Cinquantennità: ageing vs ageism

Uno Discuto con l’organizzatore di un festival culturale perché rilevo cheil loro panel è un manel (tutti maschi)e lui mi risponde che, anche a invitarle le donne non vengono, soprattutto quelle della mia età,è colpa della vostra generazione, dice, i trentenni come lui sono molto meglio. Due Mentre ceniamo insieme in un circolo a Milano un’amica quarantenne mi dice candidamente che deve farsi un servizio fotografico nuovo, le foto che ha e che usa di solito per il suo lavoro non le piacciono, è presa male, vedessi che capelli,sembro una cinquantenne! Tipo me? Vorrei rispondere, ma mi trattengo perché sennò magari poi ci resta male. Tre Ascolto il reel di un’influencer che si lamenta di maltrattamenti subiti da un tassista. La segnalazione è giusta e i comportamenti narrati sono scorretti quindi mi sento di stare dalla sua parte però alla fine aggiunge e poiquesto era un cinquantenne e quindi non me lo sarei mai aspettato. Cioè? Da un trentenne sì? Se l’avesse fatto un trentenne allora sarebbe andato bene? O un po’ meno male?Che mo avere cinquant’anni è un’aggravante? Quattro Leggo il libro di un’autricevicina ai temilgbtq+, anzi che parla proprio dei problemi che in quanto donna lesbica incontra a causa dei pregiudizi della gente escludente, e a un certo punto scrive: “E poi è vero, le parole sono importanti. Compagna non mi piace.Mi fa venire in mente i cinquantenni troppo vecchi per dire fidanzata, i divorziati che non intendono assolutamente risposarsi, i servizi di cronaca sui morti ammazzati”. Ecco che quindi a un certo punto tu, solo compiendo gli anni per oltre 50 volte, che è quello che tutti ci auguriamo di fare essendo l’unica alternativa al non compierli affatto, ti trovi catapultata dentro una specie di girone dei disdicevoli, perchései troppo vecchia perfino per usare una parola comune come fidanzato o fidanzata, insieme a gente amareggiata e inciprignita dall’esperienza del divorzio e ad altra gente morta ammazzata che sta sulle cronache dei giornali. E questo secondo una che è lì a riflettere sull’importanza delle parole e su come possano fare male a lei, in quanto lesbica, se categorizzata e discriminata come tale. Quindi riassumendo La discriminazione non va bene, l’esclusione mai,la comunità progressista è concorde sul fatto che l’inclusività debba riguardare tutte e tutti e non fare distinzione in base a colore della pelle, orientamento sessuale, genere, religione, Paese di provenienza, cultura di provenienza, dimensioni del corpo, altezza, caratteristiche somatiche, stato di salute dei bulbi piliferi, stato di salute mentale, colore degli occhi, capacità o meno di guidare la macchina…a meno che tu non abbia compiuto cinquant’anniperché, se per caso hai fatto quella cosa (compiere cinquant’anni) allora saltano perfino i concetti più basilari di inclusività. A quel punto non ce la si fa. Sei fuori. Off topic Dare a qualcuno delboomersignifica discriminarlo in base all’età e lo sento fare spesso anche da ragazze e ragazzi chelottano per la parità e l’accoglienza delle diversità e delle unicità.Infatti, spesso si dà del boomer a una persona proprio per dire che èescludente, arretrata, conservatrice e dalla parte del privilegio a scapito dell’equità. E può anche darsi che ci siano molte persone nate fra il dopo guerra e il 1964 (perché boomer significa quello) che hanno queste caratteristiche, ma immagino che ce ne siano anche altre che queste caratteristiche non ce le hanno, e il problema è quello di fabbricare una scatola e infilarci dentro tutti omologandoli e creando una categoria. Quello che in campagna si dice fare di tutta l’erba un fascio. E del resto categorizzare e discriminare un gruppo di persone in base a dati anagrafici per dire che sono conservatori e iniquiè un po’ come cercare di convincere qualcuno dei nostri valori non violenti prendendolo a mazzate. Dai cinquanta è tutto, direi che un po’ di lavoro da fare c’è, soprattutto nella pratica, perché sulla teoria andiamo tutti forte. Intanto un consiglio di lettura che è anche una piccola lezione di vita.Spazzolare il gattodi Jane Campbell, edizioni Blu Atlantide. Esordio letterario (nonché caso editoriale) di una scrittrice quasi ottantenne che racconta pensieri e azioni, ricordi e desideri, di personagge over-settanta. Nel futuro anch’io manderò (spero) cartoline anche dai sessanta (dai settanta, dagli ottanta) per vedere come navighiamo.