Banca mondiale: le iniziative sono davvero pro ambiente?

Nel 2016, laBanca Mondiale (BM)lanciò un allarme: in assenza di seri provvedimenti su scala globale, ilcambiamento climaticoavrebbe trascinato in uno stato dipovertàalmeno100 milioni di persone. Il 7 aprile di quell’anno, dunque, decise diutilizzare il 28% dei suoi investimentiper il piano climaticoClimate Change Action Plan. L’allora presidente Jim Yong Kim fu il primo finanziatore per i Paesi in via di sviluppo, per aiutarli in una crescita economica, ma anche per uno sviluppo sostenibile e consapevole della crisi climatica cui il Pianeta era soggetto. Le stime prevedevano cheentro il 2020 si sarebbero dovuti impiegare circa 29 miliardidi dollari l’anno, soddisfacendo parte dei100 miliardi promessi dai Paesi industrializzatia COP21, Parigi. Non avendo raggiunto gli obiettivi auspicati, nell’aprile di quest’anno il meeting primaverile a Washington DC diBanca Mondiale eFondo Monetario Internazionaleha trovato come argomento cardine l’aumento degli investimenti per contrastare la crisi climaticae sostenere uno sviluppo a basse emissioni, riducendo il debito delle economie più vulnerabili. L’obiettivo fissato èprestare fino a 50 miliardi di dollari in piùper aiutare i Paesi in via di sviluppo a raggiungere uno stato di benessere che possa essere in linea con le esigenze ambientali. «Gli Incontri di Primavera del 2023 hanno permesso cambiamenti incrementali, come laEvolution Roadmapdella Banca Mondiale; ma è necessario molto di più per ripristinare la fiducia dei Paesi vulnerabili al clima» ha dichiarato Laurence Toubiana, Ceo diEuropean Climate Foundation. Effettivamente è possibile che la BM possa perdere la fiducia delle iniziative climatiche dopo ciò che è stato scoperto dallo studio di un gruppo di ricercatori delCenter for Global Developmente delBreakthrough Instituteriguardo iprogetti climaticidella Banca. Sonopiù di 2.500 le iniziative che l’istituto di credito ha dichiarato essere utili al cambiamento climatico.Centinaia di questi sembrano averepoco a che fare con lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppoper una strada sostenibile ed ecologista. Tantissimi dei piani che sono utili per il benessere di molti Stati bisognosi di aiuti economici sono etichettati comeiniziative per l’ambiente.Lo afferma lo stesso neopresidente del gruppo Banca Mondiale,il 63enne Ajay Banga,scelto dal presidente Biden in seguito alle dimissioni anticipate di David Malpass, protetto di Trump. Dopo una lunga esperienza da dirigente nel settore privato (Nestlé, Pepsi, Citi, Mastercard, Exor) si trova a guidare la più grande impresa bancaria del mondo ed è convinto che«La lotta alla povertà e la crisi climatica sono diventate crisi intrecciate». Ogni passo nello sviluppo di questi Paesi comporta un avvicinamento dello Stato alla sostenibilità ambientale. Dal 2011 viene utilizzato un metodo che divide in percentuale gli investimenti per progetti che hanno più o meno a che fare con la causa ambientale, concedendo per alcune iniziative solo un piccolo co-beneficio. Non è chiaro, in realtà, se alcuni progetti avessero davvero collegamenti con l’ambiente e il miglioramento del clima. I Paesi in via di sviluppo hanno, oggi, bisogno ditornare a livelli di sostenibilità del debito.Come afferma Toubiana, «l’attuale architettura finanziaria internazionale non è adatta allo scopo e non dà risultati per i Paesi vulnerabili al clima e con problemi di debito. Lacorrezione delle iniquità fondamentali dell’attuale sistema inizia con lacrisi del debito.È fondamentale non sprecare lo slancio. Il Vertice per un nuovo patto di finanziamento che si terrà in giugno a Parigi deve produrre risultati concreti per quanto riguarda la riduzione del debito, i nuovi finanziamenti agevolati e le sovvenzioni, nonché la mobilitazione del settore privato».