L’India vuole rendere la moda (e il mondo) più sostenibile

Le misureverdiadottate da molte aziende sono attualmente oggetto di audaci strategie di branding, pubblicità e marketing per aumentare l’interesse e il coinvolgimento dei consumatori. D’altro canto, dal fenomeno delGreenwashing(il così detto ecologismo di facciata) a quello delGreen-hushing(ovvero il sottacere da parte di alcune imprese le iniziative sostenibili per evitare proprio di essere accusate di Greenwashing), i Paesi di varie parti del mondo stanno lavorando alla creazione di unquadro legislativo e normativo che tenga conto delle crescenti necessità ambientalicome parte della strategia di comunicazione di un marchio. L’International Sustainability Standards Boardil 26 giugno 2023 ha pubblicato una regolamentazione globale per combattere il fenomeno delGreenwashing, con norme che prevedono, tra l’altro, l’obbligo di divulgazione delle emissioni. Una misura voluta per contrastare il fatto che il 42% delle 4.000 aziende più importanti del mondo non fornisce i propri dati sulle emissioni di carbonio. Questo nuovo assetto normativo globale, sostenuto anche dal G20, sembra un promettente passo verso la riduzione dei rischi legati al cambiamento climatico e verso la lotta alle dichiarazioni poco trasparenti delle imprese. Mentre dunque l’Unione Europea procede con l’adozione di una legislazione che garantisca pratiche rispettose dell’ambiente, controlli e rimedi contro il greenwashing e, soprattutto, che incentivi gli investimenti finanziari in unaproduzione sostenibile, attraverso la creazione di una tassonomia che possa garantire gli standard ESG,l’India sta rafforzando le proprie politiche per raggiungere risultati similari. LaSecurities and Exchange Board of Indiaha infatti imposto, a partire dall’aprile 2022, la presentazione delBusiness Responsibility Sustainability Reportalle prime 1000 società quotate in borsa (per capitalizzazione di mercato). Il rapporto prevede ladivulgazione di obiettivi, traguardi e performance relativi alla sostenibilità, nonché di informazioni relative all’ambiente come l’uso delle risorse, la gestione dei rifiuti, le emissioni di carbonio, l’impatto sulla biodiversità, ecc. L’altro pilastro del cambiamento in atto nel Paese è rappresentato dalla recente iniziativa dell’Advertising Standards Council of India(Asci), in collaborazione con ilDepartment of Consumer Affairs, diistituire una task force per affrontare il greenwashing in vari settori, tra i quali quello dellamoda.La task forceesaminerà le normative mondiali in materiaal fine di individuare standard che siano accettabili a livello internazionale e che, pertanto, possono essere adottati anche in India. Sulla base di queste osservazioni poi è probabile che nel Paese siano emanate delle linee guida sulla sostenibilità. In attesa di una legge specifica, è importante però sottolineare cheil greenwashing è già sanzionato in India, così come in molti Paesi europei, come pratica commerciale scorretta (come previsto in India dal Consumer Protection Act del 2019). Inoltre, il codice pubblicitario dell’Asci stabilisce le linee guida per le pubblicità trasmesse ai consumatori e scoraggia le aziende dall’intraprenderne di ingannevoli. L’iniziativa ulteriore di istituire una task force si basa sulla valutazione delle questioni trattate da altre giurisdizioni, così darafforzare la protezione dei consumatori e sostenere le aziende che non praticano il greenwashing, ma che, anzi, mettono a tacere le loro iniziative ecologiche per timore di essere accusate di questa pratica. L’Indiasi è affermata comeleader mondiale nella produzione di diversi prodotti tessilicome laseta, ilcotone, lafibra multimodalee lajuta, della quale detiene quasi il 70% della produzione globale. Inoltreè la seconda più grande base di produzione integrata verticalmente dopo la Cina, il che le conferisce un significativo vantaggio competitivo, sostenuto da una forte base produttiva lungo tutta la catena del valore e da una vasta gamma di materie prime. La catena del valore comprende tessitura, filatura, confezione e lavorazione. Come se non bastasse nell’attuale era della sostenibilità, in cui l’industria tessilemanuale(che non ha impatto ambientale) sta guadagnando interesse,il 95% della produzione mondiale proviene dall’Indiae per questo si stima che il comparto indiano raggiungerà probabilmente una dimensione commerciale di 250 miliardi di dollari entro il 2025. Grazie alla politica del Paese di liberalizzazione degli investimenti diretti esteri, che consente il 100% di investimenti diretti all’estero nel settore tessile attraverso la così detta procedura automatica (che non necessita di autorizzazioni governative),negli ultimi anni l’attenzione sull’India è aumentataed essendo un Paese che contribuisce in modo significativo all’industria tessile globale, è chiaro che potrebbe fare la differenza nel comparto se le politiche più ecologiche venissero adottate e ben articolate. Oltre al quadro normativo esistente, che combatte la pubblicità ingannevole e il greenwashing, una task force che elabori un codice esaustivo sulla sostenibilità è quindi probabilmente uno strumento in grado difar crescere gli standard e le aspettative internazionalisulle questioni ambientali. In sintonia con le legislazioni dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, l’India potrebbe lavorare in modo armonioso, agevolando le imprese e spingendole verso la sostenibilità. In questo contesto l’azione sta procedendo in due direzioni: una a livello governativo e l’altra attraverso iniziative di associazioni di imprenditori e autorità di certificazione sostenute dal governo. La prima strategia da mettere in atto è quella dicreare politiche volte a classificare le attività economiche e le tecnologie tra categorie sostenibilie non sostenibili: l’obiettivo è attrarre fondi da parte di investitori che agiscono a livello globale e che sempre più spesso scelgono di investire in base all’impatto di sostenibilità di un’azienda in una lettura ESG compliant. Oltre alla genuina intenzione di rendere la produzione più sostenibile, l’India potrebbe infatti beneficiare di un quadro giuridico sulla sostenibilità articolato in modo da garantire ilrispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Questo sarebbe probabilmente utile per la sua partnership e per la crescita degli affari con l’Unione Europea, dato che la direttiva sulla Supply Chain, che obbliga a rilevare il rispetto delle norme ambientali e dei diritti umani su tutta la filiera produttiva, anche per le fasi di produzione extra Unione, sarà probabilmente implementata a breve in Europa. Con una legislazione virtuosa è molto probabile che le aziende europee possano avere rapporti preferenziali con le industrie indiane come fornitori, facilitando l’applicazione della direttiva. Sebbene il piano possa sembrare ambizioso, questo è possibile evantaggioso per tutto il mondoperché, come ha detto ilPrimo Ministro Narendra Modi«auando l’India cresce, il mondo cresce, quando l’India si riforma, il mondo cambia».