Fair Internship Initiative contro gli stage Onu non retribuiti
Partire per Ginevra (o New York o Copenaghen, fra le tante) per untirocinioin una delle sediOnue lavorare per idiritti umanie la giustizia globale rappresenta un sogno professionale per molte studentesse e studenti di tutto il mondo. Sogno che si infrange davanti alla triste scoperta: le Nazioni Unitenonretribuiscono i tirocinantie solo alcune delle tante agenzie Onu offrono una borsa di studio per sostenere il periodo di stage. Ma questo risultato è frutto di una battaglia durata anni. L’organizzazione delle Nazioni Unite: agenzie, comitati e programmi La campagnaFair Internship Initiative(Fii), attiva dal 2015 per rendere più accessibili e inclusive le esperienze di tirocinio, parte dal presupposto chela pratica Onu di non pagare gli stagisti è fortemente discriminatoria. La sede principale delle Nazioni Unite (il Palazzo di Vetro) è a New York, ma tantissime delle sue sedi e agenzie si trovano a Ginevra. La “galassia Onu” è unsistema complesso e decentrato, con diverse strutture, ognuna dotata dibudgete di un certo grado diautonomia decisionale. Leagenzie specializzatesono le più autonome: possono decidere il proprio budget e hanno una propria assemblea composta da rappresentanti degli Stati membri. Tra queste, l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), l’Organizzazione per le migrazioni (Iom), l’Organizzazione per il lavoro (Ilo) e l’Unesco. Poi ci sono iprogrammie ifondi(ad esempio: l’Unhcr, l’Alto commissariato per i rifugiati, o l’Undp, il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo). Questi dipendono per il budget dal segretariato ma conservano autonomia rispetto alla gestione delle risorse umane. Infine, il Segretariato Generale delle Nazioni Unite, cioè l’assemblea composta dai Paesi membrie i comitati che le gravitano attorno e contribuiscono al suo operato. Secondo un portavoce dell’iniziativaFair Internship,contattatodaLa Svolta, «per qualsiasi campagna, è molto più facile cambiare qualcosa ai livelli di un’agenzia specializzata, rispetto al Segretariato dove tutti i Paesi Onu devono mettersi d’accordo per approvare una risoluzione». Tirocini all’Onu, gratis: una pratica discriminatoria Ognuna delle sedi Onu assume tutti gli anni un certo numero di tirocinanti: per il solo Segretariato sono circa 2.000 l’anno; per gli altri settori, la cifra variatra le 5.000 e le 7.000 persone in stage. Di solito accedono a questo tipo di esperienza, una volta superato il processo di selezione, candidati che possono permettersi di vivere circa 6 mesi in una città dove ilcosto della vita è medio-alto: New York e Ginevra sono le principali, rispettivamentela primaela terza nell’elenco delle città più care al mondo. «Quelle che partono sono spessole persone più privilegiate, provenienti da Paesi ricchi o da famiglie ricche», spiega il portavoce dell’iniziativaFii.In tanti casi sono persone che hanno frequentato le stesse università prestigiose, o appartenenti a famiglie di diplomatici e ambasciatori. Questo mantienel’ambiente elitarioeimpedisce l’accessoa chi porterebbe sul campo le stesse capacità ma è privo di mezzi. «Lo riteniamo ingiusto e per niente meritocratico – aggiungeFii- Questa battaglia è per le persone meritevoli che non abbiamo mai incontrato, perché hanno dovuto rinunciare al tirocinio a causa dei costi». La disuguaglianza si verificanell’intersezione tra classe e geografia:secondo gli ultimi rapporti del Segretariato Onu(l’unico che tiene traccia regolarmente di numero e provenienza degli stagisti), l’Asia orientale e i Paesi del Pacifico sono sottorappresentati,così come l’Africa subsahariana. L’unico Stato africano a rientrare nei primi 8 Paesi per presenza di tirocinanti è ilKenya, perché a Nairobi si trova una delle sedi e molte persone la scelgono per abbattere i costi. Secondo l’analisi diFii,quasi il 50% degli stagisti proviene da Europa, Stati Uniti e Australia;poi c’è la Cina, mentre solo il 10,5% è originario dell’Africa. A riprova della discriminazione in atto, commentaFair Internship Initiative,«Abbiamo notato che, nelle sedi che pian piano hanno cambiato approccio e offerto una retribuzione, questi dati sono cambiati». La battaglia per un tirocinio giusto, dal 2015 a oggi Fair Internship Iniziativeè una campagna partita nel 2015 a Ginevra, città dove hanno sede numerose agenzie Onu, da un gruppo di studentitirocinanti che riteneva ingiuste le condizioni di stage. «L’occasione per riunirci è stata il 1 maggio, giornata dei lavoratori, ma presto abbiamo capito che bisognava realizzare qualcosa di più strutturato e a lungo termine». A dare risonanza alla campagna e a permettere che i più alti gradi Onu ascoltassero i giovani è