Che cos’è il “Codice Rosso”?

Che cos’è il “Codice Rosso”?

 

Idatie le cronache continuano a dimostrarlo quotidianamente:la violenza di genere è un problema ancora enorme nella nostra società, che costa la vita e il benessere a tantissime donne ogni anno. Ma quali sono gli strumenti che la legge prevede per tutelare le vittime di violenza domestica e di genere, le donne e i minori? Dal 2019, nell’ordinamento italiano è stato introdotto il cosiddetto “Codice Rosso”, una legge pensata pervelocizzare l’iter giudiziariodi questa tipologia di reati e introdurre nuove fattispecie. Cos’è il “Codice Rosso”? “Codice Rosso” è il modo in cui è comunemente conosciuta lalegge 19 luglio 2019, n. 69(entrata in vigore il 9 agosto dello stesso anno), recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”. La legge è nata perintrodurre importanti modifiche al diritto sostanziale(Codice Penale),processuale(Codice di procedura Penale) e ad altre disposizioni normative peraumentare le tutele nei confronti delle donne e dei soggetti deboliche subiscono violenze, maltrattamenti e atti persecutori. Il “Codice rosso” interviene, quindi, su una serie direati in materia di violenza domestica e di genere, con l’obiettivo di velocizzare l’instaurazione dei procedimenti penali e accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti a protezione delle vittime: il nome “Codice rosso”, mutuato su quello deltriageospedaliero, indica infatti una sorta di “corsia preferenziale” più veloceper le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza controdonneo minori. Cosa dice la legge 19 luglio 2019, n. 69? Le modifiche introdotte dalla legge 69/2019 sono sia di carattere procedurale che relative alle misure cautelari e di prevenzione, oltre a prevedere l’introduzione di 4 nuove fattispecie di reato. È proprio larapidità dell’iter per i procedimenti di alcuni reati(come maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale) e conseguentemente una più tempestiva adozione di eventuali provvedimenti a caratterizzare le differenze in ambito procedurale, che non si limitano però a questo: anche tempi e modalità di azione di polizia giudiziaria e pubblico ministero sono ripensati per essere il più rapidi ed efficienti possibile. Lapolizia giudiziaria deve riferire immediatamente la notizia di reato(anche oralmente) al pubblico ministero, cheha 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato per sentire la vittima, un termine che può essere prorogato solamente per imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini. A essere modificata è stata anche la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, conl’obiettivo di permettere al giudice di garantirne il rispetto anche attraverso mezzi elettronicio ulteriori strumenti tecnici, come il braccialetto elettronico. Inuovi reati introdotti dal “Codice Rosso”sono: -diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti(revenge porn) -Articolo 612-ter del Codice Penale, che punisce “chiunque, dopo averle realizzate o sottratte, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. Anche chi riceve o acquisisce immagini e video e le diffonde senza consenso rischia la stessa pena. Quest’ultimaaumenta se il reato è commesso da un coniuge o un ex coniugeo da una persona che ha avuto una relazione affettiva con la vittima, se è commesso attraverso mezzi informatici o se “i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza”; -deformazionedell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso-Articolo 583 quinquies del Codice Penale, che sanziona con la reclusione da 8 a 14 anni “chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso”. Quando, per effetto del delitto in questione,si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo; – costrizione o induzione al matrimonio–Articolo 558 bis del Codice Penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile” è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori di 18 o di 14 anni e le disposizioni previste dall’articolo si applicanoanche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia“ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia”; – violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa-Articolo 387 bis del Codice Penale: la pena per la violazione delle misure restrittive è la reclusione da sei mesi a tre anni. Le modifiche della “legge Bongiorno” Del “Codice Rosso” si è tornati a parlare in seguito all’approvazione da parte del Senato, il 3 maggio 2023, delddl n. 377, più conosciuto come “Legge Bongiorno” dal nome della Senatrice leghista Giulia Bongiorno che ne è la prima firmataria e che, secondo i promotori, rafforzerebbe ulteriormente la legge 19 luglio 2019, n. 69. Il testo (che ha avuto l’ok di Palazzo Madama con 113 voti favorevoli, nessun contrario e 28 astenuti e passa ora alla Camera)prevede l’avocazione se il Pubblico Ministero non sente entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato la vittima: questo significa che il procedimento viene “avocato” (ovvero autoassunto) dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, che si sostituisce al Pm. Secondo i promotori, queste condizioni garantirebberomaggiore velocità alle indagini e maggiore tutela alle vittime. Secondo il Partito Democratico (chesi è astenuto come si astenne dalla votazione del Codice Rosso nel 2019, invece, non tutte le donne vogliono essere ascoltate entro i 3 giorni previsti e, se molte non denunciano, non lo fanno perché non vengono sentite nei tempi stabiliti ma perché hanno paura di non essere credute. «Il tema quindi non è il tempo – ha detto lasenatrice Valeria Valentedurante ildibattito al Senato-il tema è la qualità delle nostre indagini, chi le fa, con quale spirito le fa, con quale specializzazione e con quale competenza».