Gli outift di gala possono essere sostenibili?

Gli outift di gala possono essere sostenibili?

 

Più a lungo un capo viene utilizzato,minore è il suo impatto sull’ambiente: in questo modo infatti non deve essere smaltito e, in un certo senso,si giustificano le emissioni di CO2 prodotte e i consumidi acqua ed energia necessari a realizzarlo. Questo molto spesso si traduce nellamoda vintage o nella sharing economy, l’economia della condivisione dei beni, ma queste soluzioninon sembrano sposarsi alla logica delle grandi occasioni. Soprattutto per le star del cinema, leinfluencere le grandi celebritàsembra vigere una regola che obbliga a indossare ai gala abiti sempre nuovi.Gli eventi, del resto, sono occasioni per designer e stilisti di mostrale le loro creazioni. Anche in questo campo peròsi sta diffondendo un’attenzione nuova alla sostenibilità. Noleggio esecond handdi lusso stanno lentamente conquistando i red carpet e coinvolgono anche i grandi brand comeGucci, Valentino, Louis Vuitton o Jean Paul Gautier. Cate Blanchett, quando è stata nominata Presidente della giuria del Festival del cinema di Venezia nel 2020, ha deciso diindossare solo abiti che già aveva nel suo armadio, nonostante fosse sotto i riflettori di tutto il mondo. La scelta dell’attrice non è rimasta però isolata. AlMet Gala 2022, la mostra annuale di moda del Costume Institute tenutasi a New York lo scorso maggio,Louis Vuittonha vestito i suoi modelli in pezzi vintage. Alla cerimonia degli Earthshot Prize 2022 a Boston, ancheKate Middleton,Principessa del Galles, è apparsaun abito verde brillante noleggiato daSolace London. Lo ha trovato tramiteHurr,un sito britannico che si occupa di moda circolaree che, insieme ai suoi concorrenti, sembra essere la nuova frontiera per ridurre l’impatto dei vestiti di gala sul clima sull’ambiente. Queste piattaformesemplificano le procedure per il noleggio e la rivenditadegli indumenti eleganti, permettendo anche di provarli. Leemissioni per lapulizia e il trasporto, se pur non trascurabili, sono comunque inferiori a quelle prodotte per i capi nuovi, soprattutto se indossati poche volte. Per avere il vintage dei grandi brand non serve più andare fisicamente a New York o Los Angeles, in catene comeAlbright Fashion Library, basta cercare su internetRealRealeReSeeoRent the RunwayeNuulyRent, per le plus size. E anche in Italia sempre più e-commerce offronoopzioni di sharing economy. Ma anche grandi marchi comeGucci, Valentino o Jean Paul Gautierhanno lanciato piattaforme e boutique per il noleggioe la rivendita dei loro modelli storici. Secondoreport diBoston Consulting Group, commissionato daVestiaire Collective, la piattaforma di luxury second hand, il valore attuale del mercato mondiale del second-hand nel 2021 si aggirava tra i30 e i 40 miliardidi dollari macrescerà tra il 10% e il 15%annui entro il 2024. Cifre che lo rendono appetibile anche per la moda di lusso. “Puoi acquistare accessori da negozi di seconda mano per rendere un oggetto diverso – ha raccontato alNew York TimesAbrima Erwiah, fondatrice di Studio 189, un’impresa sociale che promuove il design africanoe che nel 2018 ha vinto ilCfda Lexus Fashion Initiative for Sustainability– Recentemente ho indossato una cintura di Chanel come copricapo”. Parte del divertimento dellavintage coture, spiega, è proprio la creatività. A farla da padrone sugli e-commerce del noleggio dell’alta moda non sono solo i grandi stilisti come Tomas Maier, Tom Ford o Yves Saint Laurent.Si possono scoprire anche designer più giovani,come Christopher John Rogers, Aliétte e LaQuan Smith. Un punto di riferimento nel settore della moda sostenibile rimaneSuzy Amis Cameron, attrice, modella e moglie del regista James Cameron. ConRed Carpet Green Dress, fondato nel 2009,è stata la prima a portare il vintage sul tappeto rossodei grandi eventi. La piattaforma raccoglie i migliori outfit sostenibili delle star di Hollywood, daZoe Saldana a Henry Cavill, e condivide notizie e aggiornamenti sull’impatto della filiera e su nuove soluzioni sostenibili.