L’eco-digitale potrebbe valere 33mila miliardi entro 4 anni
Lavelocità dell’innovazione tecnologicapuò incuterepaura nei lavoratori(di oggi e di domani), che sin dai primi anni della rivoluzione industriale temono di essere sostituiti da una tecnologia molto più performante e instancabile. È un rischio che, oggettivamente, si annida sempre dietro l’angolo, ma che tuttavia non deve offuscare i numerosi vantaggi che l’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici e digitali può regalare al mondo del lavoro, specialmente in termini dirisparmio energetico. A fare il punto della situazione ci ha pensato il rapporto diThe Eco-Digital Era: The dual transition to a sustainable and digital economycurato daCapgemini Research Institute, società di consulenza informatica che fornisce soluzioni e strategie innovative digitali e tecnologiche, in collaborazione con ilDigital Value LabdelDigital Data Design InstitutediHarvard. La ricerca si è basata sulla somministrazione di interviste a1.500 dirigenti di livello seniordi oltre 1.300 grandi organizzazioni (con fatturato annuo superiore al miliardo di dollari) insieme a150 startupdello stesso valore impegnate in molteplici iniziative digitali, tutte attive in diversi settori (automotive, prodotti di consumo, banche, assicurazioni ecc.) e dislocate in 14 Paesitra Nord America, Asia-pacifico, Europa, tra cui l’Italia. Nell’intento di fare il punto sulla transizione digitale e sostenibile, il rapporto prevede che l’economia eco-digitale, composta da nuovi modelli di business fortemente digitalizzati, potrà raddoppiare il suo valore entro i prossimi 4 anni grazie a un giro d’affari pari a33.000 miliardi di dollarie notevoli implicazioni positive anche a livelloambientale. Un successo potenziale che affonda le sue radici nel lavoro e svolto dalle aziende negli ultimi 5 anni, che ha consentito di “ridurre il consumo energeticodiquasi un quartoe le emissioni di gas serra (GHG) del 21%”. Tanto che7 imprese su 10 guardano con fiducia a un futuro dove il digitale sarà determinanteper la crescita dei ricavi, ben più alti di tutti i modelli di business tradizionali Ladigitalizzazionerappresenta quindi unvalore economico, sociale e in ottica di sostenibilità, condensato nellaefficiente combinazionetra utilizzo didati, cloud, ecosistemi collaborativiinsieme a prodotti e servizi connessi che consentono alle aziende numerosi vantaggi connessi allariduzione del consumo di cartae delle relative emissioni di gas serra, grazie a un maggiore utilizzo di documenti digitali che, oltre a comprimere l’inquinamento, permettono digestire in maniera più intelligentei propri dati eottimizzare i processi produttivi, riducendo sia gli sprechi che i costi di produzione e gestione. Il tutto conferisce maggiore efficienza e produttività all’impresa digitalizzata, un capitale di valore che ne incrementa la competitività sul mercato e può aprirenuove opportunità di business. Non può mancare, inoltre, una specifica attenzione alletecnologie più innovativeche, nonostante il carattere ancora sperimentale, hanno già convinto il 48% delle imprese oggetto di indagine, che ne prevedono l’implementazione a breve. Parliamo diedge computing, un modello di elaborazione dei dati che avvienein prossimità della loro fonte, anziché in un data center centralizzato e più lontano, con benefici in termini di riduzione della latenza e maggiore affidabilità e sicurezza. E ancora labiologia sintetica, disciplina ametà stradatra l’ingegneria e la biologia molecolare, in grado di costruire nuovi sistemi biologici, la cui applicazione spazia fra diversi settori come la farmaceutica, agricoltura, chimica ed energetica. Ultima, ma non per importanza, è l’intelligenza artificiale generativa,sempre più studiata e implementata dalleaziendeper coadiuvare lo sviluppi di nuovi prodotti e servizi, ottenere analisi più accurate per le decisioni strategiche e sistemi dicustomer careintelligenti, ma anche svolgere i compiti più ripetitivi e logoranti e ottimizzare i processi produttivi. Nei prossimi 5 anni, prevede lo studio, gli investimenti rivolti a sostenere la trasformazione digitale, dallacybersecurityall’automazionedei processi aziendali incrementeranno i loro rendimentidal 4% al 14%. Uno scenario aziendale completamente rivoluzionato soprattutto in termini di competenze, dato che “quasi il40% dei dipendentitotali saràdedicato alle iniziative digitalinei prossimi 3-5 anni”, un obiettivo a cui già il 64% delle organizzazioni sta dedicando risorse, nell’intento di portare il proprio organico a nuovi livelli di conoscenze che garantiscano un uso proficuo delle nuove tecnologie. Se complessivamente il 77% delle imprese in tutto il mondo è inserita in un percorso di transizione digitale, a livello esclusivamente nazionale ben il 68% delle aziende si riconosce come molto attento a questi cambiamenti. Anche se, come evidenzia il report, nella grande torta della transizione eco-digitalel’Italia rappresenta una piccola fetta dell’1,5%, al pari dei Paesi Bassi, ma molto meglio di Spagna (1,0%), Australia (0,9%) e Svezia (0,8%). Mentre sul podio siedono rispettivamente Francia con il 3,9% di economia digitalizzata, Giappone con l’11,1% e infine gli Stati Uniti, che con il 25,8% è riuscita a produrre3,7 trilioni di dollari di gross output(ossia il valore complessivo dei beni e servizi prodotti da un’azienda o da un settore industriale in un determinato periodo di tempo), ovvero il 10,3% del prodotto interno lordo nazionale. L’economia digitaledel Sud-Est asiatico ha registrato invece un aumento delle dimensioni del 20% rispetto al 2021 e si prevede possa raggiungere i224 miliardi di dollari entro il 2025, tenendo sempre a mente che, prima della pandemia, l’Asia rappresentava il 60% dei brevetti tecnologici, in aumento rispetto al 40% rispetto ai due decenni precedenti. Nonostante il punteggio piuttosto basso anche a livello europeo (dove in base a quanto rilevato dall’indicatoreSme-Digixin tema di digitalizzazione ci posizioniamo al 19° posto su 27 Paesi dell’Unione), a dare speranza all’Italia è l’indice di potenziale crescita del 32%,segno che le aziende del Belpaese stanno già facendo progressi nell’implementazione di tecnologie eco-digitali, per le quali il75% dei leaderritiene strategico investire nell’automazione dei processi lavorativi, per poi seguire con l’educazione digitale dell’organico e implementazioni di software di intelligenza artificiale generativa. «Siamo alle porte di una nuova era di trasformazione – commenta Raffaella Santoro, managing director diCapgemini Inventin Italia – abbiamo solo iniziato a scoprire in che modo le tecnologie digitali possono dare un contributo per ottenere notevoli vantaggi a livello economico, ambientale e sociale».