Recommerce? Fa bene anche all’ambiente

 

Con ogni probabilità, il 2023 sarà l’anno delrecommerce(in italiano, “ri-commercio”). Ma che cos’è ilrecommerce? Con questo termine si intende la tendenza degli ultimi anni avendere e acquistare oggetti usati, ricondizionati, rinnovati e riparati. Se il second handsta spopolando nel mondo della moda e prevede, generalmente, un passaggio da privato a privato, ilrecommercecoinvolge tutti i settori, soprattutto quello dell’elettronica, e diverse aziende si stanno muovendo per promuoverlo. Secondo la ricerca condotta daOpiniumin collaborazione conVisache ha coinvolto parte dell’Europa, sono sempre di più le persone che si avvicinano a questo tipo di commercio. SecondoVisa,il modello delrecommercesi basa sulle cosiddette 6R: rinnovo, ricarica, riparazione, rivendita, restituzione, ridistribuzione. Ilrinnovoconsente di immettere sul mercato dei prodotti rimessi totalmente a nuovo; laricaricaè ciò che avviene con un prodotto scarico, al fine di riutilizzarlo (ad es. batterie); lariparazioneconsiste nell’aggiustare un oggetto rotto, in modo tale da immetterlo nel mercato e venderlo, ovviamente a un prezzo più basso; da qui, si passa allarivendita, ovvero vendere un oggetto usato che non si utilizza più; perrestituzionesi intende il ritiro dei prodotto giunti a fine vita; e, infine, laridistribuzioneche consiste nel condividere un oggetto che avanza per donarlo a chi non lo possiede. Secondo la ricerca,l’87% degli intervistati ha preso parte ad almeno un’attività direcommerce. Il comportamento più diffuso e apprezzato è sicuramente quello della rivendita (il 45% rivende almeno 2 volte all’anno): il 25% delle piccole e medie imprese europee già offre questo tipo di servizio, mentre il 48% dichiara di volersi adeguare nel futuro. La riparazione, invece, è l’atteggiamento più diffuso nei consumatori con oltre 65 anni. ProprioVisa, per promuovere comportamenti più sostenibili, ha lanciato unapiattaforma digitalededicata alrecommerce, nata in collaborazione conEllen MacArthur Foundation.Visasottolinea che sempre più aziende e piccole medie imprese inizieranno molto presto ad adeguarsi a questo nuovo tipo di economia per 3 motivazioni principali: aumento delle vendite e dei guadagni; riduzione dei costi di spese aziendali; attrarre una nuova tipologia di cliente, in particolare la fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, quella più attenta all’impatto ambientale. Il fenomeno sta prendendo piede in tutto il Mondo, e piano piano sta arrivando anche in Italia, dove rimangono comunque sempre forti differenze a livello territoriale. Le regioni che apprezzano di più questo nuovo tipo di economia sono il Lazio, la Lombardia e la Liguria, mentre tra quelle che invece non sono ancora convinte troviamo la Basilicata, la Valle d’Aosta, la Campania e la Calabria. In Italia, secondol’Osservatorio second hand Economy 2021,nel 2021 il commercio di seconda mano ha generato ben 24 miliardi di euro, l’1,4% del Pil nazionale e il 52% degli italiani ha comprato o venduto oggetti usati, quasi 23 milioni. Complice il caro-vita, gli italiani hanno iniziato a rivedere le loro abitudini di acquisto, puntando sempre di più sul risparmio.Ma ilrecommerce, oltre a rappresentare un beneficio a livello economico,è fondamentale anche per la sostenibilità, promuovendo l’economia circolare. Infatti, tra i motivi principali che spingono i clienti verso questo tipo di shopping, oltre al risparmio, troviamo anche la questione ambientale: il 40% di coloro che decidono di rivolgersi al mercato dell’usato, lo fa per l’ambiente e la sostenibilità. In Italia, guardando al settore elettronico, la vendita di dispositivi usati e ricondizionati ha portato nel 2022 a un risparmio di 4 milioni di kg di emissioni di CO2.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *