Ambiente

Cinque anni di Greta: tutto è cambiato, niente è cambiato?

Dal 20 agosto del 2018, quando la giovane attivista iniziava da sola il suo primo sciopero, il dibattito sulla crisi climatica si è imposto, grazie a lei, in tutto il mondo. Ma c’è ancora troppo divario tra consapevolezza e azione
Credit: EPA/MIKKEL BERG PEDERSEN

Il 20 agosto di cinque anni fa la svedese Greta Thunberg si sedeva, col suo cartello bianco in legno con su una scritta nera, “Sciopero per il clima”, davanti al Parlamento svedese.

Possiamo immaginare i sentimenti che l’hanno attraversata i giorni e i mesi prima. Sconforto di fronte a ciò che stava accadendo, al silenzio dell’informazione, voglia di fare qualcosa, rabbia, paura, anche, soprattutto perché sola.

Possiamo immaginare che le siano tremate le gambe quel giorno, e poi i venerdì successivi.

Eppure, piano piano, attorno a lei, si sono unite altre persone e poi ancora di più. Così, progressivamente, è diventata Greta Thunberg, la ragazzina che ha sferzato i potenti di tutto il mondo con una durezza senza pari.

La ragazzina, soprattutto, che ha imposto l’agenda climatica al mondo, portando alla luce e dando voce a una sofferenza nascosta che già era diffusa da anni.

Capacità visionaria, integrità morale, antinarcisismo

Ho seguito Greta Thunberg in questi anni, mi sono commossa per i suoi discorsi. Ho seguito il movimento dei Fridays for future, la sua crescita.

Di Greta ho apprezzato e apprezzo tutto, il suo non narcisismo, la sua capacità visionaria, la sua integrità morale, la sua voglia di includere altri attivisti, specie dei Paesi più poveri, senza essere per forza essere protagonista.

Greta ha spesso manifestato la fatica per il suo ruolo. Le pesa la notorietà, lo ha raccontato nel bellissimo film su di lei (I’m Greta di Nathan Grossman), tutto quello che deve portare sulle spalle, quando vorrebbe essere una ragazza che studia e vive e basta.

Lo stesso, d’altronde, vale per i tanti attivisti climatici, che oggi accantonano gli studi o li rimandano per fare azioni spesso pericolose e con il rischio di rovinare per sempre la fedina penale. Ma la situazione climatica è quella che è, e questi ragazzi portano avanti la loro missione in maniera quasi religiosa. Non possono fare altro, perché, appunto, c’è il rischio concreto di essere l’ultima generazione sul Pianeta.

La crisi climatica imposta nelle agende pubbliche e mediatiche

Se volessimo fare un bilancio di questi cinque anni di attivismo di Gretha Thunberg e del movimento dei Fridays for future, potremmo dire che davvero hanno cambiato il mondo. E che il mondo è realmente trasformato, visto che il tema della crisi climatica ormai si è imposto in tutte le agende pubbliche dei vari Paesi, nelle opinioni pubbliche, sui media, con rare eccezioni di cui molte, troppe, nel nostro Paese, infine nelle aziende.

Ormai tutti sono consapevoli della crisi, la toccano con mano ogni giorno, d’estate di più, ma non solo.

La gravità di ciò che sta accadendo è chiara, e sempre di più si percepisce anche che la crisi climatica non finirà, anzi si andrà cronicizzando e aggravando. Questo, almeno è un bene.

United behind the science

Ma Greta non ha “solo” mostrato al mondo che il mondo, come recita il titolo del suo primo libro, è in fiamme e che la causa è nostra. Non ha solo mostrato come tutto questo minacci la vita delle generazioni più giovani (anche se ormai gli effetti si sono aggravati) e soprattutto ricada in maniera tragica sui paesi più poveri del mondo, un tema assurdamente dimenticato, visto che la crisi climatica sta mettendo in crisi molti obiettivi dell’Agenda 2030, tra cui, soprattutto, la lotta alla fame e il diritto di accesso all’acqua.

Su come agire per contrastare la crisi Greta ha sempre indicato la sua strada maestra: la scienza. Bellissimo il suo motto United behind the science, che campeggiava sulla sua giacca a vento nella traversata dell’Atlantico per raggiungere New York senza aereo nel 2019. E nel suo ultimo libro The Climate Book ha fatto proprio questo: riunire tutti gli scienziati del mondo per parlare di tutti gli aspetti della crisi climatica e indicare cosa andrebbe fatto. In un certo senso, ha fatto tutto ciò che doveva fare. Protesta e teoria, attivismo e racconto delle soluzioni alla crisi.

Se la palla tocca a noi, ma noi la schiviamo

E allora ora toccherebbe a noi. Ma al momento la palla non è stata ancora presa, anzi in troppi si scansano per evitarla.

Per i primi anni c’è stato addirittura un dibattito surreale su Greta stessa, accusata di essere portatrice di interessi di varie lobby, ecoterrorista, e altro ancora. È piaciuto a molti nostri giornali accanirsi sulla sua figura, con l’aggettivo “gretino”, invece di guardare ciò che lei stava indicando, perdendo così altro tempo che non abbiamo.

Non c’è dubbio: il mondo da cinque anni a questa parte è totalmente cambiato rispetto alla consapevolezza della crisi, grazie ai Fridays For Future e Greta Thunberg. Ma è come se, utilizzando una metafora, fossimo ai piedi di una montagna, sapendo che dobbiamo scalarla pena la nostra esistenza: eppure restiamo ancora alle pendici a discutere di come.

In altre parole, ancora le azioni più significative contro la crisi devono essere messe in campo, sia a livello nazionale che soprattutto globale.

E questo perché, forse, non siamo stati capaci di immaginare come uscire da un sistema basato sui consumi e sul Pil come indicatore principe del nostro “benessere” e sviluppo.

Ma anche perché, purtroppo, pesano come macigni gli interessi delle aziende dei fossili e di altre aziende inquinanti, che ancora hanno un assurdo peso nei governi di tutto il mondo.

Guardare alle emissioni. E comportarsi da adulti

Oggi tutti i grandi leader della Terra, da Papa Francesco al segretario dell’Onu Antonio Guterres, al nostro Presidente della Repubblica gridano che il tempo è scaduto. Che occorre fare presto.

Ora, appunto, toccherebbe alla politica mettere in campo soluzioni, che in parte sono già in atto, ma in maniera assolutamente troppo flebile.

Il riferimento di Greta Thunberg è sempre stato un dato duro ma che purtroppo non si può far finta di non vedere: la percentuale di CO2 in atmosfera che continua a crescere.

È un argomento frustrante, faticoso, a tutti noi piacerebbe occuparci di altro. Ma lo è stato anche per lei che si è caricata addosso una missione durissima quanto aveva solo 15 anni. Lo è per gli attivisti climatici di tutto il mondo.

Come adulti, dovremmo avere la stessa serietà che lei ha avuto, rinunciando a tantissimo. E farci carico del compito che lei ci ha indicato e con lei gli scienziati del mondo. Smettendo di comportarci noi come ragazzini. Ma stupidi e litigiosi.

Narcisismo e autoreferenzialità hanno fatto il loro tempo, è tempo di nuovi valori. Quelli che gli attivisti climatici di tutto il mondo ci hanno indicato e ci stanno indicando: cooperazione, anti-autoreferenzialità, capacità di mettere l’interesse di tutti prima del proprio, passione nel prendersi cura del mondo.

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