Futuro

Il Google dei cospirazionisti si chiama DuckDuckGo

Nonostante abbia un’anatra come logo, il motore di ricerca fondato nel 2008 cela lati inquietanti. Secondo il New York Times, è in grado di diffondere molta più disinformazione rispetto al concorrente di Mountain View
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
24 febbraio 2022 Aggiornato alle 18:30

Google ha un competitor che ha le sembianze di un’anatra. DuckDuckGo (Ddg), il motore di ricerca fondato nel 2008 dall’imprenditore statunitense Gabriel Weinberg e con sede in Pennsylvania, ha attratto i cospirazionisti che non si fidano del browser più usato al mondo.

Ti scoccia essere spiato online? Noi possiamo aiutarti”, recita lo slogan nella homepage, dove si assicura ricerca privata, assenza di spam oppure pubblicità in base alla cronologia, blocco dei tracker (le aziende che raccolgono ogni singola informazione che lasciamo sul web, permettendo di tracciare le nostre azioni, ndr), navigazione criptata e indirizzo IP nascosto. Insomma, potrebbe sembrare un vero paradiso virtuale per gli utenti più riservati, se non fosse che privilegia la disinformazione.

Il New York Times spiega come DuckDuckGo sia diventato molto più popolare durante la pandemia, soprattutto perché sponsorizzato e citato sui social network da influencer vicini alle idee di estrema destra e da teorici del complotto. Per esempio, molti di loro spiegavano ai followers come il motore di ricerca, rispetto a Google, mostrasse molti più link favorevoli al loro punto di vista sui vaccini.

L’ormai celebre Joe Rogan – protagonista, qualche settimana fa, del caso nato dal suo podcast su Spotify accusato di diffondere disinformazione – aveva appoggiato Ddg: «Quando volevo trovare informazioni inerenti casi specifici di persone morte per lesioni legate ai vaccini, ho dovuto cercarle attraverso DuckDuckGo. Su Google erano introvabili». Oltre a lui, anche i colleghi podcaster e autori dei programmi conservatori più scaricati al mondo, tra cui l’opinionista e scrittore statunitense Ben Shapiro e Dan Bongino, ex candidato al Congresso ed ex agente dei servizi segreti.

A marzo, come riporta il Nyt, Shapiro aveva suggerito ai propri seguaci di scaricare il motore di ricerca, utilizzandolo al posto di Google, che «sta attivamente sopprimendo i risultati che non si conformano ai punti di vista tradizionali della sinistra. […] Dobbiamo combattere tutto questo».

È da tempo che i teorici del complotto e gli americani conservatori spostano le loro attività online dopo la crescente moderazione da parte di Google e dei social network, soprattutto dopo l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021: le piattaforme che li hanno accolti a braccia aperte sono quella di messaggistica Telegram, o la piattaforma di video online canadese Rumble.

DuckDuckGo, che già a gennaio 2019 aveva raggiunto il record di 1 miliardo di ricerche in un mese, e nello stesso periodo del 2021 aveva superato 100 milioni di ricerche giornaliere, ha poco controllo sui risultati, che sono generati dall’algoritmo di Bing, il motore di ricerca fondato da Microsoft nato nel 2009.

In un comunicato, l’azienda ha dichiarato di condannare «gli atti di disinformazione» e che alcune indagini interne alla società hanno mostrato che i suoi utenti provengono da differenti orientamenti politici. L’azienda starebbe anche studiando dei modi per limitare la diffusione di informazioni false e fuorvianti.

Per comprendere quali siano, effettivamente, i risultati emersi dalle ricerche su DuckDuckGo, il New York Times ha esaminato e paragonato i primi 20 risultati di Google, Bing e Ddg legati a 30 teorie cospirazioniste e argomenti cari agli estremisti di destra. È vero che i risultati possono cambiare a seconda degli utenti e del periodo, però il confronto mostra molti più siti web inaffidabili sul motore di ricerca dell’anatra.

Questo non significa che Google non li riporti o li oscuri. Semplicemente, li mostra molto più in basso nella pagina di ricerca. Cercare termini più specifici legati ad ambienti di estrema destra, come per esempio il termine “QAnon”, ha fatto emergere diversi link legati alle teorie cospirazioniste.

Quando il New York Times ha pubblicato questi risultati, molti sono cambiati, favorendo fonti più affidabili. Il vicepresidente delle comunicazioni per DuckDuckGo, Kamyl Bazbaz, raggiunto dal Nyt, ha detto che i suoi risultati erano spesso simili a quelli di Google e che la maggior parte dei termini di ricerca esaminati non hanno ricevuto quasi nessun traffico: «Se stai cercando determinate cose, non importa dove lo stai facendo, le troverai comunque».

Secondo un recente studio condotto dall’Università di Stanford, poco meno della metà di tutti i risultati apparsi su Bing e DuckDuckGo e legati alla ricerca di sei teorie della cospirazione menzionava e promuoveva quelle idee. Su Google, invece, un quarto, ma nessuno le supportava. Yahoo vanta le performance peggiori, insieme al motore di ricerca russo Yandex.

DuckDuckGo ha detto al Nyt che sta lavorando con i ricercatori del Center for Information Technology Policy dell’Università di Princeton per studiare come mitigare la disinformazione attraverso box informativi.

Le vere vittime di questa tecnologia sono i data void”, o vuoti di dati, che nessun algoritmo è in grado di riempire: si tratta di informazioni che non riportano alcuna fonte, ma presentano un picco di ricerche perché non esistono altri contenuti da offrire legati a quell’argomento. In mancanza di fonti alternative, insomma, sono gli unici risultati esistenti e arrivano molto prima delle fonti tradizionali. E più le teorie del complotto sono nuove ed esoteriche, meno controparti ci saranno.

I motori di ricerca hanno subito molte critiche per la loro scarsa reazione ai data void, e nel 2021 Google ha aggiunto delle caselle di avvertimento per quei termini che guadagnano una popolarità improvvisa. Il timore è che, come spiega al Nyt un borsista dello Stanford Internet Observatory, «più le cose diventano automatizzate, più siamo vulnerabili». E, con noi, i nostri motori di ricerca.

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