Combustibili fossili: l’Ue vuole tassarli per pagare la lotta climatica

Combustibili fossili: l’Ue vuole tassarli per pagare la lotta climatica

 

Mentrele Nazioni Unitesi preparano a decidere suifinanziamenti globaliperil clima,l’Unione europeapotrebbe proporre che le imprese legate aicombustibili fossilisostengano economicamente la lotta controicambiamenti climatici, a partire dai Paesi più poveri, attraverso una tassazione. Sull’idea e sulle modalità però ci sarebbe disaccordo tra gli Stati. Il momento cruciale delle scelte si concretizzerà nel mese di novembre 2024 quando a Baku, in Azerbaigian, si terrannoi negoziati sul clima delle Nazioni Unite, con laCop29. Entro quella data i Paesi sono chiamati a stabilire un nuovo obiettivo da perseguire in termini difondi “climatici”: il nodo essenziale da discutere verte intorno a quanto denaro le potenze più ricche e industrializzate dovrebbero versare alle realtà geografiche in via di sviluppo, in modo che queste ultime possano adattarsi agli impatti delriscaldamento globale. In teoria, dal 2020, il traguardo di spesa annuale per il clima sarebbe dovuto essere di100 miliardi di dollari l’annoma non è stato raggiunto. E ora l’impegno deiPaesi ricchi dell’Onudovrebbe crescere ancora di più. Ondate dicalore,siccità, innalzamento dellivello del mare: sono alcune delle emergenze che rendono urgente un massiccio intervento di natura anche finanziaria. I 27 Paesi dell’Unione europeasarebbero quindi propensi a chiedere chel’industria del petrolio e del gascontribuisca attivamente. L’intenzione è contenuta in una bozza di dichiarazione per una riunione deiministri degli Esteri dell’Ue. Il testo del documentopotrebbe naturalmente essere modificato prima dell’approvazione prevista alla fine di marzo. Dalle righe riportate daReuters, che ha visionato la bozza in esclusiva, trapela chel’Europaintende invitare con fermezza a individuare e sfruttare ulteriorifonti di finanziamento, indicando esplicitamente a riguardo il settore deicombustibili fossili. A Baku infatti occorrerà dirimere un punto importante:il nuovo obiettivo finanziario globalepotrebbe essere raggiunto più facilmente includendo investimenti privati accanto a quelli pubblici, coinvolgendo inoltre le istituzioni internazionali. Secondol’Ocse, le esigenze reali difondi climaticida parte delle nazioni meno ricche potrebbero ammontare a 1 trilione di dollari all’anno entro il 2025. In ambienti europei si parla esplicitamente ditasse sui combustibili fossili, ma questa tipologia di misura richiederebbe un ampio sostegno nell’ambito delleNazioni Unite. Un’ipotesi analoga è emersa in occasione dell’ultimaConferenza sui cambiamenti climaticia Dubai lo scorso autunno quandoGordon Brown, ex leader ed economisti hanno inviato una lettera ai presidenti diCop28eG20per chiedere un prelievo dalle entrate dei Paesi petroliferi e contribuire così al fondoLoss & Damageper le nazioni più povere e colpite dalla crisi climatica. Si è parlato di unatassa da 25 miliardi. Un banco di prova per l’attuale proposta potrebbe essere rappresentato dai negoziati dell’Organizzazione marittima internazionale, che proseguiranno questo mese. Stati comela Cina, che ha già espresso in passato la sua contrarietà verso soluzioni simili, l’anno scorso hanno ostacolato una tassa sulle emissioni di CO2 per il trasporto marittimo.