World Mental Health Day: come sta la salute mentale?

 

“I bilanci sanitari devono avere un maggiore stanziamento di fondi per l’assistenza insalute mentale. In generale, i Paesi a basso-medio reddito dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 5% e i Paesi ad alto reddito ad almeno il 10% del bilancio sanitario totale”. Era il 2018 e a parlare era laLancet Commissionsulla Salute Mentale Globale e lo Sviluppo Sostenibile, in occasione del primo Summit Interministeriale Mondiale di Londra. Sono passati 5 anni e inItalia, che rientra nei Paesi ad alto reddito, laspesa pubblica per la salute mentale non raggiunge il 3%. Nel 2021, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, è stata di3,4 miliardi. Oggi, 10 ottobre, si celebra laGiornata mondiale della salute mentale (World Mental Health Day), istituita nel 1992 dalla Federazione Mondiale per la Salute Mentale(Wfmh)e riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per promuovere la consapevolezza e la difesa del benessere mentale contro lo stigma sociale. È anche un’occasione, però, per fare un bilancio. Un bilancio che, nel nostro Paese, anno dopo anno, mostracriticitàormai croniche, mentre non si riesce ad abbattere iltabùche circonda quella che per molti è ancora, semplicemente, “pazzia”. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute, diffuso nel dicembre 2022, nel 2021 c’eranopoco meno di 780.000 pazienti in carico ai centri di cura(778.737 al netto dei dati mancanti della Regione Calabria).Le donne erano il 53,6%dei casi, una percentuale invariata rispetto all’anno precedente, mentre “la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni (67,3%)”. La più alta concentrazione si ha nelleclassi d’età 45-54 anni e 55-64 anni (47,1%).Sopra i 75 anni, c’era una percentuale sensibilmente più alta nella componente femminile rispetto a quella maschile (9% contro 5,7%). Anche le principali diagnosi differivano per genere, spiega il rapporto:“i tassi relativi ai disturbi schizofrenici, ai disturbi di personalità, ai disturbi da abuso disostanze e al ritardo mentalesono maggiori nel sessomaschilerispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi”. In particolare per quanto riguarda ladepressioneil tasso degli utenti di sessofemminileera quasi doppio (43,5 per 10.000 abitanti contro il 25,6). A questo si aggiunge un cronico sottodimensionamento degli organici.Nelle strutture pubbliche lavorano 29.785 unità,a cui si aggiungono 11.949 persone che sono operative nelle strutture convenzionate. Rispetto ai dati del fabbisogno calcolato secondo gli standard minimi approvati dallaConferenza Stato-Regionia dicembre 2022,mancano oltre 13.000 medici, psicologi, educatori, infermieri e altre figure professionali. Eppure, il nostro Paese è uno di quelli in cui la situazione è piùcritica. Secondo l’indagineIpsospromossa dal GruppoAxasullasalute mentalepubblicata a marzo, che ha coinvolto un campione di30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi,l’Italia, insieme al Giappone, presenta lapiù bassa percentuale di persone che avvertono uno stato di pieno benessere mentale: solo il 18%, un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%). Rispetto al 2022, però, diminuisce anche lo stigma sull’argomento ecresce la propensione a prendersi cura della propria salute mentale: “oltre il 60% degli italiani – si legge nel rapporto – si rivolge a medici e specialisti per la diagnosi delle malattie mentali, dato in controtendenza rispetto allo scorso anno, dove l’Italia era il primo Paese europeo in classifica per numero di persone che avevano scelto la strada dell’autodiagnosi”.