Ambiente

Ecuador: gli ambientalisti vincono sul modello predatorio estrattivista

Il risultato referendario dimostra la volontà del popolo ecuadoriano di proteggere le comunità e preservare la biodiversità all’interno del Parco Nazionale Yasuni dalle estrazioni di petrolio
Credit: EPA/Jose Jacome
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23 agosto 2023 Aggiornato alle 11:00

Sebbene l’Ecuador dovrà aspettare ancora qualche mese per conoscere il nome del suo nuovo presidente, i dati sull’affluenza dimostrano la volontà degli ecuadoriani di volere determinare le sorti del proprio Paese: al primo turno elettorale hanno votato oltre l’82% degli aventi diritto.

Un’affluenza storica che ha visto la fedelissima dell’ex presidente progressista Rafael Correa, Luisa González, ottenere il 33% delle preferenze e candidarsi così per la vittoria finale al secondo turno, previsto per il 15 ottobre.

Tuttavia, parallelamente al voto presidenziale, gli ecuadoriani si sono recati in massa alle urne per esprimersi anche rispetto al referendum sullo sfruttamento dei giacimenti petroliferi all’interno del Parco Nazionale Yasuni, nell’Amazzonia ecuadoriana.

Oltre la metà degli ecuadoriani si è espressa contro lo sfruttamento estrattivo. La minoranza ha invece votato per la continuazione delle trivellazioni nel cosiddetto Blocco 43, che comprende le aree di Ishpingo, Tambococha e Tiputini.

Nel 2007, il governo presieduto da Rafael Correa diede inizio alle trivellazioni nel Parco Nazionale Yasuni, una delle aree con la più alta biodiversità al mondo, che è stata anche designata come “Riserva della biosfera”dall’Unesco nel 1989.

L’allora presidente Correa sostenne che lo sfruttamento delle risorse petrolifere sarebbe servito per finanziare la riduzione della povertà all’interno del Paese, ma allo stesso tempo il danno ambientale alla riserva sarebbe stato minimo. a ogni modo, l’estrazione di 55.000 barili di petrolio al giorno, fu sufficiente per suscitare le proteste da parte di realtà ecologiste, ambientaliste e alcuni gruppi politici.

Le associazioni ecologiste, i partiti ambientalisti e le popolazioni indigene sostenevano di fatto che l’estrazione di petrolio avrebbe condotto alla deforestazione della Riserva di Yasuní e alla successiva colonizzazione da parte di persone in cerca di terra, come accaduto in passato.

Conseguentemente, durante i mesi precedenti gli attivisti ambientalisti hanno organizzato un’ imponente campagna di sensibilizzazione rispetto al tema.

L’esito del referendum è stato accolto perciò con grande soddisfazione da quella parte della società civile ecuadoriana attenta alla preservazione della biodiversità e alla difesa dei popoli indigeni incontattati presenti all’interno del Parco Nazionale Yasuni, ovvero comunità autoctone che evitano il contatto con gli esterni. Le tribù sono infatti custodi del mondo naturale.

La Presidente della Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie), Leonidas Iza, ha espresso così tutta la sua felicità per un esito referendario che li ha visti ampiamente coinvolti: «Il popolo ecuadoriano, consapevole del valore della loro vita, e solidale con i nostri fratelli e sorelle incontattati Tagaeri, Taromenane and Dugakaeri, ha detto “Sì al Yasuni” in questo referendum del 20 agosto. Abbiamo salvato il loro territorio, le loro vite, la loro sovranità alimentare e le loro medicine nella foresta sacra di Yasuni».

Esultano anche attori ambientalisti peruviani, a dimostrazione che il risultato del referendum non si limiti al territorio ecuadoriano ma ha una portata regionale. Si è pronunciato infatti anche l’Associazione interetnica per lo sviluppo della foresta pluviale peruviana, attraverso le parole di Julio Cusurichi Palacios: «Proteggere il territorio dei popoli incontattati che condividono la terra in Ecuador – nel Parco Nazionale Yasuní – e in Perù – nella Riserva Indigena di Napo Tigre (in attesa di creazione) – è di fondamentale importanza per garantire i diritti delle tribù incontattate alla vita, alla salute, alla sopravvivenza e alla terra, nel rispetto dei quadri normativi internazionali che i governi devono attuare».

Ad ogni modo, il sostegno di attori ambientalisti al di fuori della regione, ricorda che la salvaguardia ambientale e protezione dei popoli nativi ha importanza internazionale. La Direttrice della Campagna di Survival per i popoli incontattati del mondo, Sarah Shenker, attraverso il suo profilo Twitter ha ricordato che si è trattata di un’enorme vittoria per il movimento indigeno dell’Ecuador e per la campagna mondiale per il riconoscimento dei diritti dei popoli incontattati. Ed anche Extinction Rebellion Global si è congratulata con gli ambientalisti ecuadoriani per aver protetto il proprio popolo, la natura del territorio, il futuro e anche quello del resto del mondo.

Come ricorda il collettivo YASunidos attraverso i propri canali social, quella referendaria è una vittoria storica tanto per l’Ecuador quanto per il pianeta, dato che è la prima volta che un Paese decide di difendere la vita e lasciare il petrolio sottoterra. Un risultato che ha dimostrato all’attivismo ambientalista di potere avere la meglio rispetto al modello predatorio estrattivista, attraverso la partecipazione attiva della popolazione e l’utilizzo di strumenti di democrazia diretta, come il referendum

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