Diritti

Che disagio questo gender gap. Per i maschi!

I papà sono felici di fare i padri a casa; però (spesso) non sanno chiedere aiuto con la psicoterapia. Tutta colpa degli stereotipi di genere interiorizzati. È ora di sfatare il mito dell’uomo “infallibile”
Credit: Francesco Dolfo  
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
15 ottobre 2023 Aggiornato alle 07:00

Questa settimana una donna ha vinto il Nobel sul tema del Gender Gap - Claudia Goldin dell’Università di Harvard. Ha vinto per le sue ricerche sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro e per i suoi studi sulla differenza di retribuzione nel corso di oltre due secoli.

E questa settimana è stata anche la settimana in cui si è parlato molto di salute mentale, e del fatto che i problemi “intangibili” debbano e possano essere presi sul serio. Come una malattia vera.

Gender Gap. Salute Mentale. No, non vorrei unirli, vorrei anzi, disunirli, ma mi rendo conto c’è qualcosa che c’entra, tra queste due cose così diverse. Come se questo gender gap portasse con sé un disagio introiettato e troppo spesso taciuto nel silenzio.

Secondo l’Istituto Superiore della Sanità il 6% degli adulti dice di soffrire di depressione e i sintomi sono più frequenti all’aumentare dell’età e delle difficoltà economiche.

Durante e dopo il Covid abbiamo passato momenti difficili, e l’unico modo per rimetterci “in sesto” è stato quello di guardarci un po’ più dentro, nei rari momenti liberi che ci sono stati concessi.

La parola genitorialità echeggia per aprire la strada a una concezione di famiglia non nuova, ma certamente innovativa rispetto al passato: la famiglia come luogo dove entrambi i genitori si fanno carico dei figli, che troppo spesso sono appunto “sulle spalle” forti delle mamme.

In fin dei conti, è stato per questo che è nato il gender gap. È nato perché figli significa maternità, dalla notte dei tempi, e non paternità. In Italia solo il 28% dei manager è donna, e tra gli amministratori delegati, la percentuale scende al di sotto del 12%. Non è un caso. E se il famoso congedo di paternità in Italia vale pochi giorni rispetto ai 6 mesi della mamma che ha appena partorito, è facile vedere un disagio, patito dalle donne. Un gap, una disparità che ha creato appunto minori possibilità di realizzazione “fuori dalla famiglia” per chi si è dedicata anima e corpo ai bambini.

Ebbene, oggi che le cose sono cambiate, oggi che i papà sono consapevoli e felici del loro ruolo esattamente come le mamme, oggi che i papà scelgono come le mamme di investire il loro tempo a casa con i figli, sappiamo che - così come tante donne hanno avuto grandi problemi ad accettare un ruolo secondario nel mondo professionale - anche loro potrebbero soffrirne, come è accaduto a noi…

Solo che gli uomini devono imparare a fare una cosa. E cioè a chiedere aiuto. Un’indagine Doxa ha cercato di sviscerare il perché noi parliamo, parliamo, parliamo, e gli uomini invece abbiano questo atteggiamento di rifiuto rispetto all’introspezione, e alla psicoterapia. Il 63% di chi rifiuta la psicoterapia è uomo.

Quali sono gli ostacoli principali? Gli stereotipi di genere interiorizzati, che associano l’imperturbabilità maschile alla virtù e l’emotività alla debolezza. Questi preconcetti maschilisti, sistematicamente attribuiscono agli uomini caratteristiche di potere, e alle donne quelle di sudditanza e genitorialità.

Questa aderenza ai ruoli di genere causa un disagio psicologico negli uomini, che spesso evitano di chiedere aiuto e negano a se stessi l’esplorazione delle proprie emozioni. E il contraccolpo peggiore può essere la cronicizzazione di un malessere non curato.

Gli uomini che evitano di chiedere aiuto, solitamente mancano di alfabetizzazione emotiva, poiché incapaci di riconoscere ed esprimere le emozioni e affrontano lo stress con strategie negative come la repressione emotiva o, talvolta, con comportamenti dannosi.

Ma il mito dell’uomo forte e infallibile sembra quasi giunto al tramonto. Proprio come il mito della casalinga di Voghera, che era il suo estremo opposto.

A rimpiazzarli, speriamo, persone normali che con equilibrio si impegnano a uscire dall’ovvio. Che è un po’ difficile essere sempre “eccezionali”.

*se non dormivi, forse hai ascoltato questo editoriale ieri notte su Radio Rai Uno dopo la mezza, all’interno del Post Scripmum di Vittoria.

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