sale di livello, poi,più aumentano paradossalmente le discriminazioni e le molestie. L’incremento più significativo si registra soprattutto per quanto riguardale avances esplicite e indesiderate: la media complessiva del 43% sale al54% per le manager e al 64% per cento per le imprenditrici. Un balzo che potrebbe dipendere da due principali fattori: o dauna maggiore consapevolezza da parte delle professioniste che rivestono ruoli apicalidegli abusi subiti o dal fatto che più una donna occupa posizioni storicamente di appannaggio maschile più rischia di essere vittima di comportamenti che mirano a depotenziarla, sminuirla o persino oggettificarla. Il 60% di loro si sente dire che “le donne non hanno competenze da leader” e“meno competenze degli uomini”in generale. La stessa percentuale di lavoratrici subisce l’atteggiamento sessista di chi a lavoro le si rivolge non con il titolo che possiede, ma con l’appellativo di “signorina” o “signora”. Non è un caso che le donne, anche quelle con ruoli più alti, venganointerrotte quotidianamente durante le riunionie vengano ascoltate meno dai colleghi uomini: si tratta del fenomeno del “manterrupting” (da “man”, uomo e “interrupting”, interrompere). Ad alimentare questo sistema èla segregazione verticale e orizzontale: l’82% delle lavoratrici vede gli uomini crescere professionalmente più rapidamente e il 60% ha una retribuzione inferiore a quella del collega a parità di grado, responsabilità e anzianità. La metà delle donne coinvolte nel sondaggio non ha mai avuto il coraggio di chiedere un aumento di stipendio perché “se lo merito sarà l’azienda a proporlo”. Maternità e lavoro, un binomio che ancora non funziona C’è poi la questione delle mamme lavoratrici.Quasi il 70% di loro sono svantaggiate nella crescita professionale e in termini remunerativiproprio a causa della maternità (child penality). La stessa percentuale di professioniste sente allusioni e commenti rispetto alle conseguenze negative della propria eventuale maternità per l’azienda in cui lavora. Anche per questo il 50% delle professioniste non si sente libero di parlare delle proprie responsabilità familiari e di cura. 5 consigli pratici di Fondazione Libellula 1. Chiedi che vengano attuati progetti di sensibilizzazione e formazione per tutto il personale su come riconoscere gli stereotipi e le discriminazioni che abbiamo interiorizzato e su come queste possano tramutarsi in micro-aggressioni più o meno consapevoli. 2. Informati su quali sono gli strumenti a disposizione in azienda: esiste una policy anti-molestie? È stata condivisa? C’è uno sportello o una Consigliera di Fiducia da poter contattare in caso di dubbio o segnalazione? 3. Fai sentire il tuo sostegno a una neo-mamma che ritorna al lavoro dopo il congedo di maternità, fai lo stesso con un neo-papà. Proponi un’attività per supportare la genitorialità condivisa. 4. Viviti come parte attiva del cambiamento: in alcune aziende, come quelle delNetwork Libellula, è possibile ricevere una formazione specifica su queste tematiche. 5. Contatta lo SportelloL.E.I.cheFondazione Libellulaha dedicato alle lavoratrici in cerca di ascolto e orientamento per casi di discriminazioni, molestie e violenze.