L’uomo sta lasciando la sua improntaanche su una delle zone più remote, fredde e, in parte, ancora incontaminate del mondo: l’Antartide. Recenti rilevazioni ci raccontano che in questo continenteil ghiaccio marino è ormai sceso al livello più basso di sempreda quando sono iniziate le registrazioni, 40 anni fa. Di conseguenza l’Antartide è anche sempre più accessibile: alle grandi navi da crociera, alle centinaia di spedizioni di ricerca, ai turisti. Lo si raggiunge in nave o in aereoe, esattamente come si fa in qualsiasi parte del mondo,lo si inquina.Ancheinvolontariamente. Durante la stagione 2019-20 le cifre parlano di74.000 visitatori, molti di questi arrivati tramite imbarcazioni. Poi ci sono i tecnici, ricercatori, personale che raggiungano il continente bianco per studiarlo, viste le70 stazioni di ricercadisseminate fra i ghiacci.Operatori turistici e scienziatisanno bene, anche in base al trattato sull’Antartide, che sonotenuti a rimuovere tutti i rifiuti: questi vengono trasportati in aereo e smaltiti altrove. Tuttavia, come ha chiarito in un articolo il ricercatoreMatthew Harris,esperto di Scienze del clima dell’Università di Keele,tutti coloro che visitano l’Antartide inevitabilmente infatti lo inquinano, per esempio tramite il carburante usato per riscaldarsi o muoversi. Tutt’oggi, in Antartide, le fonti di “black carbon” – racconta una ricerca suNature Communications- stanno impattando sulla neve e i ghiacci: ne sono stati rilevati campioni in tutte le 28 località esaminate, in un tratto di 2.000 km di uno dei percorsi più battuti. Queste particelleinquinanti influenzano le proprietà della neve antartica, soprattutto nelle aree molto trafficate. Studi effettuati in loco hanno confermato che i livelli di inquinamento legati alle emissioni umane influenzeranno il modo in cui la neve assorbe e riflette la luce (effetto albedo),contribuendo a un ulteriore scioglimento dei ghiacci. Secondo alcune stime, nelle aree con più segni di emissioni si potrebbe causarelo scioglimento della neve superficiale fino a 23 mm ogni estate. Per Harris, «con l’aumento dell’attività umana in Antartide, aumenteranno anche gli effetti collaterali. La ricerca su questi danni reali e potenziali fornisce informazioni vitali su come potrebbero essere mitigati o evitati del tutto. Per ridurre al minimo gli impatti su fauna selvatica e ambiente,dobbiamo garantire che sia la ricerca che il turismo siano gestiti con attenzione».