Culture

“La Memoria delle Emozioni” racconta cos’è l’Alzheimer

Il docufilm (realizzato da Libero Produzioni con Rai Documentari e Cooperativa La Meridiana) mette in scena la vita al “Paese Ritrovato”: il piccolo borgo di Monza che ospita più di 60 persone colpite dalla malattia
Credit: cottonbro studio
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25 settembre 2023 Aggiornato alle 10:00

I dati sono impressionanti: secondo l’ultimo rapporto dell’Adi (Alzheimer’s Disease International), nel mondo l’85% delle persone con demenza non riceve cure e, dopo la diagnosi, i malati vengono abbandonati a sé stessi o alla famiglia (se esistente). E in Italia? Oltre un milione di cittadini, secondo l’Istituto Superiore di Sanità (quasi 1 milione e mezzo, per lo più anziani, secondo la Federazione Alzheimer Italia), vivono con queste patologie, senza contare i 3 milioni di persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza. I fondi stanziati nel nostro Paese (14 milioni di euro) sono assolutamente insufficienti, ma rappresentano comunque un primo passo significativo.

Sconvolge ancor più che, secondo quanto riferito da Paola Barbarino, responsabile della sede di Londra di Adi, oggi il 62% degli stessi operatori sanitari considerino il deterioramento cognitivo che porta alla demenza (che lo scrittore Martin Amis definì suggestivamente come “L’immobilità senza vento”, riferendosi alla malattia che colpì l’autore Saul Bellow) come un effetto fisiologico dell’invecchiamento per cui non ci sarebbe nulla da fare.

In troppi pensano che con la demenza non ci sia nulla da fare: “Se è vero che non è ancora stata trovata una soluzione farmacologica, bisogna dire con forza che molto si può e si deve fare per migliorare la qualità della vita delle persone affette da demenza e dei loro familiari”. Da qui l’importanza, secondo la stessa Barbarino, di incrementare l’assistenza pubblica investendo in servizi e strategie di caregiving.

In occasione della giornata mondiale dedicata all’Alzheimer (21 settembre), è andato in onda in prima tv su Rai 3 l’emozionante documentario La Memoria delle Emozioni, prodotto da Libero Produzioni in collaborazione con Rai Documentari e Cooperativa La Meridiana di Monza. L’opera in questione, già presentata il 7 settembre in anteprima all’80° Mostra del cinema di Venezia, parla di Paese Ritrovato, un vero e proprio piccolo borgo, situato a Monza, che ospita più di 60 persone colpite dalla patologia e che, rivoluzionando il modo di intendere la malattia, offre alle persone con Alzheimer e demenza la possibilità di vivere la propria autonomia residua in libertà e, al tempo stesso, di usufruire della necessaria assistenza e protezione.

Si tratta di un microcosmo, composto da abitazioni dalle forme e colori rassicuranti, dove le persone affette da demenza sono libere di scegliere cosa fare del proprio tempo e ritrovano una dimensione di socialità che restituisce valore alla loro vita. Grazie alle testimonianze sincere e commosse delle persone stesse, dei loro parenti, delle operatrici socio-sanitarie e dei volontari coinvolti in questo progetto innovativo, il docufilm svela come, nonostante l’Alzheimer porti al declino inesorabile delle funzioni cognitive e al deterioramento della personalità (di fatto non è stata ancora trovata una soluzione farmacologica), la capacità dei malati di percepire emozioni e sentimenti possa rimanere viva e accesa.

Tra le offerte di questa struttura, la cui retta giornaliera è di 93 euro, ci sono servizi sanitari, servizi alla persona, servizi riabilitativi, assistenza psicologica, attività rieducative, servizi sociali, oltre che supporto spirituale (un sacerdote del centro racconta come sia importante per le persone che non riescono a rapportarsi al futuro poter credere in qualcosa nell’immediato presente). Si segnalano inoltre, tra le belle iniziative di questo progetto, anche i corsi di recitazione e improvvisazione teatrale, finalizzati (sotto la guida attenta ed esperta di drammaterapeuti) a far mantenere viva la memoria cognitiva e a rafforzare quella emotiva. «La memoria è la nostra identità, ci dice chi siamo e da dove veniamo. Se smette di funzionare la cosa diventa drammatica», racconta uno degli operatori del centro.

