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In Italia un quinto dei giovani è senza diploma

A metterlo in luce è il rapporto Education at a Glance 2023. Questo dato colloca il nostro Paese al di sotto della media Ocse
Credit: Athena
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14 ottobre 2023 Aggiornato alle 08:00

Non sono solo i laureati a scarseggiare in Italia (sono un quinto della popolazione tra i 25 e i 64 anni) ma anche i diplomati. Il 22% dei giovani adulti italiani compresi nella fascia tra i 25 e i 34 anni, non è infatti in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore.

A evidenziarlo è il rapporto Education at a Glance 2023, che indaga lo stato dell’istruzione all’interno dei paesi Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e che quest’anno si è focalizzato soprattutto sugli istituti professionali.

Il dato dell’Italia è preoccupante perché, si legge nel rapporto, “la scuola secondaria è spesso considerata il requisito minimo per una partecipazione di successo al mercato del lavoro”; e allarma soprattutto se affiancato a quello della media Ocse, per cui a non aver completato il ciclo di istruzione superiore è solo il 14% del totale degli studenti, in discesa rispetto al 2015 quando la percentuale arrivava al 18%. Anche in Italia tuttavia un miglioramento c’è stato, visto che i senza diploma erano in precedenza il 26%.

Le conseguenze del mancato completamento degli studi per tanti giovani sono ben visibili nel mondo del lavoro, in termini di reddito. A guadagnare il 4% in più, assicura lo studio, “sono i lavoratori italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore o post-secondaria non terziaria a indirizzo tecnico-professionale”.

Un vantaggio retributivo che cresce fino a duplicare per i lavoratori che hanno alle spalle studi liceali. Anche se è la laurea a fare davvero la differenza anche nel nostro Paese. “I 25-34enni in possesso di un diploma di laurea triennale (o equivalente) guadagnano il 26% in più” rispetto a chi ne è invece privo. Si calcola che per chi ha conseguito una laurea o un dottorato la percentuale di vantaggio retributivo salga fino al 33%.

La situazione dell’istruzione in Italia si contraddistingue anche per tipologia di percorso scelto. I ragazzi italiani si iscrivono a un istituto tecnico nel 40% dei casi, superando la media Ocse che si attesta al 23%. Eppure, l’occupazione neppure dopo un diploma di tipo tecnico può dirsi scontata. Solo il 55% dei diplomati a due anni dal titolo ha infatti un posto di lavoro. “Questi dati indicano che i percorsi per la formazione professionale in Italia si trovano ad affrontare notevoli sfide nell’agevolare la transizione dei loro studenti verso il mercato del lavoro” è scritto nel report.

Un mancato ingresso nel mondo del lavoro che traspare anche dalla quota di Neet, i giovani che non studiano né lavorano, e che per la fascia dei diplomati agli istituti tecnici è a quota 28% (più del doppio rispetto ai liceali). Di pari passo gli investimenti delle casse pubbliche in istruzione sono calati.

Se nell’Ocse, la spesa per gli istituti di istruzione dal livello primario a quello terziario è aumentata dello 0,4% dal 2019 al 2020, in Italia è diminuita dell’1,3%.

Ma è al Sud che i bassi livelli di istruzione risultano più marcati, offrendo il quadro peggiore. Nel Meridione chi non ha raggiunto l’obiettivo del diploma è uno su cinque, il 25%.

Il numero «va riconnesso con la nuovamente testimoniata divaricazione nei risultati formativi all’interno del nostro Paese, con un’Italia che rimane spaccata in due» ha detto il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara in occasione della presentazione del rapporto a Roma. Un fatto giudicato «moralmente inaccettabile tanto che abbiamo deciso di varare Agenda Sud, progetto che coinvolge 2.000 scuole primarie in particolare del Mezzogiorno». In più «ci saranno 245 scuole in cui sarà avviata una sperimentazione. - E un appuntamento - il 18 ottobre a Caivano (il comune campano recentemente al centro delle cronache per i numerosi fatti di violenza), che servirà ad annunciare l’arrivo di una ventina di docenti».

L’argine alla piaga degli abbandoni scolastici si crea anche, secondo il ministro, con l’intensificazione del numero dei docenti. «Nei contesti di fragilità e in alcuni settori chiave come la matematica è fondamentale - ha aggiunto - anche per consentire quel tempo pieno che serve a far sì che i giovani non finiscano in strada».

Agenda Sud prevede 25 milioni di euro di investimenti in tal senso, «per far sì che i ragazzi vengano aiutati a frequentare la scuola». L’obiettivo è convincere i genitori che vivono in aree critiche a mandarli in classe. È lì, nelle aree più problematiche del Paese, che «abbiamo tanto bisogno di istruzione per vincere la sfida del disagio e sottrarre i ragazzi dalle organizzazioni criminali e dall’attrazione verso i facili guadagni». Non è un caso, ha proseguito Valditara, «che la camorra abbia sparato con il mitra proprio davanti la chiesa di Don Patriciello, il sacerdote che ha ricordato come la proposta di rinnovamento debba passare soprattutto per la scuola».

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