La produzione di Adidas Gazelle non è etica
A un anno dalla crisi dovuta all’interruzione della collaborazione con il rapper Kanye West,Adidasè di nuovoin cima alla classifica dei brand più vendutie le suesneakersGazelle,SambaeSpezialspopolano tra giovani e influencer. A gettare ombre su questo successo nelle vendite, però, è la recenteinchiesta diFollow the Money: stando alla piattaforma di giornalismo investigativo, le celebrisneakerssarebbero prodotte incondizioni contrarie agli standard internazionali in materia di diritti umani e sostenibilità traritmi di lavoro estenuanti,deforestazionemassiva e abbattimento di decine di migliaia di animali. Era il25 ottobre 2022quandoAdidas, colosso tedesco dell’abbigliamento sportivo, dichiarava di interrompere la collaborazione con il rapperKanye Westa causa delledichiarazioni antisemite pronunciate in diverse occasioni dal musicista americano. «I commenti e le azioni compiute da Ye sono inaccettabili, odiose e pericolose» -aveva spiegato il brand in una nota- Per questo, la società ha deciso di interrompere la collaborazione con Ye con effetti immediati. Da domani, i prodottiAdidascustomizzati da Kanye non saranno più disponibili, e i finanziamenti al progettoAdidas Yeezysaranno bloccati». Adottata poco dopo anche daGapeFoot Locker,la decisione aveva suscitato scalpore tra i fan dell’artista e gli effetti non avevano tardato ad arrivare. All’indomani delle dichiarazioni,Adidasregistravaun crollo in borsa del 4%, e dalla sede del brand si annunciavanoperdite immediate di più di 250 milioni di euro($246 milioni di dollari). Cominciava così un momento di grossacrisiper il marchio tedesco, che si trovava a fronteggiare unaperdita di fatturato pari a circa il 7% del giro d’affari complessivo,dal momento che le scarpeYeezyavevano generatovendite per oltre un miliardo di euro. Dopo il divorzio da Kanye, Adidas chiudeva con unbuco di 600 milioni nei ricavi del quarto semestre del 2022, eil fatturato del per il 2023 prevedeva un calo di circa 1,2 miliardi di euro. «I numeri parlano da soli, attualmente non stiamo performando come dovremmo», aveva dichiarato il ceoBjørn Gulden. «Stiamo valutando che fare,certi che troveremo una soluzione». Soluzione che, all’improvviso, si materializza sotto le spoglie dellavecchiaGazelle, storica scarpaAdidasnellacollezione dagli anni ‘40 originariamente pensata per il calcioindoor. È lacollezioneTerracea ridar vita all’azienda: con la sua proposta dimodelli storici comeAdidas Samba,GazelleeSpezial, negli scaffali di tutto il mondo da inizio 2022, la collezione va a ruba tra sportivi efashion victimdi tutto il mondo, che ne apprezzano la vestibilità e l’ampia scelta di colori. Ametà del 2022, lasneakerviene rilanciata definitivamente dallacollaborazione con Gucci: leAdidas Gazelle x Guccispopolano tra le celebrità e influencer del calibro di Bella Hadid e Kendall Jenner vengono immortalate con le ormai celebri scarpe ai piedi, diventate anche untrend suTikTok. Inaspettatamente, Adidas si trova a doveraumentare la produzione delle scarpe sportive da 50.000 a 600.000 paia di scarpe al mesee nel quartier generale del brand si tira unsospiro di sollievo: dopo attimi di paura, il rischio dell’allora previsto crollo in borsa del 10% pare ormai scongiurato e il momento di crisi dovuto dalla separazione da Kanye West sembra un vago ricordo. È questa la storia di successo e rinascita imprenditoriale che si sarebbe potuta raccontare, parlando diAdidas, fino a pochi giorni fa. Risale infatti al16 gennaiola pubblicazione dell’inchiesta diFollow the Money, piattaforma indipendente di giornalismo investigativo, che riporta alcuni dubbi a proposito dell’eticità e delle condizioni in cui lesneakerssarebbero prodotte, gettando cosìnon pocheombre sul successo del colosso dellafashion industrymondiale. Stando a quanto riportato dal media olandese, infatti, il contesto nel quale le scarpeAdidasdi cui sopra sarebbero confezionate sarebbe di moltoin contrasto con gli standard di sostenibilità e sviluppo globalmente