Storie

Meron Rapoport: «Nessuno in Israele come in Palestina poteva immaginare»

Com’è stato possibile che i servizi e l’esercito dello Stato ebraico non si siano accorti dell’organizzazione degli attacchi? L’assedio di Gaza ha scopi politici o vendicativi? Il giornalista e analista israeliano prova a rispondere a queste e altre domande a La Svolta
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17 ottobre 2023 Aggiornato alle 13:15

Lo sgomento per la escalation di violenza in Israele e Palestina stenta a placarsi a ormai quasi una settimana dal primo attacco di Hamas nel territorio dello Stato ebraico. Quello che è stato ribattezzato come l’11 settembre israeliano, ha scatenato una serie di azioni e reazioni che rischiano di allargare il teatro di guerra e coinvolgere altri attori. Ma assieme al turbamento per lo svolgersi e il rapido succedersi degli eventi, in drammatico corso, emergono molte domande.

Come è stato possibile che l’ esercito e i servizi di sicurezza tra i più potenti al mondo non si siano resi conto neanche lontanamente dell’organizzazione degli attacchi che va avanti da mesi, forse anni? L’assedio di Gaza che l’esercito e l’aviazione israeliani stanno compiendo, ha un senso politico-militare o è solo vendetta? E nel caso di guerra aperta, qual è lo stato dell’arte della potenza militare che, come diceva Moshe Dayan, doveva terrorizzare il nemico al punto da essere considerato “troppo pericolosa per essere disturbata”?

Per provare a capire qualcosa di più, La Svolta ne ha parlato con Meron Rapoport, giornalista e analista israeliano tra i più famosi al mondo, ex capo-redattore di Haretz; traduttore, attivista politico e fondatore del movimento A Land for All, che chiede la creazione di due Stati indipendenti e confederati, Israele e Palestina, con confini aperti, libertà di movimento e istituzioni comuni.

Questa situazione è stata una sorpresa assoluta?

Nessuno poteva immaginare neanche lontanamente una cosa del genere, purtroppo neanche all’interno dell’esercito o nell’intelligence, che, come tutti sanno, hanno molti mezzi. Gli stessi palestinesi che conosco sono stati colti di sorpresa e soprattutto sono rimasti increduli di fronte alla debolezza dell’esercito israeliano. Ho seguito alcune interviste di miliziani di Hamas che hanno dichiarato di essere entrati, usciti da Israele e tornati a casa, senza aver mai incontrato un singolo militare per ore, totalmente indisturbati. Non si capisce davvero cosa sia successo, tenendo anche conto che Israele controlla tutte le reti di telecomunicazione sia a Gaza che in Cisgiordania.

Che non siano riusciti a intercettare nulla di un’operazione così ampia con migliaia di persone coinvolte, è semplicemente inconcepibile. L’unica spiegazione plausibile è che Hamas ha trovato un modo di comunicare che Israele non intercetta. E c’è un fatto poi, di cui si parla poco, Hamas non solo ha conquistato indisturbata posizioni ma ha messo piede su alcune delle basi militari più importanti, ne ha prese 6 o forse di più che sono tra le principali, come la Divisione di Gaza. Hanno occupato kibbutz per quasi 2 giorni, nessuno poteva aspettarsi una cosa simile, sono certo che la stessa Hamas sia rimasta sorpresa.

Allo stesso tempo, però, permettetemi di dire che parlare di sorpresa totale è inaccettabile. C’è un assedio su Gaza da 16, 17 anni, ci sono oltre 2 milioni di persone rinchiuse in una prigione a cielo aperto. C’è rabbia e c’è gente per cui vivere o morire è la stessa cosa, si sentono morti viventi. Pensare che l’esplosione di questa rabbia sia una sorpresa significa ignorare la realtà. Se si aggiunge quello che succede in Cisgiordania, con attacchi ripetuti di coloni su civili, o quello che succede a Gerusalemme e alla Moschea di Al Aqsa (l’accesso alla Spianata del Tempio da mesi è presidiato da militari e forze di polizia israeliani che rendono difficile il semplice afflusso verso la moschea, ndr), se si tiene conto degli accordi di Abramo (che hanno portato alla normalizzazione dei rapporti tra alcuni Stati arabi e Israele, ndr) e l’accordo imminente di Israele con Arabia Saudita, si comprende come i palestinesi abbiano pensato, “Ma noi? Il conflitto è con noi, non con gli Emirati Arabi o il Marocco”. Il modo in cui tutto è stato eseguito è devastante, siamo di fronte a gravissimi crimini di guerra, atrocità non degne di esseri umani. Ma chi finge di non sapere che Hamas rappresenta una parte della popolazione palestinese che ancora crede nella lotta armata, è in malafede.

Nel frattempo procede l’assedio di Gaza, come crede che proseguirà la strategia di Israele e che fini perseguirà?

Non vorrei sembrare troppo allarmista ma sembra ormai chiaro che il Governo - non so con precisione quale sia la posizione dell’esercito – abbia deciso per una strage a Gaza, in modo molto concreto, bombardando ovunque senza chiari obiettivi se non creare terrore sulla popolazione. Da quello che abbiamo capito, visto che Hamas ha ucciso 1.000 israeliani, questo Governo non si fermerà prima di avere ucciso almeno 5.000 palestinesi. La questione più difficile, dato per scontato che così suona molto come una mera vendetta, è comprendere quali obiettivi militari e politici si stiano perseguendo: conquistare parti o tutta la striscia? Far cadere il il Governo di Hamas? Per farlo devi conquistare Gaza city.

