Le università e i college americanistanno facendo profondi e costosi scavi nei propri terreni. Il motivo risiede nellogeoscambio termico, la soluzione perdecarbonizzareche sta prendendo piede negliStati Uniti. Il vantaggio di questa tecnologia è che all’occorrenza può restituire agli edifici il calore immagazzinato sotto terra, senza bruciarecombustibili fossili. Il geoscambioinfatti è come una sorta di banca che in estate accumula calore prelevandolo dagli ambienti da raffreddare, per trasformarlo in acqua che viaggia nei tubi sotterranei e che poi in inverno può essere sia riscaldata sia pompata all’interno delle strutture. Un operatore dell’impianto monitora il fabbisogno e la generazione di calore, intervenendo in tempo reale per gestire il caldo e il freddo, massimizzandol’efficienza energeticadelle strutture. È proprio quello che accadrà aPrincetondopo la trivellazione di oltre duemila pozzi e la loro attivazione entro il 2033. Per la storicauniversitànata nel 1746 si tratta di una rivoluzione: per secoli l’istituto si è scaldato con caldaie a vapore che brucianocombustibili a base di carbonio- legna, carbone, olio, gas naturale -, ora invece si servirà di sistemi più ecologici, comeelettricità e pompe di calore. L’istituto ha investito in questo progetto da diverse centinaia di milioni di dollari con l’obiettivo di smettere di immetteregas serra nell’atmosferaentro il 2046. Le stime sui costi sono ancora ipotetiche ma il rettoreChristopher Eisgruberè tranquillo perché per sistemare o sostituire le tubature vecchie di 150 anni avrebbe speso altrettanto. Secondo le previsioni, inoltre, il consumo di acqua calerà di un quinto. Nel frattempo sistemi digeoscambio o geotermiasono installati, in uso o in fase di test in almeno una decina di altri istituti. Tra questi,Cornell UniversityeColumbiaUniversitysono già attive con progetti sul campo nella zona diNew York City. I collegesono particolarmente adatti per questi impianti perché sono formati da più strutture vicine tra loro e inoltre possiedono sia lo spazio necessario per le trivellazioni sia un proprio riscaldamento autonomo. Un aspetto aggiuntivo da non sottovalutare è la disponibilità digrandi risorse iniziali per investimentisul lungo periodo, pur considerando che negli anni successivi ci sarà un certo risparmio. Sarah Fortner, direttore della sostenibilità delCarleton Collegein Minnesota, ha fatto sapere cheil geoscambio, completato nel 2021, è costato 42 milioni di dollari, ha ridotto l’uso annuale di gas naturale del 70% e ha avvicinato di 25 anni il traguardo della scuola di esserecarbon neutral: ora l’obiettivo è fissato per il 2025. Il pareggio di bilancio invece è previsto entro 18 anni. Con 3.600 pozzi, gli amministratori dellaBall State Universityvantano il più grande sistema digeoscambio, perlomeno dell’Indiana: terminato nel 2015, è costato 83 milioni di dollari ma si è già ripagato da solo, con un crollo dell’impronta di carbonio dell’istituto del 60%. Lindsey Olsen, vice presidente associata della società di ingegneria tecnicaSalas O’Brien,ha spiegato alNew York Timesche le istituzioni secolari come questi college sono disposte a investire molto denaro, a pensare a lungo termine e a considerare i benefici futuri, aggiungendo che spesso sono gli studenti a sostenere questa transizione. Chissà se potrebbe mai succedere qualcosa di simile inItalia,dove la decarbonizzazione è molto lenta.
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