riconosciuti; al contrario, le scarpe sarebbero il frutto di unprocesso produttivo in cuisfruttamento dei lavoratori e deforestazionesarebbero all’ordine del giorno, divenendo parte integrante del ciclo produttivo. Stando aFollow the Money, la cui inchiestariportaledichiarazioni rilasciate da una dipendentedell’ufficio acquisti di un’azienda dellasupply chain, l’inaspettato quanto vertiginosoaumento della domanda del prodottoavrebbe messoAdidasin difficoltà nel trovare le materie prime necessarie a confezionare tutte lesneakersrichieste mensilmente dal mercato globale. Così, il brand avrebbe optato per lascelta dipelle e cuoio reperibili a basso prezzo, provenienti daimprese brasiliane tra le maggiori produttrici di carne e pelle bovina al mondo(si parla diJBS,Minerva,Viposa,VancouroseFuga Couros) al centro, ormai da anni, di accesepolemicheper la comprovata responsabilità delle stessenelladeforestazione illegale della foresta amazzonica,oltre che per le pratiche diallevamento intensivo e ilbrutale abbattimento di decine di migliaia di bovini. «A causa dell’enorme domanda diAdidas GazelleeSpezial, siamo costretti a espanderci molto rapidamente» dichiara la fonte diFollow the Money; a riprova di ciò, da un’ispezione del Ministero del lavoro brasiliano, arrivava notizia della responsabilità dei colossi dell’allevamento brasiliano coinvolti nella filiera produttiva diAdidasnellascomparsa di un’area della foresta amazzonica più grande del Belgio, con molte graviconseguenzein termini ditutela delle popolazioni indigene,salute collettivaebenessere ambientale. E l’inchiesta non finisce qui. SecondoFollow the Money, infatti, gli animali e l’ambiente non sarebbero i soli sfruttati dalla catena produttiva dellesneakers: stando alle fonti riportate dalla piattaforma il calzaturificio, a fronte di unaumento di 12 volte della produzione,non avrebbe aumentato in proporzione il numero di dipendenti della filiera, costringendo i pochi lavoratori già impiegati nell’attività produttiva- si parla circa di 7.000 impiegati -acondizioni di lavoro devastanticaratterizzate daassenza di misure di sicurezza,straordinari non retribuitiestipendi da fame. Secondo l’inchiesta, gli impiegati sarebbero costretti a orari di lavoro quasi continuativi, con un aumento esponenziale della pressione sui reparti tale dacostringerli a vivere in capanne di tronchiall’interno della proprietà. Il tutto,senza un contrattoecon una paga di 50 reais al giorno(7,5 euro). Da queste accuse,pochi giorni fa, il marchio tedesco ha preso le distanze in maniera netta: «Il nostro obiettivo è aiutare a porre fine all’inquinamento. Crediamo nel cambiamento che vogliamo, per questo ci diamo obiettivi precisi su cui concentrarci. Non sarà un’impresa semplice, ma ne varrà la pena»,si legge sul sito ufficiale diAdidasnella pagina dedicata alla Sostenibilità, mentreStefan Pursche, portavoce del brand, ha risposto così ai giornalisti diFollow the Money: «Respingiamo le accuse con forza.Adidasha istituito degli standard da rispettare nella scelta delle materie prime, e in particolare di pelle e cuoio, perché essi siano prodotti in condizioni rispettose. È dal 2006 che lavoriamo con ilLeather Working Group, e ci siamo sempre impegnati affinché i nostri prodotti fossero in linea con gli standard internazionali di diritti umani, sostenibilità e benessere animale». E davanti alla domanda a proposito di possibili violazioni: «Adidascrede fermamente nel diritto a un lavoro equo e sicuro, da rispettare lungo tutta la catena produttiva. Ogni giorno, il nostro team di 50 esperti è al lavoro per assicurare che tali standard siano applicati e rispettati in ognuno dei nostri stabilimenti. Dal 2022, il team ha passato in rassegna più di 1.200 fabbriche:se i nostri standard vengono violati, interviene il nostro meccanismo sanzionatorio, che può portare alla fine immediata della collaborazione. Se troveremo qualcosa che non va all’interno del nostro ciclo produttivo, saremo i primi a intervenire: su questo, potete stare tranquilli».