Jessica Watsonè nota per essere stata la più giovane velista ad aver completato ilgiro del mondo senza scalo e in solitario. Nata in Australia nel 1993, completò la sua straordinaria impresanel 2010 a soli 16 anni, navigando a bordo del suoElla’s Pink Lady, Sparkman & Stephens 34di 10,23 metri, oggi conservato presso ilQueensland Maritime Museum. Appassionata di viaggi e avventure, Watson aveva iniziato anavigare avelaa soli 8 anni.Dopo aver completato la scuola e aver divorato tutta la letteratura di mare, l’intrepida velista, supportata da genitori accondiscendenti, decise di dedicarsi a tempo pieno alla preparazione del suo giro del mondo. Ma contro il parere negativo di Phil Jones – Presidente della federazione della Vela australiana – dell’Australian Childhood Foundatione buona parte dell’opinione pubblica internazionale, che ritenevano la sua impresa quanto meno un azzardo. Così, dopo l’acquisto e la preparazione diElla’s Pink Lady,Watsonmollò gli ormeggi il 29 novembre del 2008dal porto di Sydney per tornarci dopo 210 giorni. Nel corso di questa straordinaria avventura, compiuta lungo una rotta di oltre 23.000 miglia – lasciando a sinistra Capo Horn, Città del Capo e Cape Leeuwin – la sua barca ha subito7 ribaltamentie affrontatoonde di oltre 20 metri. Un’impresa storica che, a dispetto della mancata ratifica diWorld Sailing Speed Record Council, l’organismo che ratifica i primati effettuati in barca a vela – l’exploit di Watson è infatti legato alla giovane età e non alla velocità con cui ha completato il periplo del globo – l’ha portata nel 2011 a essere nominataGiovane australiana dell’annoe a entrare più che meritatamente nel gotha deigrandi navigatorioceanici. Malgrado la sua dislessia, la velista ha scritto2 best sellerdi cui il primo -True Spirit- ha ispirato l’omonimo film, disponibile su Netflix dal 26 gennaio. Il lungometraggio, diretto dall’australiana Sarah Spillane, passa il messaggio che «non bisogna essere speciali per raggiungere un obiettivo, bastatrovare un sogno da inseguire,crederci e lottare», come ha dichiarato Watson stessa una volta raggiunto il traguardo. Ma, sotto il profilo meramente nautico, non appaga l’appassionato.Troppi elementi vengono lasciati al caso: non c’è approfondimento su preparativi, dotazioni, rotta, distanze, manovre, strategia, vita di bordo; non vengono neppure indicati modello e lunghezza della barca! Il giro delmondodurato 7 mesi, è condensato in circa mezz’ora di montaggio,con sporadici focus sui risvolti emozionali e pochi – troppo pochi – fatti. Senza contare diversierrori concettualie artifici che non sembrano trovare riscontro nella realtà, come la cintura di sicurezza stretta in vita – tipo quelle in uso sugli aerei – in cuccetta al posto dei comuni teli antirollio, o i sistemi di tracciamento di bordo che avrebbero consentito ai genitori di rilevare dal pc di casa che la barca, dopo un capitombolo al largo delle coste della Tasmania, si trovava 4 metri al di sotto del livello del mare. Tutto ciò è l’ennesima dimostrazione che nel grande schermo – in questo caso neanche tanto, visto che si tratta di un film per la tv -la navigazione a vela non trova spazio se non come dimensione per raccontare altro. Le scene migliori? Nei titoli di coda, con la vera Watson rappresentata in alcune immagini di repertorio, da lei stessa realizzate nel corso del suo straordinario periplo del globo. Per approfondire, visitaBolina.it
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