Ma mi chiedo, dopo questa sonora sconfitta, l’esercito è pronto? Dalla dichiarazione di Netanyahu, poi, non si capisce molto la strategia che Israele vuole intraprendere. Il premier infatti ha detto: «Noi indeboliremo Hamas in modo che non avrà più mezzi», ma cosa significa? Non ha detto “Facciamo cadere il Governo di Hamas”, neanche “conquisteremo Gaza”. Per il momento, oltre all’assedio, il Governo ha pianificato lo stop totale di acqua ed elettricità e ha chiesto di non far arrivare alimentari a Gaza, ma a cosa serve portare 2 milioni di persone alla fame e alla sete? A cosa si pensa? A far morire di fame la popolazione? A costringere alla resa Hamas? Non si capisce.

In molti qui siamo rimasti inoltre colpiti dalla decisione di non occuparsi sostanzialmente degli ostaggi, non sembra che ci siano sforzi di negoziato, neanche per fermare e limitare i bombardamenti israeliani col rischio di colpire anche chi è stato catturato. L’11 ottobre il direttore generale dell’ufficio del Primo Ministro ha dichiarato alla Tv: «Non pensiamo agli ostaggi quando bombardiamo». A molti suonerà come una decisione immorale quella di uccidere i propri cittadini.

Ma non c’è anche una questione di nuovi bilanciamenti militari?

Certamente. Non è più chiaro come una volta se Israele possa vincere facilmente un’ipotetica guerra totale, specie dopo che abbiamo visto il livello di inadeguatezza contro questi miliziani che, in fin dei conti, erano armati di kalashnikov. Sembra che l’intelligence non sia più all’altezza di capire dove siano i miliziani, dove i tunnel. E poi c’è un altro aspetto da valutare. Se Israele entra a Gaza con l’esercito è probabile che Hezbollah entri in gioco così come l’Egitto, sebbene non ami Hamas, dovrà fare i conti con un’opinione pubblica che reagirebbe molto male a una possibile strage di decine di migliaia di palestinesi.

Qualcosa di simile accadrebbe in Giordania dove sono tanti i palestinesi residenti. Insomma, se conquisti Gaza cosa succede il giorno dopo? Io credo che lo scenario verosimile sarebbe una distruzione molto vasta per poi arrivare a un accordo e ritirarsi. Ma a quel punto se Hamas resta al potere sarebbe chiaro a tutti che Israele avrebbe perso. L’opinione pubblica la percepirebbe come una sconfitta. Che guadagno politico ci sarebbe dalla semplice uccisione di 5.000 palestinesi se Hamas continua a esistere?.

Non pensa che le crisi interne, l’opposizione di una fetta enorme della popolazione alle riforme giudiziarie proposte dal Governo, le manifestazioni antigovernative imponenti che vanno avanti da mesi e che vedono coinvolte tutte le componenti sociali e politiche del Paese, anche quelle che hanno votato i partiti di destra, abbiamo contribuito a indebolire nel complesso Israele e quindi anche l’esercito e i servizi?

Le crisi politiche interne hanno certamente indebolito; Netanyahu considera l’ esercito come un nemico o quasi, da tempo. Prima di una votazione sulla legge per la riforma, vari ufficiali di alto livello hanno chiesto un incontro ma lui ha rifiutato. Si dice in questi giorni che c’erano 3 battaglioni sulla frontiera con Gaza che sono stati trasferiti in Cisgiordania a difendere i coloni propri qualche giorno prima degli attacchi di Hamas. Questo spiegherebbe molto della disorganizzazione che ha regnato sovrana. Bisogna sempre tener presente che per andare in guerra ci vuole una società coesa e al momento la nostra società è tutt’altro.

E i palestinesi come stanno reagendo agli attacchi?

La gente di Gaza credo che si aspetti la reazione israeliana. Come dicevo prima molti si considerano morti viventi, senza alcun futuro, sotto assedio da quasi 20 anni. Gli attacchi su Gaza si ripetono da anni, questo sarà peggiore, ma purtroppo gli abitanti sono abituati e hanno perso la volontà di vivere. Per una parte, accanto alla paura c’è un orgoglio “almeno abbiamo sconfitto e fatto soffrire loro come noi da decenni”. I palestinesi che vivono in Israele vedono e comprendono bene che sono crimini di guerra perché vivono qui e magari conoscevano la gente uccisa, e si sentono in imbarazzo per quanto fatto dal loro popolo anche se non possono dimenticare quello che ha sofferto la gente di Gaza e quello che soffrono in Cisgiordania e a Gerusalemme.

Un’ultima domanda, lei come avrebbe reagito?

Avrei puntato all’obiettivo principale di eliminare definitivamente Hamas. Come avrei fatto, non sono in gradi di dirlo, la popolazione civile palestinese e gli effettivi di Hamas sono perfettamente integrati ed è difficile selezionare. Israele ha certamente il diritto di colpire una organizzazione che compie crimini così atroci. L’unica luce di speranza che vedo è che se prendiamo il ’73, la guerra del Kippur: troviamo molte analogie e spero che si arrivi a una situazione simile dopo l’orrore, quando una maggioranza molto grande in Israele con Begin appoggiò una pace basata sul ritorno completo dai territori occupati nel ’67. Se qualcosa di simile avvenisse, l’unica forza capace di emergere sarebbe Abu Mazen che avrebbe come condizione unica riavviare i negoziati su una pace per due Stati. Faccio parte di questo popolo e comprendo questa volontà di vendetta, ma non produce nulla uccidere migliaia di persone solo per placare la sete di ritorsione. L’unica chance che tutti abbiamo, una volta calmata la rabbia, è di dire “Ok i palestinesi sono qui, l’unica possibilità che abbiamo per evitare altri orrori è cercare una via di compromesso con loro.

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