L’1% della popolazione mondiale detiene quasi il 50% della ricchezza globale. Le 10 persone più ricche al mondo posseggono un patrimonio superiore a quello complessivamente posseduto dai 3,5 miliardi di persone più povere. Il 10% della popolazione più riccaè responsabile di circa il 50% delle emissioni antropiche di CO2. Ogni minuto muoiono più di dieci persone al mondo a causa dell’inquinamento atmosferico, mentre ogni anno muoiono circa 13 milioni di persone per cause ambientali. Nove persone su dieci respirano aria inquinata, circa meta della popolazione mondiale non ha servizi igienici sicuri e un quarto non dispone di acqua potabile. In assenza di interventi, entro la fine di questo secolo la metà delle specie oggi esistenti sulla terra saranno estinte. Ogni giorno circa 10.000 persone muoiono di fame. Ogni anno 2 milioni di bambini muoiono di fame. Potremmo continuare a elencare altri dati. Ma non serve. Sono fin troppo evidenti i limiti dell’attuale modello di sviluppo. Le tragedie umanitarie che si susseguono drammaticamente sono frutto di questo peccato originale. Solo ricomponendo la frattura tra verità dell’essere e verità dei fini sarà possibile rimediare e invertire il corso della storia: non vi sono altre soluzioni, il pianto cederà sempre il passo all’oblio e alla rimozione. IlWorld Inequality Report 2022, sottolinea che “le disuguaglianze globali contemporanee sono vicine ai livelli dell’inizio del ventesimo secolo, quando eravamo al culmine dell’imperialismo occidentale”. Paghiamo il conto di una lunga fase storica caratterizzata dal susseguirsi di rivoluzioni industriali implementate all’insegna delle “magnifiche sorti e progressive”: fin dal loro esordio hanno ciascuna evidenziato tutti i limiti del proprio impianto fondato su modelli esponenzialmente acquisitivi e speculativi. Abbiamo perso di vista la dimensione antropologica del progresso. La conoscenza rischia di diventare sempre di più estropianesimo, fiducia cieca nell’illimitata potenza della tecnica. La conoscenza ha smesso di trasformarsi in sapere vivificante, nell’accezione spinoziana e aristotelica. Abbiamo smarrito ilsenso, lasapienza, l’entelechia, ilnous. All’uomo custode del creato si è sostituto l’uomo padrone del creato. Abbiamo dimenticato il principio delladestinazione universale dei beni(Gaudium et spesn. 71). Abbiamo consolidato un’idea volgare del diritto di proprietà, interpretato come meroius utenti et abutendipiuttosto che comepotestas procurandi et dispensandi. Abbiamo creato false ricchezze che inducono false povertà, che generano a loro volta false soluzioni e rimedi che determinano irrimediabili forme gravissime di disagio e ingiustizia sociali e ambientali. L’innovazione tecnologica e la globalizzazione hanno reso esponenziali gli effetti e le potenzialità di questa impostazione: nel bene e nel male. Le grandi sfide di transizione si ripropongo di promuovere un cambiamento di paradigma del modello di sviluppo. Purtroppo, però, l’impegno non è un unanime. E spesso, cosa ancora più grave, è declinato in maniera retorica. Vorremmo che tutto cambiasse senza cambiare niente. Non si può lavorare per il cambiamento sottomettendosi alle regole del sistema che si vuole cambiare. Non si può fare vera innovazione (ambientale, sociale, economica, etc) se l’innovazione è finanziata secondo le regole e le metriche del vigente modello di sviluppo. Non si può lavorare per produrre impatti intergenerazionali garantendo nel contempo rendimenti finanziari di breve e medio periodo. Le diverse scale di obiettivi sono irriducibili le une alle altre. Le guerre e il disordine globale degli ultimi tempi sono frutto della nostra stoltezza. È necessario un cambio di paradigma, nella visione e nell’approccio. È necessaria una ribellione teorico-pratica. È urgente ristabilire una vera e non retorica centralità dell’Umano e del Creato. È inderogabile recuperare una prospettiva autenticamente antropologica (e finanche escatologica) capace di ispirare e orientare nuovi modelli di sviluppo. Ciò esige unaintelligente ed equilibrata rottura con il passato. In fondo è anche questo il messaggio dell’ultima Esortazione Apostolica di Papa Francesco, “Laudate Deum”, in continuità e a completamento del suo magistero. L’inno di lode èriconoscimento del proprio limite e della propria responsabilità. È bello che questo messaggio arrivi nell’imminenza dell’avvio del Giubileo: c’è bisogno di una vera ripartenza del sistema economico, fondata su principi di umanità e generatività. ComeHarmonic Innovation Groupsiamo impegnati in questo cammino. Il nostro sogno è che la nostra esperienza possa evolvere in maniera definitiva nella direzione (originaria) del “progetto di comunità sostenuto da una comunità di progetto”. Il nostro sogno è di costituire l’Harmonic Alliance for a Better World:50.000 persone disponibili a sostenere le attività di questa rete di “monasteri contemporanei” all’interno dei quali il futuro potrà essere pensato e costruito al riparo dalle tensioni della quotidianità. È l’impresa privata di interesse pubblico. È la cultura delgive backapplicata alle sfide di transizione. È la tradizione mecenatica vuole promuovere impatti e rendimenti di lungo termine. È l’economia del dono e della comunione dei talenti. Dobbiamo ricominciare a essere buoni antenati. Dobbiamo salvaguardare e tramandare ilpatermunus. Dobbiamo recuperare il pensiero dei costruttori di cattedrali. Dobbiamo sostituire al motto olimpico il motto aureo. Dobbiamo costruirekhalos. Chi ci sta?
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