stato lo “scandalo della tenda”: il tirocinante australianoDavid Hydeaveva piantato una tendasulle sponde del lago di Ginevra per denunciare la situazione. OggiFiicontinua a raccogliere dati sugli stage, fa informazione per sensibilizzare l’opinione pubblica e interagisce regolarmente con i rappresentanti delle missioni permanenti a New York e Ginevra e con quelle dei singoli Stati membri. La battaglia diFiisi è poi organizzata e svolta su 2 fronti: da una parte,smuovere l’attenzione pubblicacon manifestazioni e volantinaggio; dall’altra, parlare con chi detiene il potere decisionale, duranteincontri, meeting, policy briefing,dagli staff delle risorse umane fino a dirigenti e Stati membri. Il lavoro è stato portatoai ministeri degli Stati o alle delegazioni permanenti,lì dove le agenzie erano particolarmente ostili. «Prima di tutto abbiamo cambiato la narrativa: quella dei tirocini è una questione di pari opportunità. Inoltre abbiamo voluto far capire che offrire stage senza retribuzione non era compatibile con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs)». I valori della campagna sono quindigiustizia sociale, uguaglianza, coerenza dei principi e abbattimento delle barriere. Non tutti gli interlocutori hanno risposto allo stesso modo. Come racconta il portavoce diFii,«Alcune amministrazioni sono state più comprensive di altre, per esempio inUnicefeUnhcrabbiamo trovato ascolto anche da parte dei senior manager».Al lato opposto, secondo António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite,i tirocini non dovrebbero essere retribuiti.Tra le motivazioni dei contrari, la più frequente: la grande opportunità di educazione e studio offerta; altri hanno espresso la mancanza di budget:le retribuzioni richiederebbero diversi milioni di dollari. Nel 2018 l’ispettorato delle Nazioni Unite(Jiu)aveva definitola pratica “in contrasto con i valori chiave e il mandato delle Nazioni Unite”. Era seguita unaraccomandazione per il Segretariato generale, per intraprendere una riforma del programma di tirocini che includesse una borsa di studio ai tirocinanti.Questa riforma è stata approvata a marzo 2023, ma non verrà applicata fino al 2025. I risultati della campagnaFair Internship Dopo anni di pressioni e incontri a tutti i livelli, e strategie su più fronti,oggi sono aumentate le agenzie Onu che pagano i tirocinanti. Se nel 2015 a offrire una retribuzione eranoIlo, Fao, IomeOms, oggi invece solo l’Unescoe ilSegretariato Onu, con tutti i dipartimenti a esso collegati,non pagano gli stage. In mezzo ci sono tutte le altre agenzie, programmi e fondi, condiversi gradi di retribuzione e minore o maggiore tutela: «Sì, oggi molte più agenzie pagano, mabisogna ancora alzare le borse di studio perché siano sufficienti. Non basta solo che siano pagati, ma devono essere pagati il giusto», spiega il portavoce diFiiaLa Svolta. Si passada un minimo di 450 dollari a un massimo di circa 1.000. ProprioFiiaggiorna undatabasesulle condizioni di stage: chi offre retribuzione, chi sostegno all’alloggio, chi assistenza sanitaria ecc. Verso tirocini più inclusivi: accessibilità, qualità, equità La retribuzione, comunque, è solo uno degli elementi che rende degna l’esperienza di stage.Accanto a uno stipendioadatto a pagare le spese, ci sonouna serie di diritti da non perdere di vista. «Vogliamo che la risoluzione consideri anche altri punti», spiega il portavoce. Con l’aggettivoFair, “giusto”, che dà il nome alla campagna, si vuol far capire come nei tirocini servano partecipazione e qualità. Renderli più accessibili implica, a esempio,eliminare leimplicit biasper cui si tende ad assumere sempre persone provenienti da una certa università. Ma anche monitorare la qualità, evitare mansioni irrilevanti e noiose così come il sovraccarico e lo sfruttamento. Offrire, insomma, un’esperienza stimolante e di qualità, conobiettivi formativi importanti, chiari e concordati, dove la persona coinvolta veda riconosciuto il proprio merito e il proprio valore. Anche l’inclusivitàè un tema: a oggi sono ancora pochissime le opportunità concrete perle persone con disabilità o quelle con figli a carico. E inoltre, una riforma delprocesso di selezione: «Richiediamo un processo più inclusivo su base geografica epiù trasparente, senza accesso privilegiato a chi ha contatti nell’ambiente». Ancora, si chiede unaccesso alla giustizia anche per i tirocinanti:esiste un tribunale amministrativo per chi subisce abusi, ma è rivolto al personale e gli stagisti non sono considerati tali. Infine, un occhio aitirocini a distanza: non abbattono il privilegio, ma permettono di abbassare o eliminare la retribuzione e restano inaccessibili a chi vive in Paesi dove il digital divide è ancora forte.