Incastonata nell’Oceano Indiano, a circa 400 km dalle coste del Mozambico,la quinta isola al mondo per estensionesi è separata dal continente africano circa 160 milioni di anni fa e, grazie a una peculiare situazione di isolamento, le specie che vi abitano hanno sviluppato caratteristiche uniche che non si riscontrano in nessun altro luogo del Pianeta. Ben il 95% dei rettili, l’89% delle piante – corrispondenti apiù di 12.000 specie diverse- e il 92% dei mammiferi malgasci, infatti, sono endemici e unitamente alla varietà dei suoi ecosistemi, tra cui spiccanoforeste pluviali, deserti e praterie, sono valsi all’isola il nome di “ottavo continente”. Qui, tra baobab giganteschi e piante che vengono comunemente usate nella cura contro il cancro, come lapervinca rosa, vivono animali capaci di alimentare, per il solo fatto di esistere, un’industria turisticache nel 2020 ha generato202 milioni di dollari. Si tratta dei lemuri, primati altamente sociali e dall’impressionante varietà: se ne contano, infatti,oltre 100 specie diverse, dal minuscolo microcebo pigmeo, a quelli con la coda ad anelli fino al rarissimo lemure Aye aye che, secondo la cultura tradizionale, possiede poteri oscuri e, per questo, è stato a lungo perseguitato. Purtroppo, però, quest’incredibile varietà biologica sta scomparendo velocemente. A dirlo è uno studio pubblicato a inizio gennaio suNature communicationche ha evidenziato come negli ultimi 2.000 anni si sono estinte almeno 17 specie di lemuri giganti e, a oggi, più di 3500 specie di piante e animali, corrispondenti al 41% del totale, sono classificate come minacciate dallaLista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione(Iucn). Tra queste,il 95% delle specie di lemuri risulta in pericolo critico, in pericolo o vulnerabile, una situazione che li rendeil gruppo di mammiferi più minacciato del Pianeta. Rintracciare il responsabile è un compito quasi banale visto che i principali fattori di perdita sono quelli su cui i principali organismi scientifici internazionali pongono l’accento da decenni:conversione del suolo a uso agricoloe conseguente degrado eframmentazione dell’habitat, introduzione di specie aliene invasive, cambiamenti climatici e sovrasfruttamento. Tutte attività antropiche che, dall’arrivo diHomo sapiens3500 anni fa, hanno fatto sì che delle rigogliose foreste malgasce rimanesse solo unmero 15%e svariate specie appartenenti alla megafauna andassero incontro all’estinzione. Una situazione che potrebbe addirittura peggiorare nei prossimi anni se, come previsto,l’impronta umana continuerà ad aumentare. Secondo lo studio, infatti, in mancanza di azioni di conservazione strategiche, il Madagascar andrà presto incontro a unepisodio di estinzionecosì forte da avere un impatto molto più importante e diffuso di quello che ha fatto seguito all’arrivo iniziale dell’uomo sull’isola e che richiederà milioni di anni di evoluzione affinché l’isola africana possa tornare a una situazione di varietà biologica simile a quella pre-antropica. Fortunatamente, così come conosciamo le cause abbiamo a portata di mano anche le soluzioni e, per salvare Re Julien e i suoi compagni – co-protagonisti diMadagascar, il film della Dreamworks campione d’incassi nel 2005 – sarebbe sufficiente lavorare perampliare il numero di aree protette, approvare politiche di tutela e azioni di controllo diffuso nonché promuovere l’educazione e lavorare per migliorare le condizioni socio-economiche di una popolazione che, a oggi, è tra le dieci più povere al mondo.
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