Pham Nhat Vuong è il nuovo Elon Musk?

 

SeleTesladi Elon Musksi sono imposte da anni ormai sul mercato finanziario, ora il settore delleauto elettricheguarda a un nuovo protagonista dalla storia straordinaria: èPham Nhat Vuong, che ha iniziato con un ristorante di noodles e oggi è miliardario, sotto i riflettori diWall Street, seduto allo stesso tavolo delle maggiori case automobilistiche al mondo. L’uomo più ricco del Vietnam nel 2017 fonda infattiVinfast, startup specializzata invetture elettriche. La quotazione alNasdaqscocca il 15 agosto 2023 dopo la fusione conSPAC Black Spade Acquisition: vivendo fasi di volatilità tra le montagne russe, il valore tocca i 190 miliardi di dollari, quadruplicando la capitalizzazione dell’esordio in borsa, doppiando colossi qualiFordeGeneral Motorse attestandosi alle calcagna di concorrenti comeToyotaeTesla, che recentemente ha dovuto gestire i problemi della sua guida automatica. Le auto elettrichediPham Nhat Vuong, già forti delle collaborazioni con grandi realtà internazionali daPininfarinaaChrevrolet, in realtà costituiscono solo una parte delle attività diVingroup, concentrato sul mercato immobiliare e su molti altri ambiti. È un impero costruito mattone su mattone dall’imprenditore, che dieci anni faForbesdefiniva il Donald Trump vietnamita, pur avendo un carattere probabilmente meno “vulcanico”. Pham, che sembra significhi “prosperità”, nasce nel 1968 nella capitaleHanoiin una famiglia abbastanza umile: la mamma vende il tè per strada e il papà è un ex pilota dell’aviazione delVietnam del Nord, finito sotto la sfera d’influenza economica dell‘Unione Sovieticadopo la guerra. Bravo in matematica, i casi del destino lo portano prima aMoscaa studiare e poi inUcraina, dove apre un ristorante con 10.000 dollari raccolti tra amici e parenti e importa noodles istantanei. Da qui cominciano i primi successi che lo porteranno a tornare a casa e a scalare l’olimpo degli affari globali. Attualmente perVinfast, controllata al 99% daPham, si parla di un obiettivo di50.000 veicolivenduti, contro i milioni commercializzati dai rivali ogni anno: dovrà dimostrare con il tempo di essere un’impresa redditizia, capace sia di accrescere i numeri della sua produzione sia di penetrare davvero nel tessuto economico americano ed europeo. Nel Vecchio Continente, intanto, si comincia a valutare l’ipotesi di applicareaccise e tasse sulle auto elettriche, perché la loro ricarica potrebbe avrebbe un peso fiscale superiore a quello deiveicoli a benzina o diesel, a meno che non si tratti di alimentazione domestica. Lo ha appena evidenziato uno studio diPromotor e Motus-e. Negli ultimi giorni il dibattito su questi aspetti si sta accendendo sempre di più perché la Norvegia, la Svizzera, l’Olanda, l’Inghilterra e adesso anche il Texas sono pronti a tassarele vetture elettricheper contrastare il calo degli introiti fiscali legato al graduale addio aimezzi a motore termico. In generale tutte queste incertezze non sembrano aiutare il mercato. Basta guardare in casa nostra. Il 46% degli italiani intervistati dall’azienda Areté vorrebbe passare aglie-vehiclesper il ridotto impatto ambientale, il 40% per il risparmio in manutenzione e consumi; i costi, però, rimangono troppo alti e così, a fronte di un grande interesse, gli acquisti diminuiscono.