Il pregio principale di quest’opera è quello di offrire senza toni pietistici e melodrammatici un racconto semplice e diretto che, oltre a far conoscere un male che colpisce la memoria di un individuo e la sua identità e che sconvolge drammaticamente le famiglie del malato (per questo si parla comunemente di “malattia della famiglia”), dimostra come sia possibile accompagnare adeguatamente la persona e la sua famiglia in un percorso sì doloroso (un figlio di una malata dice «il futuro è l’evolversi della malattia è ineludibile, a ogni incontro si perde un pezzetto, cosa ci aspetta il futuro lo sappiamo»), ma non per questo privo delle emozioni e dei sentimenti che danno un senso alla vita di tutti noi.

Verrebbe voglia di abbracciarli attraverso il video questi bei signori e signore dai capelli argentati, che il più delle volte si ricordano dei momenti lontani del passato ed emotivamente più significativi ma non ricordano le piccole cose del quotidiano, che hanno fatto 5 minuti prima. Dietro la profondità e dolcezza del loro sguardo, Annamaria, Sante e Angelina assomigliano a bambini per il loro candore, purezza, mancanza di filtri e fragilità e, anche nei momenti di rabbia e presunzione, tipici anch’essi dei bambini («io sto bene e non ho bisogno di nessuno») e nonostante il mutamento della concezione di spazio e tempo, conservano intatta la capacita di percepire l’amore e gli affetti e di emozionarsi ancora per le piccole cose.

Uno dei momenti più toccanti del film è quando la figlia propone alla madre malata un giro sul tram ATMosfera a Milano e la mamma entusiasta alla fine del giro racconta con occhi sognanti da bambina: «È stata una cosa che non dimenticherò mai, penso, il più bel giorno della mia vita».

Ma come si colgono i primi segnali e come intervenire in seguito? Le testimonianze dei vari protagonisti spiegano che a volte il confine tra salute a malattia è sottile, e non capire cosa succede nella mente di una persona cara è doloroso perché non si sa come aiutarla. Per questo le famiglie (il cui istinto naturale immediato è spesso quello di far finta di nulla anche perché in preda alla paura) devono essere debitamente consigliate e assistite.

Il primo segnale è solitamente la perdita più o meno grave della memoria e una serie di mutamenti caratteriali. Il periodo peggiore, fortunatamente di non lunga durata, è invece quello in cui la persona acquista consapevolezza della propria malattia. Soprattutto in questa fase è fondamentale che il malato non venga lasciato da solo, che non venga mai contraddetto, che non gli vengano poste domande a cui non sa come rispondere, e per tutto questo ci vuole un atteggiamento di estrema gentilezza e vicinanza. Dopo il medico di famiglia bisogna rivolgersi ai C.D.C.D. (Centri Disturbi Cognitivi e Demenze) competenti, e da qui inizia il percorso degli interventi riabilitativi.

Veniamo poi a sapere, grazie alle parole della figlia di una paziente, che tra i sintomi più comuni, disturbanti e faticosi che si registrano durante il decorso di questa patologia ci sono una serie di movimenti ripetuti ossessivamente, una sorta di vagare perpetuo e a-finalistico (il cosiddetto wandering), di cui non si conoscono ancora le cause esatte e che richiede un grande dispendio di energie fisiche e mentali da parte del caregiver. Anche in queste circostanza è importante che, per quanto difficile, la persona vicina al malato non si spazientisca e non si faccia assalire dalla rabbia ma vigili costantemente sul malato e riesca in qualche modo a fargli sentire che non è solo.

Ad impreziosire questo racconto ci sono le testimonianze di alcuni personaggi famosi come l’attore Giulio Scarpati, il make-up artist Diego della Palma e il dottor Marco Trabucchi, medico esperto di Alzheimer, che con la loro sensibilità e talento ci raccontano la propria esperienza familiare diretta con la malattia.

La sigla finale del documentario è invece affidata a Enrico Ruggeri, che proprio al Paese Ritrovato ha ambientato il videoclip del suo ultimo brano Dimentico, ispirato a una persona malata di Alzheimer.

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