Ambiente

Un accordo mondiale sulla plastica è vicino?

Da oggi, per la prima volta, i rappresentanti di oltre 100 Paesi, i produttori e multinazionali come Coca Cola, Nestlè e PepsiCo si confrontano in Kenya. Alla ricerca di un trattato globale per la riduzione del materiale che più impatta sul nostro ecosistema
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28 febbraio 2022 Aggiornato alle 07:00

La svolta è attesa nel cuore del Kenya. A Nairobi, oggi, si terrà un vertice delle Nazioni Unite sull’ambiente che potrebbe essere determinante per l’inquinamento da plastica nel mondo. Per la prima volta, online o dal vivo, oltre 100 Paesi, ma anche i rappresentanti di produttori di plastica o grandi compagnie che legano larga parte dei loro profitti a questo materiale, come Coca Cola, Nestlè o PepsiCo, si confronteranno alla ricerca di un trattato globale, un accordo che potrebbe portare gli stati a una importante riduzione dell’uso della quantità di plastica, soprattutto quella vergine.

Per gli esperti, potrebbe essere una sorta di Accordo di Parigi, non sul clima ma sulla plastica. Più di 50 dei paesi presenti, fra i quali la maggior parte di quelli europei, chiedono che il patto includa misure mirate proprio alla produzione di plastica.

Questo materiale, che quando viene mal gestito finisce per soffocare gli oceani e l’ambiente, è infatti difficilissimo da riciclare: soltanto il 9% di plastica al mondo viene riciclata e come è noto un solo prodotto, come quelli monouso, può resistere in natura anche mezzo secolo prima di degradarsi. Dalle microplastiche agli impatti delle sostanze chimiche, sino all’ingestione della plastica da parte di migliaia di specie, i danni che questo materiale apporta all’ambiente sono ormai noti. Il problema, dicono diversi studi, è che con l’aumento della popolazione da qui al 2050 si rischia di raddoppiare anche la presenza della plastica: è tempo di mettere un freno.

Per questo il vertice di Nairobi potrebbe essere così importante. Nonostante le attese la partita risulta però complessa. Molte grandi compagnie dell’industria della plastica, come ExxonMobil Corp , Royal Dutch Shell Plc e Dow Inc e altre, si sono dette pronte a un sostegno all’accordo globale, almeno pubblicamente. Dietro le quinte, sostengono agenzie come Reuters, da parte delle stesse aziende sarebbero però in atto strategie per convincere i partecipanti alla conferenza a rifiutare qualsiasi accordo che limiterebbe la produzione di plastica e a guidare la cordata c’è l’American Chemistry Council (ACC), potente gruppo di aziende petrolifere e chimiche con sede negli Stati Uniti.

Al centro del dibattito ci sarà soprattutto la questione degli usa e getta, le confezioni e gli imballaggi alimentari, e tutti quei prodotti monouso che oggi rappresentano il 40% di tutta la produzione. Secondo alcuni analisti, la speranza di ottenere un trattato è concreta, ma ci vorranno quasi 2 anni per finalizzarlo. Andranno convinti diversi Paesi a inserire limiti, o leggi sui monouso come quella europea, ma anche a vietare la produzione di nuova plastica vergine. Servono scadenze temporali precise, difficili da ottenere, con limiti dettagliati, un po’ come a Parigi fu la soglia dei +1,5 gradi centigradi in tema di crisi climatica.

In un sondaggio internazionale, oltre il 70% delle persone in 28 Paesi si è detta convinta dei divieti agli imballaggi monouso e pronta a sposare alternative, a esempio legate alla carta o materiali meno impattanti.

Sul trattato, Inger Andersen, direttrice del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), è fiduciosa: è convinta che si possa ottenere il patto multilaterale più importante dopo la Cop di Parigi del 2015.

Per riuscirci a Nairobi, dal 28 febbraio al 2 marzo, si spera quindi di dar vita a un comitato di negoziazione intergovernativo (INC) che possa portare a un accordo finale da firmare.

«Dagli anni ‘50 a oggi, abbiamo prodotto circa 9 miliardi di tonnellate di plastica. Quei rifiuti non scompaiono: potremmo sentirci bene quando li mettiamo nel cestino per riciclarli, ma non viene riciclato tutto… il 76% finisce nelle discariche e poi il resto viene incenerito, causando emissioni» ha ricordato Andersen. Ecco perché in direzione di Nairobi «il mondo sta guardando con ansia ma anche con speranza, perché per la prima volta nella storia stiamo assistendo a uno slancio globale senza precedenti per affrontare la piaga dell’inquinamento da plastica».

La direttrice dell’Unep spera che l’accordo copra l’intero ciclo di vita della plastica, non solo i rifiuti marini e includa il monitoraggio e sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo che hanno più difficoltà a riciclare. «Possiamo farcela, ma servirà lo sforzo di tutti» chiosa Andersen.

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