Le mani del Gruppo Wagner sull’oro africano

Mentre le Nazioni Unite chiedono di svolgere delle investigazioni sui crimini delGruppo Wagnernel Mali (si parla di vere e proprie stragi commesse in un villaggio con uccisioni di centinaia di persone), nella Repubblica Centrafricana, uno degli Stati più poveri del mondo, lo stesso Gruppo Wagnerprende il controllo dei giacimenti auriferi. Si tratta di ricche miniere che renderanno almeno un miliardo di dollari di profitti: profitti da utilizzare peracquistare armi e remunerare i propri mercenari. A leggere la descrizione e la rilevanza dei lavori in corso fatte dai funzionari delle Nazioni Unite, il pensiero corre alle immagini delSignore degli Anelli, alle fornaci attive giorno e notte del Mago Saruman il Bianco, volte a produrre nuove e terribili macchine da guerra in vista dello scontro finale tra il bene e il male. Immagini raccontate, ma non documentate, perché le autorità della Repubblica Centrafricanahanno vietato ai droni delle forze di pace Onu di sorvolare la zona(peraltro munita di artiglieria antiaerea), e va da sé che dove l’occhio non arriva, si può fare di tutto con buona pace per i diritti umani. Gli Occidentali non hanno certo la coscienza pulita nello sfruttamento delle risorse naturali africane, basta ricordare isoprusi e i crimini eseguiti dai belgi in Congo(allora proprietà personale di re Leopoldo II),dove gli indigeni venivano forzati a lavoraree raggiungere elevati obiettivi di raccolta eproduzione della gomma dall’albero del caucciù, sotto la minaccia concreta di amputazioni di mani, piedi o mammelle sui lavoratori e i loro figli. Si trattò di milioni di persone, scandalo che ebbe fine solo dopo la coraggiosa opera dellafotografa Alice Seeley Harriscon il marito John Harris, due missionari inglesi che documentarono al mondo intero cosa stava accadendo nel 1904: quattro anni dopo Leopoldo II fece bruciare i suoi archivi per distruggere le prove delle atrocità commesse e ci vollero ben 8 giorni. Tornando all’oro africano, il Gruppo Wagner non è attivo solo nella Repubblica Centrafricana, maanche nel confinante Sudan, dove la notizia delle stragi compiute è della scorsa estate, e in altri Paesi quali il summenzionato Mali. Ma come può accadere ancora ciò in questo secolo? Il dramma dell’Africa è che spesso i confini, tracciati dalle potenze coloniali, raggruppano etnie diverse e spesso in contrasto tra loro. Ilradicalismo religioso, non solo quello islamico ma anche quello di molte sette cristiane che spesso assumono posizioni intransigenti nei confronti di qualsiasi diversità, conduce aesacerbare i contrasti. Basta quindi che uno dei gruppi etnici giunga al potere, perché provi,in assenza di adeguati meccanismi democratici o di forze di pace, a mantenere il potere, contrastando i movimenti guerriglieri delle fazioni avverse, attraverso l’uso di truppe mercenarie. In questo, il Gruppo Wagner dimostra delle capacità che forze di pace non possono assicurare. I mercenari hanno infatti una profondità e libertà di azione che nessun altro potrebbe permettersi, salvo la menda che essi vanno pagati. Da qui l’occupazione delle miniereche consentono anche di aiutare la Russiaa superare le ristrettezze legate alle sanzioni economiche.L’uso del terroresi presta inoltre a causare nuove migrazioni che vedono il naturale sbocco in Europa, con effetti di destabilizzazione, in quel più largo scacchiere che ormai vede l’Occidente di nuovo in contrasto con l’Oriente. Così ancora una volta, in Africa, non solo i diritti sono violati ma addirittura sono del tutto negati e forse mai nati. E ben si possono comprendere le parole pronunciate da Papa Francesco a Kinshasa pochi giorni fa: giù le mani dall’Africa!