Gas, estrazioni in forte calo nell’Adriatico

Gas, estrazioni in forte calo nell’Adriatico

 

Le estrazioni nel Mar Adriatico si sono ridotte rispetto al 2021. Eppure il decreto Aiuti quater del Governo ha esteso la possibilità di attingere daigiacimenti di gas naturale: se prima bisognava andare oltre le 12 miglia dalla costa, ora il limite è sceso a 9. La misura ha rappresentato anche una risposta dell’esecutivo alle richieste delle imprese. Adesso però sono le aziende stesse a spiegare la situazione, per esempio sulle pagine deIl Sole 24 Ore. Nelle acque demaniali adriatiche c’è calma piatta, a giudicare dalle parole dei manager che vorrebberoattivare impianti di estrazione del gas. Le compagnie interessate infatti hanno già individuato zone al largo del litorale che, stando alle indicazioni date dal provvedimento, avrebbero i requisiti per ospitarefino a cinque piattaforme. Ma non arriva nessun input per avviare gli studi ingegneristici e mettere in funzione le infrastrutture. Questa è la posizione diOscar Guerra, l’Amministratore delegato diRosetti Marino, l’importante gruppo di Ravenna molto noto nel settore. L’Ad ha sottolineato che lo sblocco delle attività consentirebbe di aumentare la quota di produzione di gas nazionale, contribuendo a rendere l’Italia meno dipendente dalle importazioni estere. Intanto, nello stesso mare ma sull’altra sponda,la Croazia continua a prelevare gas. I dati dicono che, se nel 2021 le estrazioni di gas in Italiaavevano raggiunto il miliardo di metri cubi, l’anno dopo non si sono più avvicinate a questo traguardo. Il bilancio diventa ancora più chiaro allargando lo sguardo: secondo i numeri esposti daNomisma Energia, il nostro Paese auto-produce3,5 miliardi di mc di metanopur avendone a disposizione 40, di cui 6,5 sarebbero proprio nell’Adriatico. Il presidente diNomismaDavide Tabarelli ha evidenziato anche che estrarre il gas costacinque centesimi al metro quadro, mentre importarlo dieci volte di più, ed è inquinante, genera deficit e non crea nessun indotto a favore dei territori. Tra gli attori coinvolti nella questione c’èEni, a cui fa riferimento il 90% delle concessioni italiane di metano. La società ha un preciso programma di interventi e una strategia di manutenzione straordinaria che intende attuare da qui al 2027 per efficientare gli impianti: cinque di questi si trovano proprio al largo dell’Emilia Romagna e due sono nuovi pozzi da implementare nelle acque davanti all’Abruzzo e alle Marche. Dal punto di vista istituzionale, il programma italiano sulle trivelle è il cosiddetto Pitesai: ilPiano della transizione energetica sostenibile delle aree idoneeha individuato le aree dove è possibile avviare attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi. È quel piano a rendere possibili irigassificatoridi Piombino e Ravenna, oltre alle trivelle nell’Adriatico.